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L'accentazione della I e della U
Inviato: lun, 12 lug 2010 16:44
di thomasmaj
Salve a tutti, volevo avere qualche consiglio riguardo l'accentazione della I e della U. Ho infatti scoperto che queste due lettere essendo chiuse di natura dovrebbero portare solo l'accento acuto (cosí, piú etc...) Quale accento mi consigliate d'usare?
Re: L'accentazione della I e della U
Inviato: lun, 12 lug 2010 16:57
di Infarinato
Quello che le pare: basta essere coerenti (e farlo con
cognizione di causa 
).
Re: L'accentazione della I e della U
Inviato: lun, 12 lug 2010 17:11
di thomasmaj
Non pensavo ci fosse tutta questa libertà di scelta.

Da oggi per questo tipo di accentazione seguirò il Carducci fautore dell'acuto sulla I e sulla U. La ringrazio comunque per il collegamento che mi ha postato.
Inviato: lun, 12 lug 2010 18:48
di Fausto Raso
Se non ricordo male, anche Luciano Canepàri consiglia l'accento acuto sulle vocali "i" e "u"; queste hanno, infatti, un unico "suono".
Inviato: mar, 13 lug 2010 1:34
di Luca86
Riporto quello che ha scritto Luciano Canepàri (MaPI, pp. 15-16):
[...] Quindi, l'accento acuto «ˊ» indica vocale (piú) chiusa, quello grave «ˋ» vocale (piú) aperta; e l'uso piú raffinato aderisce alla realtà fonetica, preferendo í, ú, é, ó (chiuse), è, ò, à (aperte), sebbene sia piú frequente trovare é, ó, ì, ù, è, ò, à, soprattutto a causa delle limitazioni delle tastiere tradizionali. Oggi, á è antiquato, oltre che non fonetico. D'altra parte, ĭ, ĕ, ă, ŏ, ŭ, diffusi dalla scuola, sono semplicemente assurdi e antifonemici.
Inviato: mar, 13 lug 2010 9:14
di Decimo
È tutto nel saggio del nostro Infarinato (appena collegato), sicché non è punto necessario, né educato, citarne i contenuti ignorandolo.
Invito pertanto a leggere con piú attenzione le risposte degli utenti già intervenuti, prima di rispondere e ripetere le medesime cose.
P.S. Mi stupisce che Fausto non abbia piuttosto riportato la posizione di qualche purista a lui caro, come —non so— Gabrielli o Satta. (Almeno si sarebbe detto qualcosa di «nuovo».)
Inviato: mar, 13 lug 2010 18:34
di Luca86
Decimo ha scritto:È tutto nel saggio del nostro Infarinato (appena collegato), sicché non è punto necessario —né educato— riportarne i contenuti e le citazioni ignorandolo.
Invito pertanto a leggere con piú attenzione le risposte degli utenti già intervenuti, prima di rispondere e ripetere le medesime cose.
Ammetto di essere stato precipitoso nel rispondere senza leggere il documento segnalato da Infarinato, ma l'ho fatto in buona fede. Non mi pare affatto di essere stato «ineducato», perché ho solo risposto a Fausto Raso riportando un passo del MaPI.
Mi scuso se sono sembrato scortese e prego Infarinato di eliminare il mio intervento, qualora lo ritenesse opportuno.
Inviato: mer, 14 lug 2010 22:20
di Decimo
Le chiedo scusa, caro Luca; ammetto di essere stato un po’ troppo «imperioso»: spero possiamo chiuderla qui.
Cambio discorso, e mi riallineo al tema del filone: cercando in rete la norma UNI 6015:1967, poiché intendevo leggerla per intero, mi sono
qui imbattuto in un’interessante novità: la norma è stata ritirata per essere sostituita con la norma UNI 6015:2009. Purtroppo non so dove sbattere la testa per trovarle e confrontarle, ché pare costino.

Inviato: gio, 15 lug 2010 11:38
di Infarinato
Decimo ha scritto:…cercando in rete la norma UNI 6015:1967, poiché intendevo leggerla per intero, mi sono
qui imbattuto in un’interessante novità: la norma è stata ritirata per essere sostituita con la norma UNI 6015:2009. Purtroppo non so dove sbattere la testa per trovarle e confrontarle, ché pare costino.

Nella sostanza, la norma del 2009 è
identica a quella del ’67 (compreso l’invero sagace refuso *
té al §4.2). Semplicemente, «[r]ispetto all’edizione precedente la norma è stata allineata ai criteri attuali di stesura e presentazione».
Insomma,
UNIndecenza (© Luciano Canepari).

Inviato: ven, 16 lug 2010 0:41
di Infarinato
Infarinato ha scritto:Nella sostanza, la norma del 2009 è identica a quella del ’67 (compreso l’invero sagace refuso *té al §4.2).
Rettifico: hanno corretto il refuso
té del
§3.1, ma ne hanno introdotto un altro scrivendo
té per
sé nell’ultima lista di parole al §4.2!
Di piú: nella loro «furia rinnovatrice ed epesegetica» hanno finito col compromettere la coerenza formale della norma del ’67, le cui raccomandazioni potevano anche essere [parzialmente] opinabili, ma erano perlomeno esposte in
maniera chiara e non contraddittoria.
Il capolavoro si compie nel «nuovo §2.2», ora sdoppiato in 2.2 e 2.3. Il 2.2 originario era conciso, ma ineccepibile. Inoltre, non era in contraddizione col 4.1 (identico al nuovo 4.1). La nuova edizione invece recita:
2.2 Segnaccento grave
Segno che indica un suono aperto.
Nota Per esempio, è.
2.3 Segnaccento acuto
Segno che indica un suono chiuso.
Nota Per esempio, é.
Il secondo esempio è forviante ché
é [
come «parola ortografica»] non esiste [in italiano]: meglio indicare i soli diacritici come nella prima edizione, oppure cambiare esempio (
e.g.,
né). Ma la perla è costituita dall’essere 2.2 e 2.3 in palese contraddizione col 4.1, ché
i e
u non sono vocali dal «suono aperto»!
UNIndecenza al quadrato.

Inviato: lun, 19 lug 2010 16:59
di Decimo
Infarinato ha scritto:Rettifico: hanno corretto il refuso
té del
§3.1…
Se il campione di esempi è rimasto invariato dalla versione del ’67 a quella riveduta del 2009, c’è da chiedersi perché mai, al §4.2,
canapè, gilè, lacchè e
tè non siano catalogati tra i francesismi adattati.
Inoltre, credo sia forviante citare tra i derivati di
fé il sostantivo
autodafé, essendo quest’ultimo propriamente un forestierismo —un lusitanismo, per esser precisi. (È però vero che andrebbero comprese le ragioni della scelta di un criterio empirico, sennonché la suddetta norma ha un costo non indifferente, pertanto una maggiore completezza non le avrebbe certo nociuto.)
P.S. Non riuscivano proprio a trovare esempi migliori di
chiù e
coccodè?

Inviato: mar, 20 lug 2010 13:38
di Decimo
Decimo ha scritto:P.S. Non riuscivano proprio a trovare esempi migliori di chiù e coccodè?
…o degli ormai desueti
diè e
fé?
