Quindi per gli aggettivi derivati da sostantivi che finiscano in
-uale e
-uoso, si ha sempre iato
u-a-le e
u-o-so. Giusto?
Però nel forum di
Wordreference fanno notare che da una parte c'e sen-su-a-le /sen'su.a.le/ e dall'altra c'è sen-sua-li-tà /sen.swa.li'ta/.
Come spiegare questa differenza?
È molto simile alla questione della pronuncia di «viaggio» di cui ho aperto un filone in «Fonetica».
Purtroppo quando si ha una pronuncia diversa da quella normativa, è difficile dividere correttamente in sillabe... nel mio idioletto pronuncio «sensuale» e «viaggio» con «dittongo», cosí come la maggior parte delle parole con -iV- e -uV-, ad eccezione di cru-ento e du-e/du-ale.
Ma io sono un caso a parte visto che «dittonghizzo» perfino -eV-, ad esempio
linea /'linja/ e
geografia /dʒogra'fia/.
Però a differenza di «sensuale», «viaggio» mantiene lo iato /vi.a-/ anche nei derivati come ad esempio «viaggiatore» (nella pronuncia normativa e in quella centromeridionale).
Qui c'è un articolo dell'Accademia della Crusca:
Divisione in sillabe che però contiene alcune inesattezze: considera
viag-gio bisillabo, e scrive
cent-ti-na-io [
sic].
L'utente che ha aperto quel filone era interessato alla divisione in sillabe per questioni di metrica. Mi pare di aver capito che in certi casi la metrica è abbastanza liberale per la divisione in sillabe.
Ad esempio, Carnby diceva che «viaggio» è bisillabo per i poeti settentrionali e trisillabo per quelli toscani.
Oppure poeti che rendono «piede» trisillabo aggiungendo la dieresi: «pïede».
Quindi esiste la dieresi per evidenziare graficamente la presenza di iato quando normalmente dovrebbe essere dittongo. Viceversa, esiste qualche espediente grafico per trasformare un iato in dittongo (es. viag-gio, sen-sua-le)?