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«Buon[o] studio»
Inviato: ven, 24 set 2010 19:41
di Marco1971
Oggi si può dire
buon studio...

Inviato: ven, 24 set 2010 21:20
di Ferdinand Bardamu
Io mi chiedo: è proprio un'eresia invocare il rispetto della norma? È pacifico che la forza dell'uso sia irresistibile, ma finché un fenomeno, come quello del troncamento di buono e santo (a quando quello di bello, tanto per dare un tocco di estetica alla coppia teologico-morale?) è circoscritto fra i parlanti del Nord, perché non censurarlo? A quando la fine di questo lassismo?
Personalmente, pur essendo veneto, non mi sognerei mai di pronunciare obbrobri quali «*buon studio» o «*in buon stato» – laddove, invece, in dialetto veronese la norma è piuttosto «bòn studio» e «in bòn stato» che «bòno studio» e «in bòno stato».
Inviato: ven, 24 set 2010 22:03
di Fausto Raso
Con tutto il rispetto per Serianni resto sconcertato. Mai e poi mai dirò o scriverò "buon studio".
Inviato: ven, 24 set 2010 23:49
di Marco1971
Caro Ferdinand, è per me motivo di sollievo e di gioia che lei la pensi cosí. Oggi, purtroppo, i linguisti – dico la maggior parte, non tutti – sono stanchi, non gli garbano le regole e non perdono un’occasione per giustificare nuovi usi, anche quando questi non hanno ragion d’essere.
Inviato: sab, 25 set 2010 0:26
di Decimo
La citazione di Serianni, a proposito della presunta «espansione» delle forme apocopate «…soprattutto davanti a z per san», mi pare malamente decontestualizzata e falsificata. I tipi san Zeno, san Zaccaria, ecc., sono forme cristallizzate storicamente legittime (come noto, la normalizzazione dell’articolo davanti a z- è recente), pertanto il rilevamento di una «tendenza espansiva» è —come credo— assai singolare. (Ammetto però di non aver avuto ancora la possibilità di consultare il testo in oggetto.)
Non è poi chiaro quale sarebbe la «funzionalità» della perdita di una sillaba in buon studio. E in virtú di quale criterio linguistico i centromeridionali sono considerati —proprio per il fenomeno che qui si vorrebbe studiare— un gruppo omogeneo? Una piú opportuna classificazione avrebbe evitato l’imbarazzante nota avverbiale «abbastanza». Infine, sí, il modello fonologico toscano avrà pure perso la sua centralità, ma non l’ha certo acquistata il modello settentrionale.
P.S. Caro Fausto, l’autore dell’articolo è Paolo D’Achille, non Serianni.
Inviato: mar, 28 set 2010 21:55
di Marco1971
Mi accorgo che la domanda era stata posta
qui da un utente di passaggio...