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La neve degli eschimesi

Inviato: mar, 03 gen 2006 15:44
di bubu7
Ritorno su questo argomento perché stimolato da un'ennesima dichiarazione trovata sul sito della Treccani:
Ogni lingua (e il dialetto, dal punto di vista funzionale, per molti aspetti è una lingua a sé), in realtà, rappresenta un'autonoma e originale organizzazione concettuale del mondo, condizionata da fattori extra-linguistici (sociali e culturali, sedimentati nel tempo), che interpreta i dati della realtà in un certo modo, non per forza condiviso da altre lingue. Se certe parlate inuit (eschimesi) conoscono cento modi per definire il colore bianco, cogliendone sfumature per noi - abitanti delle fasce temperate del pianeta - non percettibili, è perché in un mondo colorato di bianco l'occhio culturale degli abitanti ha letto, interpretato e tradotto in segni linguistici differenti le svariate caratteristiche del "bianco" necessarie per il sistema di vita e di valori degli eschimesi. Può essere utile sapere - per esempio - che quel "bianco quasi bianco-neve, ma neve un po' sporca, e sporca non di grigio ma di marrone chiaro tendente al grigio" individua zone di ghiaccio pericolose se sottoposte a pressioni troppo forti: dunque può rivelarsi utile, necessario, nella parlata inuit, possedere un termine che individui quella precisa tonalità di bianco, distinguendola dal bianco "quasi bianco-neve, ma neve un po' sporca, e sporca non di grigio ma di marrone chiaro non tendente al grigio", tipica di ghiacci non pericolosi, cui si associa un altro termine autonomo. In Italia e in italiano, che ce ne faremmo di una simile distinzione?


Ricordo che ne abbiamo parlato qui ma, soprattutto io, non avevo centrato un aspetto sostanziale del problema.
L’eschimese, poiché è una lingua essenzialmente polisintetica, non distingue bene la parola dalla frase. È meglio parlare in questo caso di unità lessicale composta da diversi morfemi, che sono le entità elementari provviste di significato.
Possiamo dire che, in eschimese, non esistono numerosi morfemi lessicali che indicano i diversi tipi di neve.
Esistono però molteplici unità lessicali che discriminano i diversi tipi di neve.
Quando parlavamo della possibilità di una lingua di discriminare diversi aspetti della realtà, confondevamo due problemi diversi.
Da una parte, la capacità di una certa cultura di discriminare determinati aspetti del mondo, dall’altra, l’esistenza di un termine specifico per identificare questi aspetti.
Una cultura può discriminare o meno certi aspetti del mondo. Se li discrimina, può possedere o meno un singolo termine specifico per indicarli. Questo dipende, tra l’altro, dalla struttura della lingua. Una lingua isolante dovrà più facilmente, per motivi di economia, ricorrere ad una frase piuttosto che a termini diversi; all’opposto, una lingua polisintetica ricorrerà a parole (che saranno spesso intere frasi) diverse.

Chissà se questa spiegazione riuscirà a rendere finalmente tranquilli i miei sonni… :(

Re: La neve degli eschimesi

Inviato: mer, 04 gen 2006 9:05
di caixine
Avendo notato una latente e manifesta ostilità e subito una sottile forma di “mobbing”,
e per ultimo costatato la grave e disonorevole violazione della riservatezza da parte del moderatore
ritengo che questo non sia affatto un forum di libertà e di rispetto delle altrui opinioni, idee e pensiero.
Pertanto prelevo i miei contributi alle discussioni e tolgo il disturbo.

Re: La neve degli eschimesi

Inviato: ven, 06 gen 2006 23:06
di Freelancer
bubu7 ha scritto:Ritorno su questo argomento perché stimolato da un'ennesima dichiarazione trovata sul sito della Treccani:
Se certe parlate inuit (eschimesi) conoscono cento modi per definire il colore bianco [...]
Interessante che anche alla Treccani si perpetui il mito delle centinaia di parole usate dagli eschimesi per parlare della neve. Evidentemente non hanno letto il libro di Steven Pinker "The Language Instinct". Il brano pertinente si trova anche in rete:
http://tafkac.org/language/eskimo_words ... _more.html

Re: La neve degli eschimesi

Inviato: lun, 09 gen 2006 12:38
di bubu7
Freelancer ha scritto:Interessante che anche alla Treccani si perpetui il mito delle centinaia di parole usate dagli eschimesi per parlare della neve. Evidentemente non hanno letto il libro di Steven Pinker "The Language Instinct". Il brano pertinente si trova anche in rete...
Caro Roberto, veramente la frase che lei riporta dal sito Treccani (e nel resto dell'articolo) non si parla di parole ma di modi.
Non mi sembra che nel collegamento da lei riportato, soprattutto nella sua parte finale, ci siano obiezioni al riguardo.
Era proprio sulla differenza tra modi e parole che avevo impostato il mio precedente intervento.
Ma evidentemente non sono stato sufficientemente chiaro...

Inviato: lun, 06 feb 2006 17:54
di amicus_eius
In realtà l'intervento sulla distinzione fra morfemi lessicali e unità lessicali era piuttosto chiaro. Le cento e più entità lessicali che i dialetti eschimesi usano per descrivere la neve sono in realtà parole-frasi, a metà strada fra l'epiteto-guanciale omerico e le catene di clitiche unite ai verbi nelle lingue neolatine.

Sotto un aspetto più strettamente lessicale e semantico, sarebbe interessante trovare un collegamento con quanto detto da Bubu7 in un altro filone, circa le catene implicazionali dei termini cromatici. Per caso, nello studio di Berlin e Kay citato in merito ai termini cromatici si prendevano in considerazione anche i dialetti polisintetici eschimesi?

Salutz.