Da qualche giorno ho un dubbio riguardo all’uso del solo pronome atono di terza persona con il verbo avere in senso proprio.
La frase da cui è nata la mia perplessità era del tipo:
«Vorrei regalargli l’ultimo libro di Ammaniti, ma temo che lo abbia già.»
La stonatura che ho avvertito non è certo data dalla mancata elisione; io avrei semplicemente detto «temo che ce l’abbia già».
Lì per lì a orecchio ho ritenuto che quel ce fosse necessario, ma il mio interlocutore ha subito replicato difendendo la correttezza della sua frase con esempi come questi:
«Dovrei averlo sotto mano per capire dov’è il problema.»
«Il modulo di constatazione amichevole è di vitale importanza per accelerare le pratiche.
Se non lo hai con te, puoi usare il modulo dell’altro conducente coinvolto.»
in cui, effettivamente, non sento una vera e propria stonatura, sebbene mi suonino meglio le versioni con ce.
A questo punto, se è vero che nella Grammatica del Serianni (VII. 50.) si legge:
mi chiedo quali circostanze giustifichino l’espressione «molte frasi» in luogo di un giudizio più generale. Esistono forse differenze di registro, o una forma è preferibile all’altra in base ad alcuni criteri?In molte frasi della lingua viva incardinate sul verbo avere l’uso di ci può dirsi obbligatorio. A una domanda come «Hai il biglietto?» si risponde: «Sì», o «Ce l’ho», non col semplice «L’ho».
Ringrazio anticipatamente chiunque voglia rispondere.