«Il bel Paese dove il weekend suona»
Inviato: mar, 30 set 2008 11:53
Segnalo quest'articolo di Silverio Novelli sul sito della Treccani.
Spazio di discussione sulla lingua italiana / Discussion board on the Italian language
https://www.achyra.org/cruscate/
Mi sento di condividere questa previsione. In un’Italia in cui la maggioranza della classe intellettuale non si cura di questo problema, c’è poco da sperare. È diventato perfettamente normale per quasi tutti esprimersi con parole anglo-americane. Il processo non pare reversibile, né mi pare che sia lucida questa considerazione:Mi chiedo allora se la lingua italiana non corra il rischio di tornare a essere, com’era secondo Villari prima dell’Unità, la lingua di qualche milione di arcadi, mentre i ceti produttivi useranno, a seconda del loro livello, o l’inglese o il dialetto.
Vorrei che l’autore avesse ragione. Ma il suo è un ottimismo che appare fondato s’una mera congettura. La realtà è che a cadere come cadaveri sono molte parole italiane. Un esempio soltanto: autostello, di cui s’è qui parlato in questi giorni, è stato radiato dal Devoto-Oli 2004-2005; e sono pronto a scommettere che la stessa sorte è stata riservata a altre voci.Degli anglicismi ogni anno immessi a carrettate da molti dizionari dell’uso nel lemmario, a breve molti se ne vedranno scorrere, cadaveri, lungo il fiume: questione di anni.
Esatto. E ci sarebbe da aggiungere altre considerazioni, di ordine non linguistico, bensí sociale e politico, ma temo di essere out of my depth in tali campi e fo punto.Tornando al tema dell’italiano in Europa, Antonelli si stupisce (e noi con lui) che, in contrasto con quanto predicato circa la difesa necessaria del nostro idioma, si insista nell’avallare denominazioni istituzionali come authority per le telecomunicazioni, garante della privacy (Maurizio Sacconi è ministro del Lavoro, Salute e Politiche sociali, ma i giornali continuano a definirlo ministro del Welfare, anche se il ministero del Welfare non esiste più, come denominazione); mentre i settori della televisione di Stato continuano a sembrare filiali della Bbc (Rai international, Rai educational, Rai trade ecc.). Difficile che atteggiamenti siffatti possano contribuire alla credibilità della nostra lingua in campo internazionale.
L’80% di 763 è circa 610; dunque la cifra complessiva sale piú o meno a 8683.Il GRADIT (VII volume) ha scritto:Gli anglicismi che registriamo in queste Nuove Parole Italiane dell’Uso sono 763, otto su dieci esotismi.
Prego.Marco1971 ha scritto: Grazie, Bubu7, del collegamento.
Sono d'accordo.Marco1971 ha scritto:Una lingua di cultura deve poter trattare di tutto lo scibile, dev’essere uno strumento capace di parlare di tutto, ricorrendo solo in casi eccezionali allo xenismo inassimilato.
Una congettura che però si fonda su quanto è accaduto fino a oggi.Marco1971 ha scritto:Vorrei che l’autore avesse ragione. Ma il suo è un ottimismo che appare fondato s’una mera congettura.Degli anglicismi ogni anno immessi a carrettate da molti dizionari dell’uso nel lemmario, a breve molti se ne vedranno scorrere, cadaveri, lungo il fiume: questione di anni.
Sarebbe interessante condurre uno studio approfondito, per esempio tra Zingarelli undicesima edizione e Zingarelli 2009, per vedere quali e quanti anglicismi siano spariti e quanti comparsi. La mia impressione è che per ogni anglicismo radiato ne siano penetrati venti nuovi.bubu7 ha scritto:Una congettura che però si fonda su quanto è accaduto fino a oggi.
È possibile.Marco1971 ha scritto: La mia impressione è che per ogni anglicismo radiato ne siano penetrati venti nuovi.