«Cotto» e «cociuto»

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Marco1971
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«Cotto» e «cociuto»

Intervento di Marco1971 »

Fausto Raso ci segnala questa poco nota particolarità del participio passato di cuocere: in alcuni usi figurati s’adoprerebbe la forma cociuto. Riporto quanto in proposito scrive Aldo Gabrielli (Si dice o non si dice?, Milano, Mondadori, 1976, pp. 208-209):

[...] Ma proprio di questo participio sarà bene dire qualcosa di piú; perché accanto alla forma latineggiante còtto l’italiano ha foggiato un altro participio regolare che segue la coniugazione dei verbi in -ere: il participio cociuto (non cuociuto), sul modello di temuto.

Lo so, questo cociuto non è comune nell’uso, e molti perfino lo ignorano; però esiste, e ha una sua particolare funzione. Infatti, mentre còtto si usa solo nel significato proprio: «La minestra è cotta», o anche figurato riferito a passioni ardenti: «Era cotto d’amore»; l’altro participio, cociuto, s’usa come intransitivo nel significato figurato di «rincresciuto», «preso da dispetto» e simili. Si dice infatti «Quell’osservazione mi coceva», cioè mi rincresceva, mi indispettiva, mi bruciava; dovendo usare il participio passato, in questo senso dovremo sempre ricorrere a cociuto e non a cotto; diremo perciò «Quell’osservazione mi era molto cociuta», «Figure simili sarebbero cociute a tutti». Un esempio da Villa Beatrice di Cicognani: «L’esclusione aveva cociuto alla signora Isabella».

Qualcuno mi obietterà: cociuto, ma che brutto participio! A me però sembra che anche rincresciuto non scherzi (e rimando a quel che dirò tra poco per il procombuto).


È d’uopo tuttavia rilevare due cose: di questa forma regolare del participio passato di cuocere non si trova alcun esempio nella LIZ[a] (né la menziona il Battaglia sotto cuocere, e non si trova a lemma); il Treccani la marca «fig. e disus.». Tra i vocabolari dell’uso, trovo questi soli tre esempi:

«mi è cociuto il suo rimprovero» (Devoto-Oli [2004-2005])
«questo insuccesso gli è cociuto molto» (Garzanti [1987])
«la mortificazione subíta gli è cociuta molto» (De Agostini, ex Sàndron)

L’assenza di questa forma dalla grande tradizione letteraria c’induce a pensare a una formazione relativamente recente, e dalla scarsa fortuna: oltre al «disusato» del Treccani, si legge spesso nei dizionari «raro». In fondo disponiamo di cosí tanti sinonimi da poter fare tranquillamente a meno di questo innocente, ma cocciuto cociuto.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Postilla. – Noto che cociuto è a lemma nel Tommaseo-Bellini, preceduto dalla croce indicante arcaicità:

†COCIUTO Part. pass. e Agg. Da CUOCERE. [Cam.] Vit. SS. PP. t. 2. p. 170. Tanto m’è cociuta e cuoce questa (afflizione) che quella è passata via e nullo ricordo o sentimento v’hoe.

La citazione è tratta dalle Vite dei Santi Padri, opera pubblicata a Firenze tra il 1731 e il 1732.

Tra le varie edizioni del Vocabolario della Crusca, cociuto compare solo nella quinta (1863-1923):

COCIUTO. Partic. pass. di ‘Cuocere’, nel significato di Produrre senso di bruciore, e figuratam. di Dar tormento, Cagionare afflizione.

Possiamo dunque dire che, stando a queste fonti, questa forma marginale non avrebbe attestazioni anteriori al Settecento.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Da una rapida ricerca, sembrerebbe uso piuttosto pubblicizzato in varie grammatiche d'italiano inglesi.
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