L'italiano degli intellettuali
Inviato: ven, 11 nov 2011 10:58
Prendo spunto da questo intervento di Carnby per proporre una riflessione sullo stato della lingua italiana colta. Nell'articolo del Fatto Quotidiano cui si rimanda Riccardo Chiaberge commenta sarcasticamente la lingua del filosofo Cacciari.
E in effetti frasi come
Mi chiedo allora: ci può essere una via di mezzo fra la lingua degli autori che scrivono «libri di cassetta» (una lingua che imita quella della tivvú e del parlato quotidiano, incapace di variare registro o per ignoranza o per studiata pigrizia) e quella degli intellettuali chiusi nella torre d'avorio della propria erudizione?
E in effetti frasi come
appaiono goffissime nell'urgenza di mostrare la cultura e la conoscenza del loro autore. Il primo periodo, poi, tocca vette di nonsenso. Il risultato è, paradossalmente (ma neanche tanto), simile a quello del discorso d'un direttore commerciale, col greco e il latino a sostituire l'inglese.Massimo Cacciari, Ama il prossimo tuo ha scritto:Il Figlio che è uomo, noi, i figli, nel cuore del Theós Agape. La sua sovrabbondanza, il suo essere Agathós, potremmo dire, custodisce in sé ab aeterno tutti i loro pathemata. Dio è proximus perché plesios in sé – e per questo può essere vinto d’amore per il plesios che incontra e invocarne la philia
Mi chiedo allora: ci può essere una via di mezzo fra la lingua degli autori che scrivono «libri di cassetta» (una lingua che imita quella della tivvú e del parlato quotidiano, incapace di variare registro o per ignoranza o per studiata pigrizia) e quella degli intellettuali chiusi nella torre d'avorio della propria erudizione?