«Tornare conto» o «Tornare a conto»

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Ferdinand Bardamu
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«Tornare conto» o «Tornare a conto»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Buongiorno a tutti.

Non riesco a comprendere bene la sintassi dell'espressione «tornare conto». In Una delle ultime sere di carnovale, Goldoni, nella sua premessa, scrive:
[...] Colui che ha la mano, giuoca la carta che piú gli torna conto, e come vede le carte del suo Compagno, o giuoca un Asso, s'egli ne ha, o giuoca nell'Asso del suo compagno.
Dal qual passaggio, sembrerebbe che il verbo «tornare» sia qui usato in forma transitiva (un uso che il Treccani in linea riporta come dialettale o letterario), e che «conto» (qui, «vantaggio», «guadagno») sia l'oggetto di tale verbo.

Sempre in Rete, si trova però un altro esempio, tratto da Storia del bombardamento di Genova del 1877.
[...] [E]gli non dice mai tutto, anzi dice quello che per i suoi fini gli torna a conto
Qui «tornare» è usato intransitivamente e il sintagma «a conto» è il complemento predicativo del soggetto.

V'ha alcuna fallacia nella mia analisi? Se sí, vi prego di segnalarmelo. Grazie in anticipo per le vostre risposte.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Mi sembra una corretta analisi (ma non sono un esperto di analisi logica). Le due costruzioni (tornar conto e tornare a conto) sono state adoperate dai nostri classici. Dobbiamo quindi ritenerle equivalenti (il Battaglia non le marca né dialettali, né letterarie, e cita perfino Manzoni e Carducci).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Riflettendoci meglio, non potrebbe tornare essere intransitivo in ambo i casi e conto soggetto posposto in tornare conto ([il] conto torna)?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Inizialmente ci avevo pensato anch'io, ma poi ho trovato le occorrenze di cui sopra. Nell'esempio del Goldoni («giuoca la carta che piú gli torna conto»), il «che» pronome relativo ha funzione di soggetto.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

In effetti, ha ragione. Problema risolto, dunque. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Direi proprio di sí. La ringrazio del suo intervento. :)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Priego! :D

Siccome mi piace riesumare i tesori della nostra bella lingua – e l’espressione in oggetto mi pare tuttora adoperabile – riporto gli esempi letterari citati nel Battaglia.

Tornare conto, tornare a conto:essere utile, vantaggioso, comodo.

E pensano quello che tornerà loro a conto, e credono essere loro di meglio, e sarà il contrario. (Giov. Cavalcanti)

Egli giudica che non torni conto di vedere il suo regno fra le rovine miserabili della guerra. (G. Bentivoglio)

Narra il fatto come gli torna a conto, o come il capisce, scrive, esclama, mormora, e si lamenta. (Montecuccoli)

– M’ho da cambiar di tutto, m’ho da vestire da viaggio. – Sí, sí, è vero; ci sarà della polvere. Non torna il conto rovinare un abito buono. (Goldoni)

Non torna conto a uno che un giorno deve morire di far patir tanto una povera creatura. (Manzoni, Promessi Sposi, 21, 357)

Buona gente, a cui crescere e sviluppare non par che garbi: tornerebbe lor conto restar sempre eguali al vitello ‘qui largis invenescit herbis’? (Carducci)

Il principio morale che piú torna a conto violare è quello che dice non rubare. (Panzini)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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