caixine ha scritto:Nel latino tardo, il colore
porpora è detto anche
blatta; vedasi la voce
blattarius = oscuro.
Blatta, nella lingua italiana è il nome dello scarafaggio, delle piattole;
blatta(m) in latino mi pare significhi anche
tignola.
Ed è in questo ambito che forse acquista più senso
l'ipotesi etimologica di G. Semerano.
A parte che non m'è ben chiaro lo sviluppo da una sequenza
bl…t a una
p…r…s, a me pare che non si tenga conto di quanto s'è detto sopra, cioè che:
- persus con ogni probabilità deriva da persĭcus come poenus da poenĭcus
- le vesti di color perso, in antichità, provenivano dalla Persia
In piú, anche se facessimo risalire
persus a
pressus, con metatesi, non ci sarebbe legame con l'insetto, ché
pressus è il participio passato, in funzione aggettivale, di
prĕmo. Potrebbe quindi spiegare come, secondo lei, l'«ipotesi etimologica di G. Semerano» si collega con l'ipotesi di derivazione da un nome geografico?
P.S.
Blattarius non significa affatto ‹oscuro›. È un aggettivo di relazione: ‹relativo alle blatte›. Solo in unione con
balneum, può voler dire ‹buio›, in un certo senso, perché le blatte evitano la luce. Che non significhi propriamente ‹oscuro› si può ricavare da questo brano di Seneca: «
In hoc balneo Scipionis minimae sunt rimae magis quam fenestrae muro lapideo exsectae, ut sine iniuria munimenti lumen admitterent; at nunc blattaria vocant balnea, si qua non ita aptata sunt, ut totius diei solem fenestris amplissimis recipiant…» (Sen.
Ep. 86, 7) [‹In questo bagno di Scipione, piú che vere e proprie finestre, ci sono fessure ricavate nel muro di pietra, acciocché la luce possa entrare senza rovinare la struttura; ma questi li chiamano
bagni da blatte se non son cosí fatti da far filtrare la luce del sole attraverso amplissime finestre…›].
In Plinio c'è una spiegazione «scientifica» di quanto detto sopra («
e contrario tenebrarum alumna blattis vita, lucemque fugiunt in balinearum maxime umido vapore prognatae», ‹d'altra parte, le blatte ricercano i posti bui, e fuggono la luce: si riproducono soprattutto nei bagni, dagli umidi vapori che di colà esalano›,
Nat.
Hist. 11, 28, 34, § 99), e poi l'attestazione dell'aggettivo
blattarius: «
Est similis verbasco herba, quae saepe fallit pro ea capta, foliis minus candidis, cauliculis pluribus, flore luteo. haec abiecta blattas in se contrahit ideoque Romae blattaria vocatur» (Plin.
Nat.
Hist. 25, 9, 60, § 108) [‹C'è una pianta che assomiglia molto al verbasco, sicché quella è sovente còlta al posto di questa per errore. Le sue foglie, però, non son cosí bianche; ha numerosi steli; il fiore è giallo. Se gettata a terra, questa pianta attrae le blatte, e per questo motivo a Roma la chiamano
blattaria›]. Insomma, la caratteristica dell'«oscurità» piú che alla blatta e alla sua livrea è semmai dovuta alle abitudini di questo insetto.