"Però è da andare cautamente, e acciò che gli paperi non diventassino anatre" (Guicciardini, ante 1521)
Il papero (latino
anserculus), il più probabile dal greco
pappàzein "strillare come un oca" a sua volta onomatopeico da quel proprio starnazzio anche trascrivibile come "pa pa pa...!", è il giovane, e così il pullo, dell'oca, anche inteso senza specifica connotazione di genere.
Il termine è già presente nel tardo latino (
paparus, es. in Oribasius, il medico greco dell'imperatore Giuliano II, IV sec)) con tale significato.
Poi anche papera paperotto[lo] paperino (
anserinus [pullus] cioè "[pulcino] d'oca") paperetta ecc (regionali/desueti pavaro paver[o] pavarin pavarello paveretto...; Ambrogio Cattaneo, 1705: "pappero").
"
7 14 21 28 questo è il gioco di paperotto...", filastrocca.
«
La contessa non parve udirlo. Ella si era già alzata e muoveva brontolando verso l'uscio. Suo cugino in piedi, chino sul petto il capo formidabile, la guardava sorridendo: forse perché Sua eccellenza pareva una papera che, offesa da qualche villano nel suo pasto o nei pacifici colloqui con le amiche o nella contemplazione solitaria, dopo una schiamazzata e una corsa se ne va grave e degna ma tuttavia commossa, mettendo ad intervalli le voci brevi e sommesse dello sdegno suo che si placa.» (Fogazzaro, Malombra)
Curioso l'uso più antico ...boccaccesco (malizioso), in Boccaccio (dar da beccare alla papera, ante 1353), Bembo (imbeccar la papera, 1505), Bandello (così le
giovanette, da distinguersi dalla
oca vecchia..., ante 1531), Aretino (picchio e papera, 1536), Basile (e la sua
papara, ante 1634).
"Credete ch'io sia tanto lontano da la natura de l'uomo, che non conosca le papere almeno?" (Annibal Caro, ante 1566).
La distinzione latina tra l'anatra (
anas) e l'oca (
anser) in realtà è primordiale.
L'anatra
anas è dalla radice indoeuropea ANAT/ANET da cui il greco
nessa come il tedesco
Ente, e un perduto inglese
ened; gli fa seguito il latino tardo
anitra, introducendo quella "r" di sgradevolezza del verso che anche troviamo (Devoto 1968) nel
paparus; ed infine gli anatra/anitra italiani ecc.
L'oca
anser è dalla radice indoeuropea GHANS (forse anch'essa dal verso, ma quello potente degli adulti) da cui i sanscriti
hamsah e
hansi (maschio e femmina dell'oca e del cigno), la oca in greco
khen, polacco
ges, gli inglesi
gos, poi
goose, e
gander, tedesco
Gans, spagnolo
ganso ...:
in seguito in Italia vien detta come visto
paparus poi paparo e papero (1293, Palazzi-Folena 1992) poi papara e papera (1353, ivi) e solo in seguito viene accettato dai lemmari oca, anche occa, nato generico
auica "tipo d'uccello" dall'
aves latino.
Statuto della Gabella di Siena 1303: "oca o paparo [...] un denaio kabella";
Luna, 1536: "Oca: la papera";
Saraceni ancora nel 1600 chiamava "papere ovver le ocche" le salvatrici di Roma al Campidoglio;
De Luca, ante 1683: "oche ovvero papare".
Per inciso il
duck inglese è dal più antico
duce, da
ducan "tuffarsi" (in tedesco
tauchen è immergere).
Nel dubbio in antico ci fu chi tradusse con papero anche quelle
chenalopeces, le gustose
chenerotes (sorta di piccole oche selvatiche ...giusto britanniche, anche
ceramides<?>) di Plinio (
Seegans per i fratelli linguisti tedeschi Grimm, 1854).
In passato si distingueva normalmente ed
assolutamente tra "papero[tto]" ecc e "anatroccolo" (anitrocco[lo] anatrella anitrella anatrina/o anitrina/o anatrotto anitrotto: per squisite disamine cfr Crusca e Tommaseo ad es.) così come ancor oggi tra oca e anatra (si spera), ma sì oggi, penso complice il mancato uso alla frequentazione diretta con tali animali oltre che la scelta lessicale operata
in illo tempore dai traduttori italiani dei noti fumetti d'animali antropomorfi statunitensi, si tende ad usare il termine indistintamente: una "paperetta nella vasca da bagno" sarà un pupazzetto riproducente un generico anatide (non per niente il piccolo cigno della fiaba fu scambiato per un piccolo germano
vel similia) (e così la ...paperotta con fiocco e scritta sulla, ehm, coda "non tamponatemi", adesivo da
autogrill...; laddove a uno "sculettare" sarebbe più da alludere, e così correttamente nel passato, parlando d'anatre che d'oche).
Sì, è giusto osservare che se pure un'oca è genericamente un'anatra (della famiglia delle anatre), non tutti gli anatroccoli sono paperi.
Quanto alla scelta, sì, di ...trattare da oche tante
fictional duck americane (e non i soli "Ciccio" Gus Goosey e "Gastone" Gladstone Gander disneyani e quant'altri) da allora categoria universale "paperi", è certo intervenuto anche il fatto che tante di esse sian di piumaggio bianco, com'è tipico dei paperi (d'oca) d'allevamento, cioè l'ambiguità è intrinseca in quei personaggi di anatre "dai tratti familiari" (di grande libertà ornitologica: una "Nonna Papera" nell'originale Elvira Coot richiama le folaghe (Fulica,
coot) o quantomeno le anatre marine americane (Melanitta,
scoter))
(cfr
http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_fictional_ducks).
Il "Paperino" di Disney nei repertori è citato raramente, e come nome proprio: registro un Garzanti 1993, lo "Zingarelli 2009" (2008, ove espressamente: "in maiuscolo"). Ancora nessuna traccia nel Devoto-Oli ad es. 2007.
Addirittura, a mio avviso con una clamorosa forzatura, troviamo nel Battaglia, Grande Dizionario (ecc) 1984, cui peraltro devo la gran parte dei riferimenti che ho citato, la accezione: "per estensione piccolo pupazzo che rappresenta un papero" citando il Buzzati "Sopra l'étagère il grande paperino di stoffa" (1963); ma è piuttosto chiaro di che immagine si trattasse....
Sì, la questione è: c'è oggi grave imbastardimento del termine, confusione lessicale e da quando (da quando non si pensa più al papero come ad un'ochetta)?
Valeri, 1962: "[lungo la riva] un branchetto di paperelle", anitre?
Jahier, 1966: "verde come una paperetta", quando da sempre l'oca dal piumaggio candido è la più pregiata e quindi quella per antonomasia.
La mia opinione è questa: l'uso generalizzato del termine
duck per tutti quei personaggi
"animati" va inteso come una semplificazione
di carattere infantile, a motivo dei destinatari del prodotto.
E così il riferirsi italiano a un "paperino" generico anatide, trascurando la più corretta attribuzione nominale (dire papero di un
duck ha lo stesso grado di forzatura semantica che sarebbe dirlo un polletto/pollastr[ell]o), resta da intendersi come un
infantilismo in parte palese (come un poco si può cogliere nella voce corrispondente nella Wikipedia di oggi) e in parte però anche con carattere di analfabetismo, pure sostenuto dalla lontananza dalla Natura di cui dicevo.
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Attenzione: un antico esser trattati ovvero stare "alla paperina" va inteso (anche etimologicamente) "da papa"; cioè niente
Anser in questo caso.
Altra presenza lessicale nella "erba paperina/paparina" (
Stellaria media), forse da "peperina", incrociato con "papera".
Fin dall'alba dei nomi e cognomi italiani si trovano Papero e Paperino; Paperino è oggi una frazione della città di Prato: tutti etimi da affrontarsi non sbrigativamente (padre
papas, papale, papero, il personale
Paperius...).
Così se pure in qualche gergo giovanile si registra "papero" per
scooter, l'originale inglese (il monopattino, letteralmente "che scappa via") vien fatto derivare da una forma scandinava connessa con
shoot ("sparare/tirare" ecc), senza connessione con lo
scoter ...anfibio di cui sopra.
Estranea qui l'accezione di "papera" quale "errore di dizione" (dal 1863, per il Palazzi-Folena 1992). Senonché mi fa piacere citarla per integrarla esplicitamente della sinonimia, poco rilevata, con il "lapsus"; in Soffici: "Una papera che tradisce il poco studio di uno può aumentare il valore psicologico del suo discorso" (ante 1943).
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— O pàpera , mia candida sorella,
tu insegni che la Morte non esiste:
solo si muore da che s'è pensato.
Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
Chè l'esser cucinato non è triste,
triste è il pensare d'esser cucinato.
(Guido Gozzano, da: La differenza, 1907)