Come si scrive: «glie lo» o «glielo»?

Spazio di discussione su questioni di grafematica e ortografia

Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
Federico
Interventi: 3008
Iscritto in data: mer, 19 ott 2005 16:04
Località: Milano

Intervento di Federico »

bubu7 ha scritto:A mio parere, di fronte a un suffisso di antica tradizione che oggi riscuote successo (soprattutto in ambito tecnico-specialistico) i lessicografi seri non possono far altro che registrarne l’uso.
Eppure l'uso registrato dal GRADIT (per seguire l'ultimo esempio di Marco) spesso differisce notevolmente da quello constatato da noi, tanto da suscitare dei dubbi; fermo restando che gli spogli sicuramente condotti dai lessicografi non sono comparabili alle nostre ricerchine, è pur vero che in rete prevale nettamente univerbare (una delle pochissime occorrenze di univerbizzare risale a Marco), e lo stesso nei libri messi a disposizione da Google, da dove risulterebbe che risale almeno al 1873...
Avatara utente
bubu7
Interventi: 1454
Iscritto in data: gio, 01 dic 2005 14:53
Località: Roma
Info contatto:

Intervento di bubu7 »

Federico ha scritto: fermo restando che gli spogli sicuramente condotti dai lessicografi non sono comparabili alle nostre ricerchine...
Infatti.
Una ricerca con Google dà quattro occorrenze di univerbare contro due di univerbizzare...

Qui stiamo facendo un discorso generale sulla bontà del suffisso -izzare. Lo stesso Serianni, nella sua Grammatica, quando parla del suffisso nella formazione delle parole (XV.60), dice solo che -izzare è comunissimo e in grande espansione. Ho già espresso la mia preferenza per univerbare ma non possiamo esprimerci negativamente sull'altra variante: si tratta di gusti personali che non dovrebbero condizionare le nostre indicazioni per chi ci legge.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Che un suffisso sia produttivo non significa che si debba adoperare in tutte le salse, soprattutto quando esiste un’alternativa piú snella. In italiano -izzare e – soprattutto – -izzazione sono alquanto pesanti. Lo dice anche Ornella Castellani Pollidori (La Crusca risponde, Firenze, Le Lettere, 1995, p. 133):
Ha ragione invece il signor Scavo di lamentare la presenza, sempre piú invadente nella nostra lingua, di «paroloni» terminanti nel cumulo suffissale -izzazione. Il fatto è che il successo del suffisso causativo -izzare è legato al successo dei linguaggi tecnici in genere; e una volta varato il verbo, il deverbale segue automaticamente. Possiamo sempre consolarci pensando che lo stesso cumulo suffissale imperversa anche in altre lingue. Ma è vero che – tanto per fare un esempio – il francese nationalisation e l’inglese nationalization, nelle piú fluide rispettive pronunzie, risultano tutto sommato meno indigesti del corrispettivo italiano (irto di zete) nazionalizzazione.
Queste e le mie considerazioni precedenti fanno sí che la preferenza per univerbare/univerbazione (di contro a univerbizzare/univerbizzazione) sono temmirio d’una raccomandazione tutt’altro che avventata o personale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
bubu7
Interventi: 1454
Iscritto in data: gio, 01 dic 2005 14:53
Località: Roma
Info contatto:

Intervento di bubu7 »

Sull'univerbazione (o univerbizzazione :wink:), nell'italiano contemporaneo, si può leggere questa scheda della Crusca.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

... come vabbene di cui si può verificare su Internet la frequenza della iscrizione unita...
Ho segnalato giorni fa questo refuso, ma non l’hanno ancora corretto... :( Si tratta, naturalmente, della parola scrizione (accezione 2):
Il Treccani in linea ha scritto:scrizióne s. f. [dal lat. scriptio –onis, der. di scribĕre “scrivere”]. – 1. ant. o letter. Scrittura, intesa come atto dello scrivere; con sign. concr., la parola o le parole stesse scritte. 2. Nel linguaggio dei filologi e linguisti, il modo di rappresentare graficamente una parola o serie di parole (ted. Schreibung o Schreibart): s. latineggianti, s. antiquate; si confrontino le s. del Petrarca nell’autografo del Canzoniere con quelle del Bembo nell’edizione aldina del 1501 (B. Migliorini).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Refuso ora corretto. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 12 ospiti