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Etimologia del verbo «stutare»

Inviato: ven, 10 giu 2011 15:45
di LinguisticaMente
Prendendo spunto dal quesito da me posto qualche giorno fa sul verbo "appicciare", mi chiedevo quale fosse l'etimologia del verbo "stutare" (che significa "spegnere"). Ho trovato qui una spiegazione etimologica di tale verbo. Mi piacerebbe ricevere conferma della validità di tale ipotesi etimologica, conoscere in quali altre regioni (oltre alla Puglia e alla Campania) è eventualmente usato con lo stesso significato e sapere se ci sia qualche esempio letterario che ne attesti l'uso.

Inviato: ven, 10 giu 2011 16:15
di Luca86
Naturalmente, stutare si usa anche nel brindisino, essendo il mio dialetto una variante della coinè salentina.

Riporto nella sua interezza la voce stutare del Treccani in linea (sott. mia):

stutare v. tr. [lat. *extutare, comp. di ex «via da» e tutare «proteggere, colmare», der. di tutus «sicuro»],¹ ant. – Smorzare, spegnere: voi, sì come savio, anzi che più s’accenda il fuoco, providamente pensate di stutarlo (Boccaccio). Con varianti locali, la voce è ancora viva in varî dialetti.

¹ N.B. L'asterisco premesso a una parola indica che questa non è attestata.

Inviato: ven, 10 giu 2011 17:27
di Luca86
Se la memoria non m'inganna, in Veneto si usano le varianti destudar(e)/destuar(e)/stuar(e). Aspettiamo una conferma (o smentita) del caro Ferdinand.
LinguisticaMente ha scritto:Mi piacerebbe … sapere se ci sia qualche esempio letterario che ne attesti l'uso.
P.S. Nel TLIO (Tesoro della lingua italiana delle origini) può trovare molti esempi e qualche altra informazione utile. :wink:

Inviato: ven, 10 giu 2011 19:34
di u merlu rucà
Dal latino popolare *tutare (classico tutari) deriva anche il francese tuer 'uccidere'.

Inviato: sab, 11 giu 2011 0:16
di zeneize
Credo che l'etimologia proposta già dai precedenti e dal suo stesso link sia più che soddisfacente. In genovese non mi pare - e del resto non ne trovo traccia nei dizionari - che esista un termine analogo. Si usano asmortâ /azmur'ta:/, ammoccâ /amu'ka:/ e talvolta scioâ /Swa:/.
Anche se quest'ultimo, scioâ, mi fa sorgere non pochi sospetti se messo accanto al veneto stuar(e) citato da Luca...

Inviato: sab, 11 giu 2011 0:24
di Marco1971
E come si dice link nel suo dialetto?

Inviato: sab, 11 giu 2011 0:28
di zeneize
Potrei tradurlo molto elegantemente con inlasso /iN'lasu/, ma anche con ligamme /li'game/.
Tuttavia, per ragioni di coerenza, lo si potrebbe scrivere link per uniformarsi a questo gusto anglofilo che ormai spopola. Non a caso, comunque, ho usato la grafia corsiva, per rimarcare il fatto che non trattasi di parola italiana. Fiorentinamente parlando, avrei usato "collegamento".
Sono stato abbastanza esauriente? :)

Inviato: sab, 11 giu 2011 0:34
di Marco1971
«Potrei», «si potrebbe»: perché seguire quest’a lungo termine deleteria tendenza?

Inviato: sab, 11 giu 2011 0:42
di zeneize
Più che giusto, anche se il confine del ridicolo è molto sottile. Se "collegamento" è termine più che accettabile, altri che ho avuto occasione di leggere sono assai divertenti. Mi ricorda il caso di un autore di Wikipedia in ligure, che dovendo tradurre il termine "rivoluzione" in senso astronomico, ha avuto il coraggio di scrivere boghezzo... Boghezzo indica solamente la "rivoluzione" del mare quando è in stato di moderata agitazione, quella che potremmo definire "maretta", tanto per intenderci... Quel buontempone, per risparmiarsi un necessario latinismo (senza latinismi e grecismi l'italiano non camperebbe, per cui rassegnamoci a usarli anche parlando l'idioma locale), ha privato la frase di senso compiuto.

Inviato: sab, 11 giu 2011 1:02
di Marco1971
Siccome lei è relativamente nuovo, vorrei chiederle dell’abusato online per in linea. Giovane com’è, mi domando se è influenzato o no dalla tendenza attuale a servirsi ampiamente di parole inglesi, quasi sempre superflue (una per tutte password, in Firenze stessa sentita in un punto Internet).

Inviato: sab, 11 giu 2011 1:13
di zeneize
Dire che non ne sono influenzato sarebbe troppo ipocrita. Come tutti, sono vittima delle tendenze, e per quanto possa cercare di distaccarmene, l'uso comune è quello che comanda. Purtoppo la sua obiezione è giustissima, ma diventa pretenziosa se parliamo di gerghi tecnici: quello dell'informatica è un gergo tecnico, e come tale ha licenza di servirsi anche di vocaboli non italici, sebbene questi possano comodamente supplire (non a caso, in genovese parlâ zerbo equivale a "usare un linguaggio criptato"). I francesi ce n'hanno dato una chiara prova. Eppure vorrei vedere che cosa accadrebbe se un giorno qualcuno iniziasse a chiamare "ratto" o "topo" il nostro simpatico mouse, o se il web diventasse una "ragnatela". Probabilmente sarebbero scrosci di risate, e non del tutto a torto, perché emergerebbe un'enorme forzatura linguistica. La cosa è già più fattibile per "in linea" e "parola chiave", ma la sfido a tradurre mouse e web. Il primo potrebbe diventare "puntatore", ma s'immagina come scorrerebbe la frase? "Ho acquistato un puntatore privo di cavi elettrici". Certo sarebbe stato più sbrigativo un mouse wireless

Inviato: sab, 11 giu 2011 1:43
di Marco1971
Per quanto riguarda mouse, le posso dire, mi scusi se già lo sa, che tutte le lingue neolatine l’hanno tradotto letteralmente. E controlli pure souris in un dizionario francese, ratón in uno spagnolo, rato in uno portoghese, soricel in uno rumeno, ecc. Ma noi siamo troppo speciali, anzi speciosi, e cosí preferiamo termini misteriosi (ai piú) che indicano banalità.

Inviato: sab, 11 giu 2011 9:23
di Jonathan
Ma web non è già tradotto con l'ottimo rete (telematica)?
World wide web= rete telematica mondiale.

Inviato: sab, 11 giu 2011 9:57
di zeneize
Verissimo, ma chi avrebbe mai il coraggio di scrivere in un manuale "topo" per indicare il puntatore? Vogliamo fare come la Microsoft, che in un manuale per tecnici scrisse "le palle del topo" per indicare la sfera dei mouse meccanici? Sarete d'accordo con me che rischieremmo di cadere nel grottesco.
In conclusione, se alcune parole hanno già una valida traduzione (in effetti web non perde significato se reso con "rete"), altre l'avrebbero comunque, ma finirebbero per essere inopportune per varie ragioni. Babysitter è "bambinaia", ma voi provate a dare della "bambinaia" a una qualificata babysitter e osservate la reazione. Vorreste forse chiamare "cieco" un non vedente, "sordo" un non udente, "barbone" un dignitoso clochard? In genovese vale il detto parla quaddro e riondo spûa; l'italiano odierno sembra voler fare l'esatto contrario.

Inviato: sab, 11 giu 2011 10:09
di Jonathan
zeneize ha scritto:Vorreste forse chiamare "cieco" un non vedente, "sordo" un non udente, "barbone" un dignitoso clochard?
Io sí, senz'altro.