«Sto avendo», forse, ma «sto essendo»?
Inviato: ven, 20 feb 2009 1:29
Arrigo Castellani, in La Crusca risponde (Firenze, Le Lettere, 1995, p. 38) ha scritto:
Sta dormendo: a me viene piú spontaneo Dorme, e cosí per Sta pranzando direi piuttosto È a tavola. Ciò non toglie che stare + gerundio sia ben radicato e abbastanza antico nella nostra lingua. Se ne hanno attestazioni (di tipo uguale a quello moderno) già nella Vita del Cellini: stava passeggiando 10.2, In mentre che io stavo ragionando 33.6, istavo considerando 74.7-8, e stava continuamente guardando il duca con un malissimo occhio 153.36-37 (testo critico a cura d’Orazio Bacci, Firenze, Sansoni, 1901). Il primo lessicografo a registrarlo è Lorenzo Franciosini, fiorentino, nel suo Vocabolario italiano, e spagnolo, Roma, Ruffinelli, 1620 («star guardando», tradotto in ispagnolo come «estar mirando», p. 593a, «star ragionando o discorrendo a taula doppo hauer mangiato [estar sobre messa]» p. 592b. Ne consacra l’uso la terza Crusca (1691): «STARE. Co’ gerundi de’ verbi: Esprime l’azione segnificata dal verbo, di cui si trasse il gerundio, come Star leggendo, Star mangiando: signif. Leggere, mangiare» p. 1609a. Si tratta, credo, d’un ispanismo, non essendone noti esempi italiani anteriori al Cinquecento (intendo esempi realmente validi, ché il «La notti e la die sta plorando, / li soi grandezi remembrando» dell’Elegia giudeo-italiana, in cui sta conserva la sua individualità, è cosa diversa), e adoperandosi d’altra parte in ispagnolo il costrutto estar + gerundio con senso durativo fin dai primordi della lingua (Cantar de Mio Cid). Il centro d’irradiazione sembra essere stato il Mezzogiorno d’Italia (cfr. Rohlfs, Grammatica storica, §§ 720 e 740). E anche a Roma si dev’essere generalizzato prima che in Toscana. Attribuirei l’attuale tendenza a servirsene sempre di piú non tanto alla suggestione dell’inglese (che pure c’è) quanto alle correnti linguistiche meridionali e romana, e alla moderna predilezione per modelli unici e semplificati (l’aspetto durativo sia sempre e soltanto espresso mediante stare + gerundio). È magari inevitabile che sia cosí. Debbo dire però che l’ossimorico stare andando continua a farmi un certo effetto.
Ho notato la tendenza attuale a estendere questo costrutto a verbi con esso abitualmente non adoperati, come avere: Sto avendo difficoltà, ecc. (che a me richiama immancabilmente I’m having problems/difficulties). Nella LIZ[a] ne ho trovato un solo esempio, presso Pirandello (Liolà, atto 2):
E se tu aspetti che piòvano fichi! Lo vorresti sul serio da Dio? Poi dici che bestemmio! Vai, vai a domandare a Tuzza, da chi lo sta avendo lei, il figlio.
E passi pure Sto avendo. Ma che mi dite di Sto essendo (554 ricorrenze gugoliane nelle pagine in italiano)?
Sta dormendo: a me viene piú spontaneo Dorme, e cosí per Sta pranzando direi piuttosto È a tavola. Ciò non toglie che stare + gerundio sia ben radicato e abbastanza antico nella nostra lingua. Se ne hanno attestazioni (di tipo uguale a quello moderno) già nella Vita del Cellini: stava passeggiando 10.2, In mentre che io stavo ragionando 33.6, istavo considerando 74.7-8, e stava continuamente guardando il duca con un malissimo occhio 153.36-37 (testo critico a cura d’Orazio Bacci, Firenze, Sansoni, 1901). Il primo lessicografo a registrarlo è Lorenzo Franciosini, fiorentino, nel suo Vocabolario italiano, e spagnolo, Roma, Ruffinelli, 1620 («star guardando», tradotto in ispagnolo come «estar mirando», p. 593a, «star ragionando o discorrendo a taula doppo hauer mangiato [estar sobre messa]» p. 592b. Ne consacra l’uso la terza Crusca (1691): «STARE. Co’ gerundi de’ verbi: Esprime l’azione segnificata dal verbo, di cui si trasse il gerundio, come Star leggendo, Star mangiando: signif. Leggere, mangiare» p. 1609a. Si tratta, credo, d’un ispanismo, non essendone noti esempi italiani anteriori al Cinquecento (intendo esempi realmente validi, ché il «La notti e la die sta plorando, / li soi grandezi remembrando» dell’Elegia giudeo-italiana, in cui sta conserva la sua individualità, è cosa diversa), e adoperandosi d’altra parte in ispagnolo il costrutto estar + gerundio con senso durativo fin dai primordi della lingua (Cantar de Mio Cid). Il centro d’irradiazione sembra essere stato il Mezzogiorno d’Italia (cfr. Rohlfs, Grammatica storica, §§ 720 e 740). E anche a Roma si dev’essere generalizzato prima che in Toscana. Attribuirei l’attuale tendenza a servirsene sempre di piú non tanto alla suggestione dell’inglese (che pure c’è) quanto alle correnti linguistiche meridionali e romana, e alla moderna predilezione per modelli unici e semplificati (l’aspetto durativo sia sempre e soltanto espresso mediante stare + gerundio). È magari inevitabile che sia cosí. Debbo dire però che l’ossimorico stare andando continua a farmi un certo effetto.
Ho notato la tendenza attuale a estendere questo costrutto a verbi con esso abitualmente non adoperati, come avere: Sto avendo difficoltà, ecc. (che a me richiama immancabilmente I’m having problems/difficulties). Nella LIZ[a] ne ho trovato un solo esempio, presso Pirandello (Liolà, atto 2):
E se tu aspetti che piòvano fichi! Lo vorresti sul serio da Dio? Poi dici che bestemmio! Vai, vai a domandare a Tuzza, da chi lo sta avendo lei, il figlio.
E passi pure Sto avendo. Ma che mi dite di Sto essendo (554 ricorrenze gugoliane nelle pagine in italiano)?