«Dove» con valore relativo temporale
Inviato: lun, 03 gen 2005 1:22
Nell’italiano antico, dove aveva anche — seppure le attestazioni siano poche — valore temporale. Ne propongo tre esempi:
«Presso era ’l tempo dove Amor si scontra
con Castitate, et agli amanti è dato
sedersi inseme, et dir che lor incontra.»
(Petrarca, Canzoniere, 315, 9-11; 1304-1374)
«E presso a noi altri la Luna è detta comunemente di quel mese dove fornisce, secondo quel verso: In quo completur mensi lunatio detur.»
(Garzoni, La piazza universale, Disc. VI.6; 1589)
«Esso è veramente un lavoro compito, e l’Europa le è debitrice di un poeta, finora quasi ignoto, e vissuto in un secolo dove la poesia fu cosí rara. Tutte le opinioni e le congetture da Lei esposte in questa nuova edizione, mi persuadono pienamente.»
(Leopardi, Lettere, 317, a B. G. Niebuhr; 1824)
I dizionari di oggi non riportano questa valenza di dove, tranne, naturalmente, il Battaglia (e il Tommaseo), che gli dà la marca d’uso «Ant.», cioè «antico». Eppure si leggono — e si sentono — spesso frasi come:
«…con temperature elevate soprattutto nel fine settimana dove sono stati raggiunti e superati i 30°C» o
«Settembre è il mese dove ogni giocatore dà tutto quello che gli è rimasto dopo una lunga ed estenuante stagione, il mese dove ogni partita è una finale…»
Questi esempi tratti da internet sembrano testimoniare una generalizzazione del dove temporale invece dell’in cui/nel quale che almeno io mi sarei aspettato. Ritorno alle origini? Ne dubito. Influsso del francese o di qualche dialetto? Forse. Che ne pensate?
A me, fuori della poesia o d’una prosa letteraria particolarmente raffinata, non piace affatto: diventa insulso, e preferirei, nei casi in cui è possibile, il piú elegante «che polivalente».
«Presso era ’l tempo dove Amor si scontra
con Castitate, et agli amanti è dato
sedersi inseme, et dir che lor incontra.»
(Petrarca, Canzoniere, 315, 9-11; 1304-1374)
«E presso a noi altri la Luna è detta comunemente di quel mese dove fornisce, secondo quel verso: In quo completur mensi lunatio detur.»
(Garzoni, La piazza universale, Disc. VI.6; 1589)
«Esso è veramente un lavoro compito, e l’Europa le è debitrice di un poeta, finora quasi ignoto, e vissuto in un secolo dove la poesia fu cosí rara. Tutte le opinioni e le congetture da Lei esposte in questa nuova edizione, mi persuadono pienamente.»
(Leopardi, Lettere, 317, a B. G. Niebuhr; 1824)
I dizionari di oggi non riportano questa valenza di dove, tranne, naturalmente, il Battaglia (e il Tommaseo), che gli dà la marca d’uso «Ant.», cioè «antico». Eppure si leggono — e si sentono — spesso frasi come:
«…con temperature elevate soprattutto nel fine settimana dove sono stati raggiunti e superati i 30°C» o
«Settembre è il mese dove ogni giocatore dà tutto quello che gli è rimasto dopo una lunga ed estenuante stagione, il mese dove ogni partita è una finale…»
Questi esempi tratti da internet sembrano testimoniare una generalizzazione del dove temporale invece dell’in cui/nel quale che almeno io mi sarei aspettato. Ritorno alle origini? Ne dubito. Influsso del francese o di qualche dialetto? Forse. Che ne pensate?
A me, fuori della poesia o d’una prosa letteraria particolarmente raffinata, non piace affatto: diventa insulso, e preferirei, nei casi in cui è possibile, il piú elegante «che polivalente».