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«Spero partire»

Inviato: mer, 10 dic 2008 11:38
di Daniele
Dalla Sintassi italiana dell'uso moderno di Raffaello Fornaciari:
Anche cogli altri verbi suindicati si può usare l'infinito, ma colla condizione che il soggetto sottinteso di esso sia quel medesimo della proposizione principale; p. es. spero di partire, penso d'esser uomo, conosco di dir bene, temo di non giungere a tempo, mi meraviglio d'essere ancor vivo; procuro, cerco, tento, mi studio di profittare, dichiaro di non aver voglia ecc. Questi verbi si costruiscono più comunemente con di, ma alcuni di essi anche senza; p. es. spero partire, temo non essere a tempo, credo aver ragione, penso recarmi a Parigi ecc.
Oggi io considererei errore i costrutti spero partire, temo non essere a tempo eccetera. Che ne pensate?

Inviato: mer, 10 dic 2008 12:17
di Marco1971
Non è errore, caro Daniele, è stile letterario (e quindi la norma dell’italiano comune lo vieterebbe). Il costrutto senza ‘di’ si trova con qualche frequenza, ad esempio, presso Elsa Morante e, in poesia, in Ungaretti.

Inviato: mer, 10 dic 2008 19:35
di Marco1971
Completo quant’ho scritto di fretta nella pausa pranzo per mancanza di tempo, con questa citazione tratta dalla GGIC (vol. II, p. 526):

b) il secondo gruppo comprende verbi che appaiono sempre senza introduttore, come sapere (modale) e volere; verbi che normalmente compaiono senza introduttore, ma che nell’uso letterario possono reggere l’infinito introdotto da di, come p. es.: ardire, bramare, desiderare, intendere, preferire, adorare, amare, gradire, osare, usare; verbi che normalmente richiedono di, mentre nell’uso letterario di può mancare, come p. es.: contare, pretendere, sperare, cercare, degnarsi, disdegnare, permettersi, proporsi, studiarsi:

(263 a.) Ho preferito rivolgermi al padrone.
(263 b.) «Ella preferiva di far la propria vendetta su se stessa» (E. Morante, Menzogna e sortilegio, Torino, Einaudi, 1962, p. 170)

(264 a.) Non osai entrare.
(264 b.) «Non osai neppure d’entrare» (ibid., p. 633)

(265 a.) Ho cercato di sapere il piú possibile sulla storia di Roma.
(265 b.) «Simile a un bambino che altri cerchi distrarre dal suo pianto, fermava un poco su di me... uno sguardo ingrandito e perplesso» (ibid., p. 665)

(266 a.) Sperava di vederlo presto guarito.
(266 b.) «La manina con guanto di merletto nero, che il contino aveva sperato vedere, rimase in grembo a Concetta» (G. Tomasi di Lampedusa, Il gattopardo, Milano, Feltrinelli, 1961, p. 75)


Elsa Morante è davvero una fine scrittrice, dalla lingua sottile e raffinata: consiglio a chi non la conosca di leggere i suoi romanzi. :)