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Il «che» polivalente
Inviato: sab, 28 lug 2012 19:45
di Zabob
Mi richiamo a
quest'articolo per fare un paio di osservazioni/domande agli esperti:
1) I primi due esempi e quelli dei punti 29-30 («vieni che ti pettino»; «vai a dormire che ne hai bisogno»; «prestami la penna che te la do subito»; «largo che passa la signora») riportano usi del "che" che (a differenza di tanti altri presentati) mi paiono legittimi e corretti, ma in cui io (sarà un vezzo, sarà perché mi sembra di essere più "preciso" nello scrivere) adopero sempre il "ché" al posto di "che" (in special modo in una frase come «vai a dormire
ché ne hai bisogno», in cui sento quel "ché" come il "residuo" di un "poiché", "giacché"...). Faccio male?
2) Non mi sembra che sia presente una frase in cui il "che" abbia una funzione equivalente a quella che ha nelle frasi «c'erano più malati
che sani», «quel portiere ha preso più goal in quella partita
che in tutte le altre in cui ha giocato», ecc. Perché non è contemplato fra gli usi del "che" polivalente?
Inviato: sab, 28 lug 2012 22:06
di Marco1971
Benvenuto, Zabob!
Per l’accentazione del
che, la forma
ché è di registro alto, sicché non s’adoprerebbe in frasi colloquiali come
vai a dormire che ne hai bisogno.
Il
che polivalente è cosí chiamato anche perché viene impiegato al posto d’una costruzione piú «propria», ad esempio al posto di
in cui in un esempio come
il giorno che c’incontrammo, ecc. Ma nelle comparative da lei citate, il
che è l’unica possibilità, ragion per cui non rientra negli usi del
che polivalente.

Inviato: sab, 28 lug 2012 22:53
di Zabob
Gentile Marco1971, la ringrazio per il benvenuto (in effetti, era il mio primo intervento) e per la cortese risposta.
Nello specifico: come rendere meno "colloquiale" (ovvero, con cosa sostituire il che polivalente) nella frase dell'esempio? Direi con «Va' a dormire: ne hai bisogno». È d'accordo?
Peraltro, mi sembra che in certi casi un "ché" accentato possa dare un diverso senso a una frase. Esempio:
«Gli scrisse che non aveva sue notizie da molto tempo» («Gli scrisse di non avere sue notizie da molto tempo»)
«Gli scrisse, ché non aveva sue notizie da molto tempo» («Gli scrisse, poiché non aveva sue notizie da molto tempo»)
Inviato: sab, 28 lug 2012 23:21
di Marco1971
Sí, ma la colloquialità non costituisce di per sé un difetto; anzi una frase come
Al tàlamo appropínquati: è d’uopo che tu prema le piume potrebbe, se compresa dall’interlocutore, essere presa solo come uno scherzo.

Sono d’accordo sulla soluzione della semplice soppressione del
che, sostituito, nello scritto, con i due punti, e nel parlato con una lieve pausa e l’intonazione acconcia.
È anche vero che il
ché accentato consente di disambiguare in certi casi, seppure qui la sola virgola tale ufficio adempie.
Inviato: sab, 22 set 2012 22:14
di PersOnLine
«Tu che sei nata dove c'è sempre il sole/sopra uno scoglio che ci si può tuffare» (Fabio Concato, Fiore di maggio), penso sia uno dei più conosciuti esempi di che polivalente nella musica leggera italiana; vorrei sapere l'opinione in merito del nostro gentile Marco: quant'è accettabile o condannabile quest'uso, in casi come questo?
Inviato: sab, 22 set 2012 22:56
di Marco1971
Il
che polivalente, in casi simili, appartiene ai due poli del letterario e del popolare; è escluso dalla lingua formale. Piú in generale, possiamo dire che la lingua neutra, l’italiano «inappuntabile», è quel tipo di lingua che consente meno libertà, perché governata da norme alquanto rigide, che sono quelle universalmente riconosciute in un dato periodo storico.
Nel testo della canzone, quel
che svolge una funzione espressiva che mancherebbe se al suo posto ci fosse
da cui: è proprio lo
scarto dalla regolarità e dalla prevedibilità uno degli ingredienti dello stile.

Inviato: sab, 22 set 2012 23:14
di Souchou-sama
Piccolo
fuori tema: giacché mi piace sempre dar contro a chi pensa che la poesia sia pura ispirazione impetuosa e sregolata [alla
Sturm und Drang, insomma], faccio notare come il testo citato da PersOnLine nasconda un alternarsi di quinari (entrambi di 1ª-4ª) e settenari (entrambi di 1ª-4ª-6ª). Meno «sregolato» di cosí…
Tu che sei nata
dove c’è sempre il sole,
sopra uno scoglio
che ci si può tuffare…
Inviato: dom, 23 set 2012 1:25
di PersOnLine
Essendo una canzone, penso sia d'obbligo una metrica ben precisa, ma non me ne intendo.
Inviato: dom, 07 ott 2012 0:38
di PersOnLine
«…e quell'aria da bambina/che non glielo detto mai/ma io ci andavo matto» (Cluadio Baglioni, Questo piccolo grande amore) anche in questo caso si tratta di che polivalente? Nel precedente veniva naturale la sostituzione con un più appropriato «da cui», in questo, invece, non mi sembra plausibile alcuna sostituzione.
Inviato: dom, 07 ott 2012 1:02
di Marco1971
...e quell’aria da bambina / che non gliel’ho detto mai...:
che polivalente relativo, cioè
di cui non le ho detto mai. È comune la ripresa pronominale con
lo in questi costrutti popolari
e poetici. Si veda
qui, accezione 2 e note in fondo alla voce.
Inviato: dom, 07 ott 2012 2:04
di PersOnLine
Marco1971 ha scritto:...e quell’aria da bambina / che non gliel’ho detto mai...
Ho copiato la citazione direttamente da un sito di testi: non ho controllato nemmeno a controllare se fosse corretta.

Re: Il "che" polivalente
Inviato: lun, 08 ott 2012 11:52
di Bue
Zabob ha scritto:…sento quel "ché" come il "residuo" di un "poiché", "giacché"…
Questa spiegazione dell'accento su "che" a me non è mai "tornata" fin dalle elementari (anche se allora era per un altro motivo, legato alla pronuncia nordica: ci insegnavano a pronunciare "ché" con la è aperta del *perchè* nordico, e quindi mi risultava una parola totalmente artificiosa e fasulla).
Ma ora continua a non tornarmi per un altro motivo. Perché mai dovrebbe essere il "residuo" di "giacché" o "cosicché" o "perché", quando queste sono univerbazioni di "gia` che", "cosi` che", e "per che" in cui la parola originaria era "che" non accentato, e l'accento grafico ha solo lo scopo di riprodurre l'accento tonico nel polisillabo?
Inviato: lun, 08 ott 2012 12:13
di Ferdinand Bardamu
Infatti non si tratta di una forma aferetica di
perché e simili. Cito dal
Treccani (sottolineature mie):
ché cong. – È la cong. che, adoperata col senso di perché (interrogativo o causale), e scritta con l’accento perché pronunciata con tono vibrato: padre mio, ché non m’aiuti? (Dante)
Inviato: lun, 08 ott 2012 14:26
di Bue
aah! quindi va letta con la "e" chiusa ma vibrata
Battute a parte, se non capisco male va scritta con l'accento appunto quando e` usata in tono enfatico... Nella frase colloquiale "Scappo che sono in ritardo", io il tono vibrato non ce lo vedo, e l'accento non ce lo metto! Faccio bene?
Inviato: lun, 08 ott 2012 22:06
di Marco1971
Fa benissimo.
