«...?» e «?...»

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Sandro1991
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«...?» e «?...»

Intervento di Sandro1991 »

Qual è la differenza (se esiste) tra le due grafie? Faccio due esempi dai Promessi Sposi: «Che dice di quel birbone...?», «S'io avessi avuto un nemico?... bastava che mi lasciassi intendere». Tutt'e due nel capitolo V, súbito dopo il IV capoverso.

Congetturo: magari con «...?» s'ha da conferire alla frase un tono di domanda meno marcato, dacché il punto interrogativo è posto dopo i puntini?

O c'è, fors'anche, una differenza semantica (oltre che d'intonazione)?

Termino qui le mie ipotesi, a voi la parola. :)
Ultima modifica di Sandro1991 in data sab, 31 dic 2011 16:04, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Qui ci vorrebbe il prontuario di punteggiatura della Garavelli... Il mio è giú in cantina, per andar nella quale mi occorre uscire; ma fuori c’è la neve. :(

Intanto, se ci può riportare le due frasi, potremmo cercare di analizzare l’intento espressivo (Manzoni era un maniaco dell’interpunzione, sicché non si può pensare a un errore tipografico).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Sandro1991
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Intervento di Sandro1991 »

Ecco il contesto.

Dopo l'incontro con l'avvocato delle cause perse, Renzo arriva a casa di Lucia, dove c'è già padre Cristoforo ch'è accorso a prestare aiuto alla malcapitata. Fermo sull'uscio, Renzo esordisce:

«Le hanno detto..., padre?» gli domandò Renzo, con voce commossa.
«Pur troppo; e per questo che sono qui.»
«Che dice di quel birbone...?»
«Che vuoi ch'io dica di lui? Non è qui a sentire: che gioverebbero le mie parole? Dico a te, il mio Renzo, che tu confidi in dio, e che Dio non t'abbandonerà.»

«Benedette le sue parole!» esclamò il giovane. «Lei non è di quelli che dan sempre torto a' poveri. Ma il signor curato, e quel signor dottor delle cause perse...»
«Non rivangare quello che non può servire ad altro che a inquietarti inutilmente. Io sono un povero frate; ma ti ripeto quel che ho detto a queste donne: per quel poco che posso, non v'abbandonerò.»
«Oh, lei non è come gli amici del mondo! Ciarloni! Chi avesse creduto alle proteste che mi facevan costoro, nel buon tempo; eh eh! Eran pronti a dare il sangue per me; m'avrebbero sostenuto contro il diavolo. S'io avessi avuto un nemico?... bastava che mi lasciassi intendere; avrebbe finito presto di mangiar pane. E ora, se vedesse come si ritirano...»
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Io percepisco le cose cosí: nel primo caso (puntini di sospensione + punto interrogativo) si ha un tono pacato e meditativo; nel secondo (punto interrogativo + puntini di sospensione), abbiamo una domanda esagitata (Renzo si accalóra – si notino tutti i punti esclamativi) seguita da un breve silenzio (quasi a riprender fiato). Questa è la mia interpretazione. Che ne pensa lei e che ne pensano gli altri?
Ultima modifica di Marco1971 in data sab, 31 dic 2011 18:39, modificato 2 volte in totale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Sandro1991
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Intervento di Sandro1991 »

Quel che ho detto torno a dire: il punto interrogativo posto dopo i puntini, a mio avviso, e, in accordo con quanto sostiene Marco, indica un tono di domanda poco marcato, meditativo. Se il punto interrogativo è messo prima (come se la vicinanza grafica del punto alla frase concorresse a imprimere forza illocutiva), percepisco un tono piú marcato, una domanda piú incalzante e, prosodicamente, piú forte.

Marco, non so cosa vuol dire esacitata, nol trovo da nessuna parte. :oops:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sandro1991 ha scritto:Marco, non so cosa vuol dire esacitata, nol trovo da nessuna parte. :oops:
Refuso corretto. Era esagitata. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Sandro1991
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Intervento di Sandro1991 »

Marco1971 ha scritto:Era esagitata. :)
Adesso l'ho trovato. :D

A ogni modo, ufficializziamo l'esegesi? :)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sandro1991 ha scritto:A ogni modo, ufficializziamo l'esegesi? :)
Aspettiamo forse qualche altro parere. E se non ci sarà, aggiudicato! :D
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Non è sempre facile interpretare i puntini dei discorso diretto: da una parte sono la rappresentazione grafica, per l'occhio, del silenzio (un'interruzione o una pausa), dall'altra sono un invito a completare il senso della frase: in quest'ottica, per me, prima del punto interrogativo, sono un invito a completare la frase per comprenderne il senso; dopo, invece, sono un invito a cogliere il senso che invece trascende la domanda in sé come mero espediente comunicativo.
Ovviamente non ho fonti a supporto di questa mia personalissima tesi, che trovo anche poco applicabile al caso presentato.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

L’interpretazione può fondarsi soltanto sul contesto narrativo e sulle parole scelte dall’autore per far capire i sentimenti dei personaggi. Si arriva per quella via a escludere certe valenze possibili dei puntini di sospensione.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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