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"Altre[[i][/i]s]sì"

Inviato: gio, 14 mag 2009 23:16
di PersOnLine
Dalla Treccani
altresì (ant. altressì) avv. [da altro e sì].
altrettanto (ant. altretanto) agg. e avv. [da altro e tanto]
Se altresì ha subito lo stesso procedimento di universalizzazione di altrettanto, come mai ha perso la doppia 's' - che aveva in passato - indotta dal raddoppiamento fonosintattico dovuto dalla congiunzione e? e a questo punto, cosa per me ancora più strana, perché la grafia altressi non è per lo meno attestata come variante legittima, ma marcata come antica?

Inviato: ven, 15 mag 2009 14:32
di Marco1971
In realtà le due forme coesistono sin dalle origini. Troviamo altresí nei poeti siciliani, in Guittone d’Arezzo, Brunetto Latini, Restoro d’Arezzo, Marco Polo, Dante (Inferno XIX, 76), Boccaccio (Corbaccio), Ariosto e Bembo (e molti altri). Altressí si riscontra presso Brunetto Latini, Marco Polo, Dante (Convivio) e Boccaccio (Decameron).

I dizionari, fra cui lo stesso DELI, dicono che deriva da altro e . Secondo tale derivazione, la cogeminazione non avviene; il Battaglia e il DISC invece lo fanno derivare (il DISC dice ‘probabilmente’ e asterisca la forma) dal latino volgare altĕrum et sĭc (‘altro che cosí’), e in tal caso si giustifica la cogeminazione. Può darsi che l’oscillazione fosse dovuta alla percezione dei diversi parlanti. Fatto sta che altressí si estingue con Straparola (1480-1557): i secoli successivi non conoscono questa forma. Infine, l’esistenza della variante antica altresie e la maggior frequenza della forma scempia ci mostrano che la battaglia era quasi vinta in partenza.

Inviato: mar, 30 nov 2010 17:12
di Ferdinand Bardamu
Constato che il Devoto-Oli (edizione 2002-2003, ma anche edizioni anteriori) riporta nella nota etimologica «Lat. volg. *alterum et sic ‹altro-cosí›», ma non dà conto, nemmeno marcandola come arcaica, della forma altressí, largamente attestata, come informa Marco.

Mi piacerebbe chiedere a coloro che sostengono la derivazione di altresí (non cogeminato) da altro e come si giustifica il passaggio della o finale di altro in e.

Inviato: gio, 02 dic 2010 11:54
di bubu7
Marco1971 ha scritto: I dizionari, fra cui lo stesso DELI, dicono che deriva da altro e . Secondo tale derivazione, la cogeminazione non avviene..
Ma nella prima edizione del DELI la e è in corsivo, quindi fa parte della locuzione: il che giustificherebbe il raddoppiamento della s...

Inviato: gio, 02 dic 2010 22:48
di Marco1971
Sí, l’errore è mio, nel mio DELI la e è in effetti in corsivo. S’è visto che sono convissute per molti secoli le due forme, anche presso lo stesso autore, e che la variante con doppia s perí dall’uso strada facendo.

Inviato: sab, 20 dic 2014 14:42
di Ferdinand Bardamu
Non potrebbe essere che la forma senza geminata — dando per scontato che l’avverbio sia composto di altro e sí o, supponendo un’origine già latina volgare, *ALTĔRUM ET SIC — si sia imposta per effetto del prestigio del francese e del provenzale, che hanno (o avevano) un analogo autresi?

Il Rohlfs pare essere piuttosto ambiguo al riguardo. Al paragrafo 946 (Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, «Einaudi», 1969, vol. III «Sintassi e formazione delle parole») si legge:

Indigeno è invece [a differenza del francesismo alsí] altresí, per esempio altressí ben per terra chome per acqua (Monaci, 324), ov’ierano li suoi kavalieri e Tristano altresie (ibid., 344).

Piú avanti (§ 963), invece, si legge:

Pure d’importazione francese (provenzale autresí) è altresí ‘parimenti’, che in certi casi si avvicina al significato di ‘anche’, cfr. ov’ierano li suoi kavalieri e Tristano altresie (Monaci, 344).