«L’avanzata inarrestabile dell’inglese in Italia»

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Marco1971
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«L’avanzata inarrestabile dell’inglese in Italia»

Intervento di Marco1971 »

Articolo apparso sul Corriere della Sera del 9 maggio 2008:
Linguaggio d'ufficio

Quasi due parole straniere per frase L' avanzata inarrestabile dell' inglese in Italia

Se cercate qualcuno in ufficio e non lo trovate, i colleghi vi diranno che non è al desk; per un appuntamento annullato, una garbata segretaria si giustificherà a nome del manager, impegnato in un meeting per via del planning troppo fitto . Nel mondo del lavoro - o meglio, siamo corretti - del business, l' italiano più di ogni altra lingua soccombe con disinvoltura alla globalizzazione dell' inglese; secondo una ricerca dello scrittore inglese Leslie Ray - che definisce l' inglese un "assassino" - nel mondo delle comunicazioni si può arrivare a una media di 5 parole inglesi per tre frasi, vale a dire 1,6 parole anglosassoni per frase. Meglio usare meeting e non riunione; l' onnipresente know-how impera su "conoscenza"; report viene più spontaneo di rapporto; project al posto di progetto, education invece di formazione, magazine anziché rivista, copywright e non diritti d' autore. Anche il linguaggio della politica e dei media si è adeguato a discapito di chi - con l' inglese - ha poca dimestichezza. Sui giornali e nei notiziari tv si parla di ministro per il welfare o la devolution, di task force e di provvedimenti per l' antitrust. La scarsa agilità dell' italiano, soprattutto nelle comunicazioni di lavoro, ha reso questa "colonizzazione" linguistica un fatto indispensabile. Alcuni vocaboli composti: problem solving, core business, sub-contracting, out-sourcing, joint venture, system-integration, wealth managemnent , low profile, pay off, sono destinati a snellire i testi, altrimenti penalizzati dalla mancanza di espressioni italiane altrettanto sintetiche. Dunque, non più italiano ma italiese o itanglese. Giusto o sbagliato? Poco importa, l' inglese non concede alternative.

Gagliardi Giuliana
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Mi aspettavo qualche commento… Ne lascio qualcuno io.
La scarsa agilità dell' italiano, soprattutto nelle comunicazioni di lavoro, ha reso questa "colonizzazione" linguistica un fatto indispensabile. Alcuni vocaboli composti: problem solving, core business, sub-contracting, out-sourcing, joint venture, system-integration, wealth managemnent, low profile, pay off, sono destinati a snellire i testi, altrimenti penalizzati dalla mancanza di espressioni italiane altrettanto sintetiche.
Vorrei che mi si chiarisse cosa significa «scarsa agilità dell’italiano». Se ci si riferisce al fatto che le nostre parole sono generalmente piú lunghe, allora l’affermazione è priva di senso e conviene sostituire anche cravatta con tie e cavallo con horse, monosillabizzando tutto. La verità è che quei testi sarebbero snellibili ma che si rifiuta di cercare il come, per pigrizia e, molto spesso, per furia e adeguamento alla moda.

Vediamo un po’ se mancano espressioni italiane non troppo perifrastiche (attingendo anche alla nostra lista).

Problem solving: risoluzione dei problemi
Core business: attività primaria
Subcontracting: subcontrattazione (subcontratto è nel GRADIT)
Outsourcing: esternalizzazione, appalto, terziarizzazione
Joint venture: società mista
System integration: integrazione di/del sistema
Wealth management: gestione dei beni
Low profile: di basso profilo, sottotono, ecc.
Pay off: guadagno

Davvero da illuminati la chiusa:
Dunque, non più italiano ma italiese o itanglese. Giusto o sbagliato? Poco importa, l' inglese non concede alternative.
Concezione e filosofia sbagliatissime: è proprio con un simile atteggiamento menefreghista e disinformato che si lascia cosí tanto indovuto spazio all’inglese, spianando la strada a un italiano sempre piú povero e malconcio che, meglio di italiese o itanglese, si chiama itangliano.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Condivido totalmente il suo commento, cortese Marco.
Non si chiama neanche itangliano. Il nome "corretto" è itanglobastardo.

Povera lingua nostra! :oops:
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Federico
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Intervento di Federico »

Magnifico: che brutto dover far ricorso a tutti questi anglismi, ma non è colpa nostra, non possiamo che far cosí, tutta colpa di questa nostra antiquata lingua che ci ritroviamo.
Come se la lingua non fosse fatta da chi l'usa.

P.s.: Ho aggiunto i termini mancanti alla lista; se ci sono dubbi sarà bene aprire per ciascuno un filone dove approfondire.
fiorentino90
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Re: «L’avanzata inarrestabile dell’inglese in Italia»

Intervento di fiorentino90 »

Marco1971 ha scritto:Articolo apparso sul Corriere della Sera del 9 maggio 2008:
Linguaggio d'ufficio

Quasi due parole straniere per frase L' avanzata inarrestabile dell' inglese in Italia

copywright e non diritti d' autore.
CopyWright??? Comunque, chi parla/scrive sul modello della giornalista non conosce né l'italiano né l'inglese. Non è in grado di tenere un discorso tutto in inglese e finge di parlarlo inserendo qua e là parole inglesi. Inoltre, dimostra di avere gravi carenze lessicali in italiano.
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Intervento di u merlu rucà »

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