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«Ti so generoso»
Inviato: gio, 09 set 2010 10:20
di Ferdinand Bardamu
Buongiorno a tutti,
sto leggendo un libro di Giovanni Comisso, autore notoriamente poco attento alla grammatica, e mi sono imbattuto nella frase «ti so generoso».
Mi chiedevo se non fosse qui improprio l'uso di sapere come verbo copulativo che richiede un complemento predicativo dell'oggetto, laddove, invece, conoscere mi suona piú corretto, es. «ti conosco come generoso».
Nella Grammatica di Serianni non ho trovato il verbo sapere tra quelli che richiedono un complemento predicativo (non c'era neanche conoscere, però…).
Vi ringrazio in anticipo delle vostre risposte.
Inviato: gio, 09 set 2010 12:45
di Marco1971
Il costrutto è corretto e prometto di esemplificarlo appena torno dal lavoro.

Inviato: gio, 09 set 2010 18:07
di Marco1971
Ogni promessa è debito; ecco le citazioni.
E sento, a traverso la benda
che dalla fronte alla nuca
ti copre, l’odore dell’ulva
e dell’alga, l’odore
d’un vascello che porti
nardo e mirra nella sua stiva,
l’odore d’un’isola australe.
O bendata, e ben ti so fulva
come il fuco tratto alla riva. (D’Annunzio,
Maia)
No, non ti calunniare. Non ti lasciar torcere il cuore dall’amarezza. Ti so generoso come nessun altro. (D’Annunzio,
Piú che l’amore)
Mi stupii non poco di vedere in mezzo a questi il senatore Frumier e il suo figlio primogenito Alfonso; giacché li sapeva devoti a San Marco, ma non tanto coraggiosamente, come mi fu veduto allora. (Nievo,
Confessioni di un Italiano)
Ma ora, ora che li sapeva confortati dall’autorità di scienziati come il Lombroso, come il Richet, ah perdio, la cosa cambiava d’aspetto! (Pirandello,
La vita nuda)
Quanto a Chiara, era stata un’altra cosa: si era trovato uno che la prendeva con la sola camicia perché la sapeva saggia, timorata di Dio, obbediente alla madre. (De Roberto,
I Viceré)
Tutti le vennero incontro; si capiva che avrebbero voluto parlare, ma la sapevano troppo intelligente per arrischiare una parola inutile. (Oriani,
La disfatta)
Non so bene a quando rimonti l’introduzione di questo costrutto in italiano, ma so che è comunissimo in francese.
Inviato: gio, 09 set 2010 20:19
di Ferdinand Bardamu
Come sempre, grazie.
Può considerarsi un calco dal francese, quindi?
Vedo, tra quelli da lei citati, due esempi di D'Annunzio, di cui uno perfettamente congruente con quello comissiano. Comisso ammirò molto lo stile di vita del Vate, pur non apprezzandone particolarmente l'opera. Fu con lui nell'impresa di Fiume.
Non escludo che possa essere una citazione, anche se forse non consapevole.
Riporto, per fornire un contesto, il passo del
Porto dell'amore di Comisso:
Giovanni Comisso, Il porto dell'amore, in Comisso - Opere, I Meridiani, Mondadori, Milano 2002, p. 6 ha scritto:«[…] Ora, vedi, sento questo ragazzo come l'erede di tutto l'ardimento e desiderio di comando datimi dalla guerra. Altri lo saranno della mia paura e della mia pigrizia. Altri dei miei vizi, altri delle mie virtù, fino a quando sarò così vuoto che messo su d'un rogo potrò bruciare d'un colpo come una festuca di paglia e senza alcun rimpianto.»
«Ti so generoso» dissi aridamente perché m'erano sorti altri pensieri.
Inviato: gio, 09 set 2010 21:02
di Marco1971
Non saprei se sia un calco dal francese. In fondo ti so generoso potrebbe interpretarsi come una forma ellittica di so te [essere] generoso, che è costruzione classica. Dovrò cercare ancora per trovare attestazioni piú antiche.
Inviato: gio, 09 set 2010 21:22
di Brazilian dude
Mi ricorda il latino: scio te (esse) generosum, con soggetto accusativo.
Inviato: gio, 09 set 2010 21:35
di Marco1971
Eccone una di Fazio degli Uberti (se non interpreto male), pisano, nato intorno al 1307 e morto dopo il 1367. La citazione è tratta dal
Dittamondo.
Cosí movendo per l’Africa i piedi,
parlando d'una cosa e altra strana,
giungemmo dove ancor mi disse: «Vedi».
E mostrommi in un piano una fontana,
dicendo: «Al mondo non la so migliore
a la voce de l’uomo né piú sana».
E io a lui: «Se quella di Litore
e questa avesse un musico per uso
piú li farebbe assai, che ’l vino, onore».
Trovo nel Battaglia, all’accezione 1 di
sapere, tra le subaccezioni:
– Unito col compl. diretto seguito da una prop. o da un compl. predicativo dell’oggetto.
Accorcio gli esempi:
...perché Marte, che so significatore de la infirmità ne la sua genitura... (Ramberto Malatesta)
...sapendovi riuscito dalla grave malattia che testé afflisse i vostri giorni. (Arici)
E seguono esempi piú moderni, che qui non c’interessano.
Ne concluderei che il costrutto non deriva dal francese, ma sarebbe indigeno (forse, come dicevo sopra, per ellissi della costruzione infinitiva – che dicevo [essere]
classica, e Brazilian dude ha esplicitato il mio pensiero citando il latino).
