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«Mug»
Inviato: sab, 22 nov 2008 23:05
di Carnby
Con il termine
mug s'indica un particolare tipo di tazza, d'origine anglosassone, caratterizzato da forma cilindrica, base circolare, pareti verticali e un manico ad ansa.
http://it.wikipedia.org/wiki/Mug
Io userei
tazzotta, già usato in una vecchia pubblicità di una marca di biscotti e simili che regalava una tazza simile con la raccolta dei punti.
Inviato: mar, 25 nov 2008 9:52
di Incarcato
Ma credo anche
tazza possa bastare, no?
Tazzotta però mi piace.

Inviato: mer, 17 dic 2008 15:32
di cuci
Io mi ricordo solo la Tazza Doremì che suonava "Per Elisa", ma tazzotta non dispiace... sempre che esista il bisogno di distinguere...
Inviato: gio, 18 dic 2008 18:36
di CarloB
E se la chiamassimo tazzona?
Inviato: gio, 18 dic 2008 19:53
di cuci
CarloB ha scritto:E se la chiamassimo tazzona?
A me verrebbe in mente quell'enorme tazza senza manici (una ciotola?) dove ho l'abitudine di bere il latte quando posso permettermi di farlo con calma.
Inviato: ven, 19 dic 2008 11:38
di Ladim
La lingua è un po' come l'occhiale kantiano, se non fosse che essa risponde comunque a esigenze esogene, di natura culturale e pratica; cioè a dire: una griglia lessicale risponderebbe a istituzioni comportamentali tuttavia spontanee e pragmatiche. Tradurre, e tradurre bene, vorrà dire tener conto anche di questo. Solo una spinta – starei per dire – 'sotto-culturale' [s'intenda in un'accezione neutra e non dispregiativa] suggerirebbe di creare ad hoc un traducente altrimenti estraneo a tali istituzioni (argomento delicatissimo); a me pare – per il caso qui proposto – che l'italiano [o forse io solo] vedrebbe soltanto una «tazza» o, meno, una «tazzina» (le altre declinazioni sarebbero modulazioni più o meno affettive e occasionali). Va da sé che bisognerebbe anche conoscere il contesto in cui s'inserisce la traduzione (e tuttavia, ancora una «tazza», o forse meglio «tazza cilindrica» sarebbe più italiano di un uso ad ogni modo espressivistico di certa suffissazione). Se gl'inglesi hanno spontaneamente incasellato una 'tazza' in particolare, non è detto che il sentimento linguistico [e no] italiano debba fare lo stesso. Ma il problema dell'anglismo è anche in questo – si è già detto mille volte: in una nostrana indifferenza [per ciò che ci appartiene] smaniosa di alterità anglosassone. La vera questione, di fatto, investirebbe proprio l'uso diversamente spontaneo di parole inglesi; sul versante opposto, ancora un uso volontario di traducenti semiologicamente occasionali e poco trasparenti (che guardano a un sostrato culturale niente affatto italiano [si veda l'esigenza coatta di adottare non solo la lingua, ma anche lo sguardo anglosassone], senza poter rifunzionalizzare quella spontaneità che invita all'accoglimento incondizionato – meglio lavorare sul suono, allora, conservando l'alterità extralinguistica).