Marco1971 ha scritto:Vedremo se in effetti si trova l’elenco nel Camilli-Fiorelli.
Scusate il ritardo, ma sono stato «in altre faccende affaccendato»…
In breve, l’elenco
non c’è: si trova solo un [
altro] elenco (non so quanto completo) delle parole che dovrebbero perdere [
secondo il criterio etimologico] la
-i- al plurale
a dispetto del criterio empirico, che la vorrebbe invece mantenuta (pp. 172–4 e 262) (*).
Vale, però, forse la pena riportare per intero la nota del Fiorelli (n. 271, pp. 172–3) in cui l’elenco che c’interessa viene menzionato e a cui sicuramente s’ispirano le parole del Serianni, di Dàrdano & Trifone e di molti altri su questo punto.
All’affermazione del Camilli che «[l]e grammatiche insegnano che i nomi in ‹vocale +
cia,
gia› serbano la
i nel plurale», cui l’autore oppone l’[altro] elenco summenzionato, il Fiorelli cosí ribatte (grassetto mio):
Non tutte, ma certo molte grammatiche insegnano che i femminili in -cia o -gia hanno il plurale in -cie o -gie se il -c- o -g- è preceduto immediatamente da vocale, in -ce o -ge se è doppio o preceduto da un’altra consonante (compresa l’-s- del digramma -sc-). Ora, questa regola è in fondo una semplificazione pratica dell’altra sostenuta dall’Autore, secondo la quale, con rigorosa aderenza a un criterio di fonetica storica, si conserva nel plurale la -i- dei latinismi e grecismi (in quanto, da segno diacritico, può ritornare vera vocale nella pronunzia oratoria o poetica), e si sopprime invece l’-i- delle voci di formazione popolare (che è sempre stato un semplice segno diacritico e come tale non ha ragion d’essere davanti a un’-e). I casi di contrasto tra le due regole non sono molti, riguardando in tutto sessanta vocaboli di fronte a circa ottocento in cui l’applicazione dell’una o dell’altra porta agli stessi risultati (a quanto si ricava da uno spoglio del rimario del Platania). Le discordanze del tipo camice o camicie, fradice o fradicie, froge o frogie, malvage o malvagie, valige o valigie, conscie o consce, orgie o orge, provincie o province, sono poca cosa di fronte ai casi di concordanze come acacie, audacie, regie, socie, bisce, bolge, boscherecce, chiocce, cosce, cosucce, erbacce, facce, frange, ganasce, grassocce, mance, piagge, piogge, schegge, trecce e tanti altri, anche se la sproporzione non è forse cosí vistosa quando si guardi alla frequenza effettiva dei vocaboli nell’uso. In conclusione le due regole posson coesistere senza danno: chi sa il latino si troverà bene colla regola piú propriamente storica, che vuole conscie e socie (come il latino consciae e sociae, e come coscienza e società) ma valige e cosce (come valigeria e coscetto, e senza riscontro immediato nella lingua madre); chi non sa il latino si troverà meglio colla regola analogica, che pareggia consce a cosce cosí come valigie a socie. Si noterà che lo stesso Autore, pur disapprovando quest’ultima regola nel caso di -cia o -gia preceduti da vocali, dove il contrasto colla regola storica è piú frequente, ne giustifica però di fatto l’applicazione, pure in contrasto colla regola storica, in una serie di parole in cui il -c- o -g- è doppio o preceduto da un’altra consonante (orge, pronunce, province). Il suo favore per la soppressione degli -i- superflui, che appare chiaro in tutt’e due i casi, è conforme, del resto, a una tendenza generale della moderna ortografia italiana. In difesa delle due diverse regole ortografiche (convergenti tuttavia, come s’è detto, nella massima parte delle applicazioni concrete) sono da vedere questi due articoli: B. Migliorini, Il plurale dei nomi in cia e gia, in Lingua Nostra, X (1949), pp. 24–26; A. Camilli, La grafia dei nessi palatali, ib., pp. 96–98.
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(*) Questo l’elenco del Camilli (integrato dalle note del Fiorelli e dello stesso Camilli): bracia, le parole in -agia (bambagia, bragia, ragia, «il toponimo Barbagia, usato anche nel plurale Barbage» [Fiorelli, n. 273, p. 174] e gli aggettivi malvagia, randagia), bricia, camicia («il cui plur. si potrebbe scriver camíce» [Camilli, p. 262n]), cecia, dacia, ciliegia, ciocia, fradicia, le parole in -igia (alterigia, cupidigia, valigia, etc. e gli aggettivi bigia, grigia, ligia, escludendo «sizigia, l’etnico frigia e gli aggettivi callipigia, steatopigia, stigia» [Fiorelli, loc. cit.]), lúcia, micia, le parole in -ogia (cervogia, frogia e gli aggettivi balogia, barbogia, mogia), suacia, sudicia, trúcia e le parole in -ugia (grattugia, minugia e gli aggettivi matterugia e mattugia).