«Cara Italia, come scrivi male», L'Avvenire, 18 marzo 2011
Inviato: ven, 18 mar 2011 12:16
La letteratura è ancora in grado di fornire modello stilistici? Chi legge gli autori contemporanei, insomma, può imparare a scrivere bene? Un articolo dell'Avvenire mette in discussione lo stile degli scrittori dei nostri tempi.
Evidenzio un passo per me fondamentale della tesi di Gianluca Colella:
C'è poi il fattore diamesico: siamo sicuri che, ceteris paribus, la posta elettronica richieda lo stesso grado di formalità di una lettera intestata?
P.S. In chiusa, sottolineo alcuni orrori nel testo dell'intervista: «bit generation» per «beat generation» (a quanto mi risulta, non ci sono nativi digitali – esponenti della generazione dei «bit» – che abbiano avviato movimenti letterari); «buon studio» per «buono studio» (ci dobbiamo rassegnare a questo sfondone, come dice Paolo D'Achille?).
Evidenzio un passo per me fondamentale della tesi di Gianluca Colella:
Quanto alla seguente citazione, se, da un lato, sono del tutto d'accordo con la sua censura dell'antilingua burocratica, dall'altro non capisco la sua critica a «Buongiorno» e «Buonasera» in esordio d'un messaggio di posta elettronica:Se la letteratura, che viene solitamente intesa come forma di comunicazione alta, propone una lingua scadente, la conseguenza è che non esiste più un modello stilistico a cui ispirarsi. Così si scivola verso la volgarità gratuita. Lo si vede nei mezzi di comunicazione di massa. Anche se un certo giornalismo può essere indicato come modello per i giovani[.]
Sebbene si tratti, come dice, di lingua scritta, e perciò sarebbe piú adatto un «Gentile signor/signora» e simili, tenendo presente che spesso la posta elettronica si legge quotidianamente e anche piú volte al giorno, «Buongiorno» o «Buonasera» non sfigurano.Se chiedo loro cosa hanno fatto nella giornata, non scrivono "sono andato", ma "mi sono recato". Una forma inutilmente burocratica. Allo stesso modo si registra un uso massiccio del verbo "effettuare", al di fuori del suo significato effettivo, invece del più semplice e polivalente "fare". C’è chi usa "promulgare" invece di "diffondere". Si fa un uso frequente di "ubicare" e via dicendo. Spesso, poi, mostrano di avere scarsa padronanza con la lingua scritta anche nelle cose elementari. Ti mandano una e-mail ed esordiscono con "buongiorno" o "buonasera"... Oppure chiudono con un "arrivederci". Non sanno distinguere fra lingua scritta e lingua parlata
C'è poi il fattore diamesico: siamo sicuri che, ceteris paribus, la posta elettronica richieda lo stesso grado di formalità di una lettera intestata?
P.S. In chiusa, sottolineo alcuni orrori nel testo dell'intervista: «bit generation» per «beat generation» (a quanto mi risulta, non ci sono nativi digitali – esponenti della generazione dei «bit» – che abbiano avviato movimenti letterari); «buon studio» per «buono studio» (ci dobbiamo rassegnare a questo sfondone, come dice Paolo D'Achille?).