A me, personalmente, suona male
opporvici, perché la particella
ci, in questo caso, mi pare piú un locativo che un dativo. Ma, ripeto, è un'opinione del tutto soggettiva.
D'altra parte, seguendo
la scorta della GGIC in questo processo di auto-elicitazione, per altre persone il mio orecchio non sente alcuna stranezza nell'uso di
ci: «come intendo oppormi
ci?», «come intendi opporti
ci?». Anche per le terze persone, però,
vi è meglio di
ci (sempre secondo il mio gusto): «come intende/intendono oppor
visi?».
Solo per la prima persona plurale troverei qualche difficoltà: la forma analitica del dativo, «come intendiamo opporci
a ciò?», mi pare l'unica possibile di contro a quella organica, «*come intendiamo opporci
ci/opporci
vi».
Giova, infine, ricordare quanto dice Serianni nella sua Grammatica, nel paragrafo dedicato alla differenza tra
ci e
vi:
VII.51. Quanto alla differenza tra ci e vi, si noterà che la forma più colloquiale è la prima nelle frasi dei gruppi (I) [ci e vi avverbi di luogo, nota mia] e (II) [ci e vi pronomi dimostrativi con valore neutro, nota mia]: nell'edizione definitiva dei Promessi Sposi il Manzoni introdusse largamente ci dove aveva scritto vi (per esempio: «se, tra i bravi e lui, ci fosse [in precedenza vi fosse] qualche uscita di strada» I 27). Ci è inoltre l'unica forma possibile in molte espressioni del gruppo (II) (non si può dire «Allora, vieni domani: *vi conto») e in tutte quelle del gruppo (III) [ci con valore indeterminato, nota mia] (impossibile *ve l'ho con te, *vi restammo male, ecc.). D'altra parte, nelle frasi dei gruppi (I) e (II), è abituale vi, anche parlando, in tutti i contesti che richiedano un certo livello di formalità. Così, risulterebbe innaturale dire, ad esempio: «il congresso si apre domani: ci prenderà parte anche il ministro» invece di «vi prenderà parte».