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penso a quanto sia / penso a quanto è
Inviato: gio, 24 apr 2008 11:19
di bartolo
«Penso a quanto è/sia importante dire la verità»:
1) è un'oggettiva o un'interrogativa indiretta?
2) Come ci si deve comportare col modo del verbo?
Vi ringrazio, e attendo un aiuto.
Inviato: gio, 24 apr 2008 15:28
di Marco1971
Lascio ad altri l’analisi logica e rispondo alla seconda domanda, citando dalla GGIC (vol. II, p.472):
Il congiuntivo è preferito nelle frasi relative introdotte da quanto [...] specialmente se questa espressione, nel contesto ‘quanto + (SN) + verbo + aggettivo’, si configura meno come indicazione di quantità – come p. es. nella frase (266b)* – ed ha, invece, piuttosto la funzione d’un elativo lievemente enfatico (sa quanto è difficile presuppone è tanto difficile):
(270) Sembra che sappia lui solo quanto il lavoro sia / ?è faticoso.
Lo stesso vale per quanto nella funzione di un avverbio che modifica un verbo:
(271) Mi ricordai quanto gli piacesse / ?piaceva il vino.
____________________
*(266b) Il cliente chiese quanto costasse / costava il piú bel giaccone dell’esposizione.
Inviato: gio, 24 apr 2008 17:10
di Incarcato
Io percepisco la sua frase come un'asserzione, cioè: "sono convinto che dire la verità sia importante, e in questo momento ci sto anche riflettendo". Per cui propenderei per l'oggettiva.
Inviato: gio, 24 apr 2008 17:11
di Incarcato
Però se il suo senso è quello di dire: "mi chiedo se dire la verità sia importante o no", allora si tratta d'una interrogativa indiretta.
Inviato: lun, 28 apr 2008 10:21
di bartolo
Grazie!

Inviato: sab, 19 lug 2008 23:03
di Black Mamba
Inserisco qui il mio intervento per evitare di aprire un altro filone.
Spero di non essere del tutto fuori tema.
Rileggendo alcune pagine del romanzo
Oceano Mare di
Alessandro Baricco, sono rimasta perplessa davanti all'uso dell'indicativo presente "
sono" al posto del congiuntivo presente "
siano" nel passo citato di seguito (grassetto mio):
"
Uno si costruisce grandi storie, questo è il fatto, e può andare avanti anni a crederci, non importa quanto pazze sono, e inverosimili, se le porta addosso, e basta."
D'istinto avrei scritto:
non importa quanto pazze siano.

Inviato: dom, 20 lug 2008 11:04
di CarloB
Però lo scrittore sembra presupporre che le storie sono davvero pazze; il narrante ne è consapevole, afferma un fatto. Tutto sommato l'indicativo non stona nell'andamento concitato (o trascinante: punti di vista) del periodo che lei riporta, nel quale esistono solo virgole e nessun punto e virgola né i due punti. Poiché Baricco la punteggiatura sa maneggiarla, vuol dire che ricerca, e secondo me raggiunge, un certo effetto: e allora l'indicativo è voluto.
Preciso che i libri di Baricco non mi piacciono granché e in questa circostanza mi trovo a fare il difensore d'ufficio.
Inviato: dom, 20 lug 2008 21:54
di Black Mamba
Oh, ma non ce n'è bisogno. Lungi da me voler muovere accuse alla scrittura di Baricco.
Volevo soltanto capire se il congiuntivo potesse avere pari legittimità dell'indicativo nella frase in questione, di là dagli accorgimenti stilistici dell'autore (che conosco e che personalmente apprezzo).
Inviato: lun, 21 lug 2008 8:33
di CarloB
Volevo soltanto capire se il congiuntivo potesse avere pari legittimità dell'indicativo nella frase in questione, di là dagli accorgimenti stilistici dell'autore
A me parrebbe di sì. Ma il mio parere vale poco, visto che NON sono un esperto di lingua

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Inviato: lun, 21 lug 2008 9:52
di Black Mamba
In ogni caso, la ringrazio per l'intervento.

Anch'io, come lei, credo che lo scrittore abbia volutamente scelto l'indicativo (tra l'altro non è la prima volta che nei suoi scritti trovo l'indicativo in vece del congiuntivo).
Secondo quanto riporta la GGIC citata da Marco 1971 pochi interventi sopra, credo si possano usare entrambi i modi del verbo.