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«Non è che» in fine di periodo

Inviato: lun, 31 gen 2011 20:30
di Giorgio1988
Scrive Paolo D’Achille (L’italiano contemporaneo, capitolo VIII, § 1.3) [grassetto mio]:
si può notare che non è che ha spesso una funzione attenuativa e tende a grammaticalizzarsi sia in posizione iniziale, col semplice valore di ‘non’, sia alla fine della frase, dove compare non di rado, con un’intonazione sospensiva, col valore di mica no: quando arrivo alla sera sono stanca, non è che...
Tale valore del costrutto mi risulta completamente inedito. Pensavo che il non è che posto in fine di periodo e pronunciato con intonazione sospensiva occorresse esclusivamente in enunciati non conclusi, per riferirsi a un’eventualità imprecisata e deducibile dal contesto o dal cotesto, come in questo esempio: «Vorrei andare a trovarlo, però non l’ho avvisato e non so se ora sia casa. Sai, è così impegnato… Non è che…» (qui si può intendere: «Non è che se vado da lui non lo trovo?»; oppure: «Non è che una visita potrebbe infastidirlo?»).

Qualcuno saprebbe riportarmi esempi (letterari e no) in cui non è che assume il valore registrato da D’Achille?

Inviato: lun, 31 gen 2011 23:08
di Marco1971
In che tipo d’italiano s’adopra mica no? Che cosa significa?

Se è una pseudanalisi del parlato, bisognerebbe conoscerne le fonti, o non sono menzionate in tale «studio»?

Inviato: mar, 01 feb 2011 11:28
di Giorgio1988
Il passo che ho riportato è tratto da un paragrafo sulla sintassi dell’italiano parlato. Non è specificato quali siano i corpora su cui si è svolta l’analisi e da cui si deducono gli esempi; se, per ipotesi, le fonti fossero le stesse che D’Achille ha utilizzato in Sintassi e fraseologia dell’italiano contemporaneo tra diacronia e diatopia, contributo raccolto nel volume collettivo Aspetti dell’italiano parlato (2005), esse consisterebbero nel LIP (Lessico di frequenza dell’Italiano Parlato), nel LABLITA, nell’API (Archivio del Parlato Italiano) e nel LIR (Lessico di frequenza dell’Italiano Radiofonico).
Mi chiedo se D’Achille sia stato influenzato dallo studio di Monica Berretta Correlazioni tipologiche fra tratti morfosintattici dell’italiano ‘neo-standard’, e in particolare da questo paragrafo intorno alla negazione di frase. Ma nello studio della Berretta si dice che il non è che sostituisce il non…mica nella negazione dell’intera frase (non è che c’entri niente anziché non c’entra mica niente), mentre mi pare di capire che D’Achille gli attribuisca un valore rafforzativo dell’affermazione fatta nella proposizione immediatamente precedente: quando arrivo alla sera sono stanca, non è che… equivarrebbe quindi a quando arrivo alla sera sono stanca, davvero (ammettendo che mica no = davvero, veramente, in effetti).
Io suppongo che D’Achille intendesse questo, però potrei sbagliarmi. Oltretutto, pure se la mia congettura fosse corretta, sarebbe un uso del non è che affatto sconosciuto, almeno per me.

Inviato: mar, 01 feb 2011 18:20
di Marco1971
Questi non è che e mica no sono ignoti anche a me. A qualcuno sono familiari? Mi sono perso una tappa dell’«evoluzione»? :D

Inviato: mer, 02 feb 2011 10:01
di Bue
:shock: mai sentiti

Inviato: mer, 02 feb 2011 13:11
di Fabio48
Io li ho sentiti solo sotto queste forme:

quando arrivo alla sera sono stanca, non è che potresti preparare tu la cena?

quando arrivo alla sera sono stanca, non è che mi vada granché di mettermi a fare le pulizie.

Cordialità.

Inviato: mer, 02 feb 2011 18:43
di Giorgio1988
Vi ringrazio moltissimo per l'aiuto fornitomi. :) Noto, come ha già fatto argutamente l'ottimo Marco, che l'attribuzione al non è che del valore registrato da D'Achille è priva di fondamento, in quanto si tratta di un uso non condiviso dai parlanti.