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Inviato: mer, 29 ott 2014 8:26
di domna charola
A questo punto, la discussione si sposta su "ritratto": va riferito a qualsiasi rappresentazione di sé o si limita a tecniche particolari?
Ovvero, posso autoritrarmi solo col pennello o con martello e scalpello, o anche con la macchina fotografica tradizionale e in bianco e nero (tecnica sulla quale ormai siamo concordi che può produrre "opere d'arte")? O anche con altri mezzi (digitali, verbali, in lana lavorata a ferri etc.)?
Il punto è questo.

La qualità artistica non c'entra. Anche un bambino può, con i medesimi pennelli e colori di Michelangelo, abbozzare il suo autoritratto, e quindi lo sgorbietto che ne risulterebbe svilirebbe Michelangelo stesso?
Oppure riservo il termine "autoritratto" solo a opere di comprovata artisticità?

D'altra parte, uno dei grandi fotografi del passato, di quelli per intenderci riconosciuti come artisti, probabilmente saprebbe farsi un autoritratto artistico anche con un cellulare da quattro soldi.

Secondo me, è il nome dell'autore che si pone accanto all'oggetto (ovvero, la qualità artistica intrinseca, che è indipendente dalla tecnica usata) che ne determina piedistallo o polvere. Un selfie (oddddio, come detesto questo termine...) di Leonardo evoca un'idea molto diversa dal selfie di una velina qualsiasi...

Inviato: mer, 29 ott 2014 15:59
di Freelancer
domna charola ha scritto:La qualità artistica non c'entra. Anche un bambino può, con i medesimi pennelli e colori di Michelangelo, abbozzare il suo autoritratto, e quindi lo sgorbietto che ne risulterebbe svilirebbe Michelangelo stesso?
Non è che abbia molta voglia di impegnarmi in una discussione su un'entità così banale (secondo me) come il selfie, ma comunque:

Secondo me la qualità artistica c'entra e come. Mi pareva di averlo detto chiaramente: non è lo sgorbietto che svilisce Michelangelo; chiunque ha il diritto di fare uno sgorbietto. Svilisce Michelangelo chi chiama autoritratto lo sgorbietto (o lo confronta in qualunque modo a un autoritratto dell'artista).
domna charola ha scritto:Secondo me, è il nome dell'autore che si pone accanto all'oggetto (ovvero, la qualità artistica intrinseca, che è indipendente dalla tecnica usata) che ne determina piedistallo o polvere.
Questo mi fa venire in mente la battuta attribuita a Picasso, che aveva schizzato un disegno per una ragazza su una salvietta o qualcosa del genere, e quando la ragazza gli chiese di firmarglielo, rispose "Eh no, cara mia, un mio disegno non vale niente, ma la mia firma vale milioni".
domna charola ha scritto:"Un selfie (oddddio, come detesto questo termine...) di Leonardo evoca un'idea molto diversa dal selfie di una velina qualsiasi...
Leonardo non ha mai fatto un selfie; né una velina sarebbe in grado di fare un autoritratto. Ai miei occhi e per il mio gusto, nel corso dei secoli e grazie a quanto fatto da tutti gli artisti, la parola autoritratto si è caricata di tali connotazioni preziose, ci sono dietro storie di sofferenze e di tante altre vicissitudine degli artisti, che anche semplicemente menzionarla in relazione a questa nuova abitudine globale e omologante, significa far loro torto.

Le parole sono importanti, lo sappiamo tutti. Io ho detto semplicemente che non permuterei mai l'una per l'altra, in nessun senso. Poi naturalmente ognuno è libero di usare selfie e autoritratto come vuole.

Inviato: lun, 03 nov 2014 17:19
di Zabob
Due anglicismi, in mezzo e in coda a una frase, le danno equilibrio e armonia, non credete 8)?
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Inviato: lun, 03 nov 2014 17:39
di Animo Grato
Già, ma - anche in questo caso - il pesce puzza dalla testa... :roll:

Inviato: ven, 07 nov 2014 20:36
di Carnby
Un tempo c'era l'abbigliamento intimo, ora c'è l'underwear (non ci bastava la lingerie...).
Inoltre sulla stessa testata leggo «[Una scultura che] pesa più di 60 tons» (in questo caso può trattarsi di un'ambiguità del testo originale inglese: gli anglosassoni non sanno distinguere bene tra la short ton, la metric ton o tonne e la long ton, anche se, trattandosi presumibilmente di un articolo americano, dovrebbe essere la prima).

Inviato: mar, 02 dic 2014 17:37
di domna charola
Oggi ho lavorato con un collega informatico a una banca dati geologica, italiana.

Io detto i dati e lui li inserisce.
A un certo punto, detto "scisti neri, noti come Livello Selli" (si tratta di uno strato di roccia che prende il nome dal geologo italiano Raimondo Selli, dell'Università di Bologna).
Il collega (informatico) scrive "livello Sally"...

:shock:

...mi viene da piangere...

Inviato: mar, 02 dic 2014 18:00
di Carnby
domna charola ha scritto:"livello Sally"
Avrà pensato a Harry ti presento Sally o alla canzone di Vasco Rossi... :wink:

Inviato: mar, 02 dic 2014 21:54
di valerio_vanni
domna charola ha scritto:Oggi ho lavorato con un collega informatico a una banca dati geologica, italiana.

A un certo punto, detto "scisti neri, noti come Livello Selli" (si tratta di uno strato di roccia che prende il nome dal geologo italiano Raimondo Selli,
Un collega informatico significa un geologo con anche competenze informatiche o un informatico generico?

Nel secondo caso è perdonabile che non conosca Raimondo Selli.

Inviato: mer, 03 dic 2014 8:27
di GFR
L'informatica è forse il campo invaso con maggior forza dall'inglese. Resta comunque il fatto che per un italiano, in Italia, sentir selli e scriver sally sia normale.

Inviato: mer, 03 dic 2014 9:15
di domna charola
Il collega è un collega di ufficio, che fa solo l'informatico.
Il punto è che Selli è un cognome italiano, italianissimo, e non mi verrebbe mai per la mente, se sto parlando in italiano, che possa essere scritto in altro modo da quello in cui viene pronunciato.
A meno che non sia un informatico, per il quale è normale scrivere parole in modo diverso da come le dice... :roll:

Inviato: mer, 03 dic 2014 17:55
di Animo Grato
domna charola ha scritto:Il punto è che Selli è un cognome italiano, italianissimo, e non mi verrebbe mai per la mente, se sto parlando in italiano, che possa essere scritto in altro modo da quello in cui viene pronunciato.
Se so che si sta parlando di un geologo italiano. :wink:
Ma se non lo so, e sento solo il suono "selli", andrò col pensiero al nome più comune (nella mia esperienza) che, pronunciato, dia quel risultato. Personalmente, grazie al cinema e alle canzoni, conosco molte più Sally che Selli (anzi, questo è il primo Selli che sento nominare).
Se avesse dettato al suo collega informatico un testo di paleontologia, è probabile che avrebbe scritto correttamente il nome della celebre Lucy, che però, in teoria, avrebbe anche potuto essere battezzata in onore di un ipotetico scienziato italiano chiamato Lusi (sì, lo so, la s è diversa, ma facciamo finta che Lei sia calabrese e le pronunci tutte sorde :wink:).

Inviato: gio, 04 dic 2014 9:10
di GFR
Vedo di parteggiare un po' per l'inglasiano che si incontra nell'informatica. In primo luogo questa scienza è nata inglese e parla meglio la sua lingua madre, nella programmazione, nei comandi, nei vari sistemi fisici.
Poi, un po' fantasticando, l'invasione dell'inglese, con storpiature, italianizzazioni e tutto quello che può capitarle, discende da una essenzialità della comunicazione, comune a tutto il settore. In fondo le macchine si dicono tutto usando serie di 0 e 1: solo due simboli. Gli operatori umani non fanno che adeguarsi, magari inconsciamente, a questa forma scarna, ma completa che consente loro di scambiare informazioni in una forma tanto povera quanto esaustiva.
Con l'esempio sotto, alla prima riga basta la metà delle parole per dire le stesse cose delle seconda frase. Certo che l'Italiano purtroppo scompare, resta solo l'informazione; e si mette anche sulla china (molto brutta, per me) che porta i giovani a scambiarsi messaggini del tipo ... xchè ... tvb.

Il pc crasha al boot con un loop di BSoD.
Il calcolatore si blocca all'avvio con una serie ininterrotta di schermate blu (d'errore).


Anche ardisk è più semplice che dire disco fisso o disco rigido. Non voglio affermare che ci si debba arrendere, anch'io preferisco l'Italiano, però volevo sottolineare che non è solo un vezzo o una moda o una semplice scimmiottatura; è una cosa più profonda e quindi anche più pericolosa per la nostra lingua.

Inviato: gio, 04 dic 2014 9:29
di Ferdinand Bardamu
Son d’accordo, caro GFR. Ma, se l’inglese è piú economico dell’italiano, è solo perché è piú breve? Mi pare che anche l’assenza di alternative giochi un ruolo importante. Se ci fosse un istituto che diffondesse traducenti ufficiali — senza imporre niente a nessuno, per carità, sennò scatta automaticamente l’accusa di autarcía linguistica, cioè di fascismo —, forse i sostituti italiani parrebbero meno forzati e, allo stesso tempo, non ci si dovrebbe forzare a usarli.
GFR ha scritto:Il pc crasha al boot con un loop di BSoD.
Il calcolatore si blocca all'avvio con una serie ininterrotta di schermate blu (d'errore).
La frase in itanglese è comprensibile solo a un tecnico, o, per lo meno, a chi abbia un minimo di conoscenza del gergo informatico. A me la seconda sembra perfettamente trasparente, anche se — me ne rendo conto — a molti degli «addetti ai lavori» (molti, non tutti: lasciamoci un po’ di speranza) viene meno spontanea.

[FT] Termini informatici e comunicazione di servizio

Inviato: gio, 04 dic 2014 11:10
di Infarinato
Vi prego di non divagare ulteriormente dal [già vago] tema di discussione. Sui termini informatici esiste già un filone di 19 pagine.

Anzi, vi pregherei, sia per il filone in oggetto sia per quello appena citato, di non allungarli ulteriormente, ma di aprire [nella sezione di volta in volta piú opportuna] un filone specifico per ogni nuovo argomento.

Quanto all’intrinseca maggior lunghezza delle parole e dei sintagmi italiani rispetto ai corrispettivi inglesi, se n’è già discusso ad nauseam. Qui aggiungo soltanto che questo non è poi un gran problema, visto che l’italiano è una lingua «a isocronia sillabica», anziché «accentuale» come l’inglese.

Re: [FT] Termini informatici e comunicazione di servizio

Inviato: gio, 04 dic 2014 16:58
di Freelancer
Infarinato ha scritto:Quanto all’intrinseca maggior lunghezza delle parole e dei sintagmi italiani rispetto ai corrispettivi inglesi, se n’è già discusso ad nauseam. Qui aggiungo soltanto che questo non è poi un gran problema, visto che l’italiano è una lingua «a isocronia sillabica», anziché «accentuale» come l’inglese.
Vorrei ringraziare pubblicamente il nostro caro Infarinato per due cose: anzitutto per avere dato un interessante riferimento (come fa spesso); in secondo luogo per avere (involontariamente?) sottolineato come, in un forum di qualità come questo, sarebbe bene che, ogniqualvolta possibile, si leggesse attentamente quanto i linguisti scrivono in merito invece di sproloquiare senza alcun riferimento a studi concreti, come fanno alcuni utenti (si dice il peccato ma non il peccatore).