Intervista a Tullio De Mauro
Inviato: mar, 27 apr 2010 12:50
Articolo di Alessandra Baduel su la Repubblica di oggi:
“Restare aggrappati alla nostra lingua ci fa perdere milioni”
Italia perde ogni anno molto di più di quel mezzo milione che costa la cabina dell’interprete: ci rimette in risorse che potrebbero arrivare se i nostri rappresentanti parlassero l’inglese e il francese. È l’opinione del linguista Tullio De Mauro.
Professore, c’è chi sostiene che l’uso dell’italiano negli organismi europei vada difeso.
«Per me, sarebbe semplice: gli italiani, e in particolare le nostre delegazioni politiche all’estero, dovrebbero studiare le lingue. Cosa che, per motivi misteriosi, nel nostro Paese riteniamo inutile fare, anche se ci rimettiamo economicamente».
I costi degli interpreti in effetti sono alti.
«Ma non sono nulla a fronte di tutto ciò che non riusciamo a farci dare come contributi europei per l’Italia. Saper trattare in più lingue in riunioni e commissioni di varia natura, porterebbe soldi, che invece vengono regolarmente dirottati verso Grecia e Spagna. Spagnoli e greci sanno le lingue e le sanno usare: trattano e ottengono».
Il lessico inglesizzante che ci ha invasi, come mai non aiuta a padroneggiare almeno quella lingua?
«In realtà i nostri inglesismi sono inferiori agli italianismi dei britannici, ma comunque il problema è il nostro analfabetismo. Abbiamo pochi diplomati alle superiori, nel confronto internazionale. E c’è il modo d’insegnare le lingue: anni di studio, ma senza mai un periodo di applicazione intensiva. Quindi non arriviamo a padroneggiare la lingua studiata».
Un suggerimento per i nostri politici? Qualche corso intensivo d’inglese e francese?
«Sono davvero molte le cose che non studiano e non sanno. La lingua, non è la più grave».
“Restare aggrappati alla nostra lingua ci fa perdere milioni”
Italia perde ogni anno molto di più di quel mezzo milione che costa la cabina dell’interprete: ci rimette in risorse che potrebbero arrivare se i nostri rappresentanti parlassero l’inglese e il francese. È l’opinione del linguista Tullio De Mauro.
Professore, c’è chi sostiene che l’uso dell’italiano negli organismi europei vada difeso.
«Per me, sarebbe semplice: gli italiani, e in particolare le nostre delegazioni politiche all’estero, dovrebbero studiare le lingue. Cosa che, per motivi misteriosi, nel nostro Paese riteniamo inutile fare, anche se ci rimettiamo economicamente».
I costi degli interpreti in effetti sono alti.
«Ma non sono nulla a fronte di tutto ciò che non riusciamo a farci dare come contributi europei per l’Italia. Saper trattare in più lingue in riunioni e commissioni di varia natura, porterebbe soldi, che invece vengono regolarmente dirottati verso Grecia e Spagna. Spagnoli e greci sanno le lingue e le sanno usare: trattano e ottengono».
Il lessico inglesizzante che ci ha invasi, come mai non aiuta a padroneggiare almeno quella lingua?
«In realtà i nostri inglesismi sono inferiori agli italianismi dei britannici, ma comunque il problema è il nostro analfabetismo. Abbiamo pochi diplomati alle superiori, nel confronto internazionale. E c’è il modo d’insegnare le lingue: anni di studio, ma senza mai un periodo di applicazione intensiva. Quindi non arriviamo a padroneggiare la lingua studiata».
Un suggerimento per i nostri politici? Qualche corso intensivo d’inglese e francese?
«Sono davvero molte le cose che non studiano e non sanno. La lingua, non è la più grave».