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Cittanova e Cittavecchia

Inviato: ven, 20 ago 2010 20:48
di AmorEst
Secondo voi sono corrette le suddette grafie per indicare il nome di due quarteri (o meglio terzieri) del mio paese?

Chiaramente essi derivano dall'unione di città + nova e città + vecchia, ma, seguendo le normali regole linguistiche, non si dovrebbe riflettere nella grafia la cogeminazione e pertanto scrivere Cittannova e Cittavvecchia?

Per quanto mi riguarda, scriverei Città Nova (volutamente senza u) e Città Vecchia così da evitare di mostrare le sequenze nn e vv che sono, forse, un po' sgraziate.

Inviato: ven, 20 ago 2010 21:01
di Marco1971
Velocemente, in attesa delle precisazioni degli storici, non sarebbe possibile che questi due nomi fossero in antico Civitanova e Civitavecchia? Ciò spiegherebbe la mancata cogeminazione, ma è solo un’ipotesi...

Concordo in ogni modo sulla preferibilità estetica della grafica staccata. :)

Inviato: ven, 20 ago 2010 21:40
di Infarinato
Marco1971 ha scritto:…non sarebbe possibile che questi due nomi fossero in antico Civitanova e Civitavecchia?
Direi proprio di sí… Si vedano le varie voci (molte delle quali in grafia unita) nel DOP: e.g., Cittanova.

Si noti inoltre che il raddoppiamento indiscriminato dopo polisillabo tronco (cioè: anche laddove la parola non terminava in consonante in latino) è un fenomeno tipicamente toscano [e dei dialetti da esso influenzati], e non di tutta l’area [italoromanza] in cui si pratica il raddoppiamento fonosintattico (…e questo vale a maggior ragione in antiquo).

Inviato: ven, 20 ago 2010 22:08
di AmorEst
Quindi per cause storiche si può giustificare l'incoerenza di una forma scritta con l'equivalente forma parlata?

Voglio dire: se i termini Cittanova e Cittavecchia hanno una storica ragion d'esistere, ma i parlanti li hanno sempre pronunciati Cittannova e Cittavvecchia, sarebbe giusto modificare la pronuncia e sopprimere innaturalmente il raddoppiamento fonosintattico? Mi sembrerebbe una scelta alquanto bizzarra... :?

Inviato: ven, 20 ago 2010 23:18
di Marco1971
Se già per le parole d’uso comune ci sono oscillazioni (penso a senonché e sopratutto, che i vocabolari registrano, benché si tratti di forme errate e inammissibili), figuriamoci per i toponimi!

Certamente, la pronuncia rimane tale e quale; rimane la discrepanza con la grafia, e per questo sarebbe meglio Città Nova e Città Vecchia. :)

Inviato: sab, 21 ago 2010 0:21
di Infarinato
AmorEst ha scritto:Voglio dire: se i termini Cittanova e Cittavecchia hanno una storica ragion d'esistere, ma i parlanti li hanno sempre pronunciati Cittannova e Cittavvecchia, sarebbe giusto modificare la pronuncia e sopprimere innaturalmente il raddoppiamento fonosintattico?
Ma questo è il punto, caro AmorEst: non è detto che li abbiano sempre pronunciati cosí. Anzi, è probabile che la pronuncia originaria [etimologica] fosse con la scempia e poi, per «toscanizzazione» e/o «rianalisi», e.g., di Cittanova in Città + nova (perché non piú percepita come contrazione di Civitanova), ha finito col prevalere la pronuncia [«moderna»] raddoppiata.

Quanto al tema piú generale delle «ragioni dei parlanti», mi permetto di rimandare a un mio vecchissimo intervento.

Inviato: dom, 22 ago 2010 11:00
di AmorEst
Grazie Infarinato per la delucidazione e il rimando alla fine.

Pensavo che la pronuncia raddoppiata fosse ben radicata nella tradizione toscana e non credevo che potesse invece non essere stato così in passato.

Alla fine continuerò a scrivere i miei prediletti Città Nova e Città Vecchia ma, se non altro, non bollerò come inaccettabili le grafie unite scempie. :wink:

Inviato: dom, 22 ago 2010 19:31
di Infarinato
AmorEst ha scritto:Pensavo che la pronuncia raddoppiata fosse ben radicata nella tradizione toscana e non credevo che potesse invece non essere stato così in passato.
Nella tradizione toscana, sí; in quella calabrese [o veneta di Dalmazia], no.

In realtà, non m’è ben chiaro come si sia affermata la pronuncia locale raddoppiata /tSittan'nOva/ visto che i polisillabi tronchi non sono raddoppianti nell’italiano regionale calabrese (Canepàri, MaPI, §14.2.3) né nel soggiacente dialetto [antico o moderno] (Loporcaro, Orig. raddopp. fonosint., cap. III, §3.4.6–7), se non che si sia adottata [piú o meno intenzionalmente] una pronuncia toscaneggiante, ancorché [nel caso specifico] antietimologica