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La lingua italiana in Palestina
Inviato: ven, 22 mag 2009 1:29
di Fausto Raso
Un'encomiabile iniziativa della
Società "Dante Alighieri".
Peccato che abbiano scritto "...di riappropriarsi
delle ricchezze..."

Re: La lingua italiana in Palestina
Inviato: sab, 23 mag 2009 14:06
di PersOnLine
Fausto Raso ha scritto:Peccato che abbiano scritto "...di riappropriarsi
delle ricchezze..."

Come avrebbero dovuto scriverlo allora?
Inviato: sab, 23 mag 2009 14:24
di Marco1971
Guardi
qui.

Inviato: sab, 23 mag 2009 16:01
di PersOnLine
Controllando sui dizionari in linea

ho visto che il verbo viene dato da alcuni come solo transitivo, da altri pure come intransitivo in alcune accezioni. Il punto è: è da considerarsi errore "appropriarsi di" solo perché il verbo è diventato intransitivo col tempo nell'accezione di 'impossessarsi di, appropriarsi di' che sono intransitivi?
La transitività e l'intransitività di un verbo sono regolate da una logica ferrea o solo dall'uso?
Inviato: sab, 23 mag 2009 16:13
di Marco1971
Non può
piú considerarsi errore, vista la diffusione della forma anche negli scritti cólti; tuttavia, poiché l’analogia con
impadronirsi e
impossessarsi regge solo semanticamente, auspicherei che tornasse in auge il costrutto corretto (si diventa padroni
di qualcosa, si entra in possesso
di qualcosa, ma non *si fa proprio
di qualcosa). L’uso, naturalmente, che si evolve sugli errori commessi, è quasi sempre, ahimè, incontrovertibile.
P.S. Grazie dell’
in linea.

Inviato: sab, 23 mag 2009 16:32
di PersOnLine
Ma esistono esempi letterari della costruzione "fare proprio qualcosa" nel senso di impadronirsi e impossessarsi?
Inviato: sab, 23 mag 2009 16:35
di Marco1971
Certo! Il primo che mi capita è di Mazzini (ma se ne vuole altri, li posso cercare):
Romolo, circondato da nemici contro i quali dovea star pronto a difendersi, avea d’uopo non di servi, ma di compagni che facessero propria la sua causa.
Inviato: sab, 23 mag 2009 17:11
di Marco1971
Ecco un esempio in senso proprio:
Costoro tanto si scostono dal iusto vivere, quanto coloro che fanno proprie le cose altrui. (Palmieri, Vita civile, Libro 3)