Arrigo Castellani: il ricordo di Luca Serianni
Inviato: gio, 20 apr 2006 4:00
Trascrivo qui solo parte del ricordo in oggetto (apparso negli SLI, 2004) – e i tagli sono per me terebranti! Solo rare volte m’è capitato di voler contattare l’autore di qualche opera che ho letto. Con Arrigo Castellani, fu troppo tardi, e di poco... Ma vive per tutti noi nelle sue opere, e per me in particolare anche nelle parole del mio professore, suo amico, che ne parlò con entusiasmo.
Il 10 giugno 2004 a Firenze si è spento Arrigo Castellani, fondatore degli SLI [= Studi Linguistici Italiani] [...] Ma Arrigo è stato anche il mio maestro; ed è difficile per me, scrivendo questo breve ricordo, distinguere lo studioso e l’uomo, guardare all’opera che ha lasciato prescindendo dalle risonanze di una lunga consuetudine che ha segnato gran parte della mia vita e, per intero, l’arco della mia età adulta.
Conobbi Arrigo quand’ero studente, piú di trentacinque anni fa. Fui súbito conquistato non soltanto dagli argomenti delle sue lezioni, ma anche dal modo in cui insegnava: dando dimostrazione, attraverso la chiarezza e la semplicità, dell’eccezionale rigore e della limpida necessità con cui i problemi scientifici o anche solo le sintesi venivano organizzati dalla sua mente. E nello stesso tempo offrendo la sua disponibilità a chiunque, senza tradire la minima impazienza e senza lasciarsi condizionare dalla posizione dell’interlocutore: si trattasse di un illustre accademico, di uno studioso alle prime armi o magari di uno di quegli anziani dilettanti che si aggirano nelle aule universitarie alla ricerca di un avallo autorevole per loro improbabili e solitarie ricerche.
[...] Quel che è certo è che in nessun altro ho mai visto convivere, come avveniva con Arrigo, la cortesia e la signorilità del tratto con l’asciuttezza e l’essenzialità del discorso: potremmo dire che in lui la funzione fàtica era ridotta all’essenziale, cosí come gli era estranea qualsiasi costruzione retorica, sia pure nella forma dell’innocente retorica di circostanza.
Trasparente nei comportamenti oltre che nelle parole, Arrigo era catafratto a qualsiasi tipo di manovra concorsuale o latamente politica; per una sorta di incompatibilità strutturale, direi, e per completa indifferenza ai riconoscimenti e ai laticlavi: tutte cose giudicate anche rispettabili, ma che l’avrebbero distratto dalle sue ricerche.
[...] Arrigo è stato un vero, grande, studioso. Per molti motivi, che non è facile trovare riuniti tutti insieme in un singolo individuo. Prima di tutto, per l’ampia rete di conoscenze che ne sorreggevano l’indagine, consentendogli di spaziare in territori ampi e talvolta non prevedibili: conoscenze che erano in parte alimentate dalla passione per la bibliofilia, che lo portava a percorrere anche piste appartate e lo metteva in condizione di dominare settori assai diversi tra loro con straordinaria padronanza della materia.
[...] Anche chi lo conoscesse appena (o avesse letto solo qualcuno dei suoi scritti) restava colpito dalla lucidità dei suoi ragionamenti e dal rigore della documentazione che ne costituiva il fondamento. La sterminata ricchezza dei dati adunati da infaticabili spogli, oltre a dare una risposta al problema di localizzare nello spazio e nel tempo un testo antico, si traduceva spesso in singolari scoperte; anche attraverso particolari minuti si può fare storia, come è noto, e si possono ricavare grandi lezioni di metodo. [...]
Come avviene per i grandi studiosi, Arrigo Castellani vive nelle sue numerose opere, tutte frutto di un lavoro originale e di una dedizione instancabile (che è continuata fino agli ultimi giorni, nonostante le cattive condizioni di salute). Si può dire che dove è intervenuto, Arrigo abbia lasciato il segno. Ma ciò che soprattutto gli dobbiamo è il suo contributo alla conoscenza dell’Italia linguistica medievale e alla definizione della toscanità dell’italiano moderno e contemporaneo. [...]
Alla cerchia di coloro che gli sono stati piú vicini, accanto agl’insegnamenti dello studioso, resta l’intensità del ricordo personale: un ricordo che è anche affidato agli aneddoti (le famose italianizzazioni di forestierismi come guisco ‘whisky’, autobusso, fassi ‘fax’; le coniazioni originali, da intrèdima ‘fine settimana’ a fubbia ‘smog’; il rinnovamento semantico di voci antiche come ubino ‘hobby’); all’aroma di canfora che si sprigionava dalle librerie della casa del Barbacane da cui Arrigo estraeva l’ultimo prezioso acquisto per mostrarlo al visitatore, ricordandone minuziosamente tutti i particolari; all’ospitalità offerta ad allievi e amici nel soggiorno estivo di Quercianella, che lo vedeva anche nelle vesti insolite di giardiniere e cuoco. E resta, dominante, l’immagine di una serena razionalità che sembrava riproporre nella vita quotidiana il nitore dello stile e la forza dell’argomentazione che contrassegnano la sua scrittura.
Luca Serianni