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Romanico

Inviato: ven, 07 lug 2006 14:52
di miku
Salute! Chi mi trasforma il passo che segue in buon romano, la cui ortografia mi è ignota?

‘a Gerbà, scenni dar pero; s’aspettiamo i fijji de tu moje famo prima a fabbricacceli de ferro; manco coll’inseminazione in vitro se pò fà quarcosa; secche le tube, arse l’ovaie, nulla più cresce: rien ne va plus

Un caro saluto a tutti,

Miku

Inviato: ven, 07 lug 2006 15:14
di Incarcato
Non sono romano, ma intanto suggerirei de fero...

Dario, forse, potrebbe aiutare.

Re: Romanico

Inviato: ven, 07 lug 2006 16:26
di Uri Burton
miku ha scritto:Salute! Chi mi trasforma il passo che segue in buon romano, la cui ortografia mi è ignota?

‘a Gerbà, scenni dar pero; s’aspettiamo i fijji de tu moje famo prima a fabbricacceli de ferro; manco coll’inseminazione in vitro se pò fà quarcosa; secche le tube, arse l’ovaie, nulla più cresce: rien ne va plus

Un caro saluto a tutti,

Miku
Ci provo, nel romano "aulico" (vale a dire, pronunciato con la zeppola):

a Gerbà, scegni dar pero; s'aspettamio i fijji de tu moje famio prima a fabbricacceli de fero; manco coll'inzemminazzione ner vetro se pò fa quarcosa; arinzeccate le ovajje, uncresce più gnente...

Salutoni,

Re: Romanico

Inviato: sab, 08 lug 2006 8:36
di miku
Uri Burton ha scritto: Ci provo, nel romano "aulico" (vale a dire, pronunciato con la zeppola):

a Gerbà, scegni dar pero; s'aspettamio i fijji de tu moje famio prima a fabbricacceli de fero; manco coll'inzemminazzione ner vetro se pò fa quarcosa; arinzeccate le ovajje, uncresce più gnente...

Salutoni,
Grazie Uri Burton (e grazie anche a te Incarcato!):

questo è il romano in una sua trascrizione semifonetica? Questo breve passo è però pensato per la scrittura, è un estratto di un'opera narrativa, e dovrebbe essere impiegato il romano in una forma dall'ortografia cristallizzata. Quindi qualche domanda:

a) s'aspettamio o s'aspettamo
b) fijji o fiji
c) famio e ovajje, come sopra
d) uncresce o 'un cresce
e) tutte le zeppole, bisogna segnalarle?

Questo chiede Miku, romanofilo, attintore di fonemi romanici, a Uri Burton.

ROMANESCO

Inviato: sab, 08 lug 2006 12:19
di Uri Burton
Ecco le risposte di Uri Burton, accanito romanofobo, a Miku, illustre romanofilo.

TRASCRIZIONE SEMIFONETICA: sì, ma a quanto mi risulta non c’è una forma grafica consolidata.

S'ASPETTAMIO O S'ASPETTAMO. s'aspettamio per parlanti nati prima della Grande Guerra. Personalmente userei s'aspettamio se si tratta di narrativa autoriale (cosa comune in Italia dato che gli scrittori usano spesso i deittici come li userebbe il Sapegno) e s'aspettamo (a) nei dialoghi in ogni caso e (b) anche nella narrativa se si tratta d’una messa a fuoco (cioè se il narratore, sia in prima sia in terza persona, è sempre un personaggio, come avviene ad esempio, salvo che in un capitolo, in The English Patient di Michael Ontatje).

FIJJI O FIJI: uguale (dipende dal parlante indipendentemente dall’età.)

FAMIO E OVAJJE: come sopra

UNCRESCE O 'UN CRESCE: meglio sarebbe ’ncrésce.

ZEPPOLA: no. Intendevo, scherzando, quel modo di parlare come se si avesse un pezzetto di legno in bocca.

Buona romanata.

Inviato: sab, 08 lug 2006 15:52
di Marco1971
Si possono anche ricavare alcune convenzioni grafiche dalle poesie di Trilussa e di Belli.

Ad esempio, mi sembra che la /j/ venga scritta (e pronunciata, se non erro) scempia e non doppia (fijo e non fijjo). Ma non sono esperto di romanesco...

Inviato: dom, 09 lug 2006 13:57
di miku
Ringrazio li amici. Ora giro anche altrove la quaestio, vi farò sapere quale forma verrà scelta.

Inviato: ven, 22 set 2006 14:17
di primastrega
Da romana d' adozione, segnalo solo:

‘a Gerbà, scenni dar pero; s' aspettamo li fiji de tu' moje famo prima a fabbricacceli de fero; manco coll’inseminazione ‘n vitro se pò fà quarcosa; secche le tubbe, arse l’ovaje, nulla (o gnente) più cresce: rien ne va plus (o riennevaplù).

Per quanto riguarda la frase "nulla più cresce":
Uri Burton ha scritto:uncresce più gnente...
UNCRESCE O 'UN CRESCE: meglio sarebbe ’ncrésce.
molto meglio 'ncrésce (o, direttamente: nun cresce)
Potrebbe anche essere:
"gnente aricresce"
Miku ha scritto:Ringrazio li amici.
In questo caso opterei per l'amici o, anche, l'amichi.
L'articolo li (plurale di er ) si usa, di solito, prima di una consonante. Es: er gatto, li gatti.

Inviato: dom, 02 set 2007 12:24
di Zefiro
Marco1971 ha scritto:Si possono anche ricavare alcune convenzioni grafiche dalle poesie di Trilussa e di Belli.

Ad esempio, mi sembra che la /j/ venga scritta (e pronunciata, se non erro) scempia e non doppia (fijo e non fijjo). Ma non sono esperto di romanesco...
Esatto, mi sembra che le lingue del Belli e del Trilussa siano, in un certo senso, paradigmatiche.
Il Belli descrive molto precisamente i fenomeni fonetici, e avrebbe potuto scrivere fijjo; la sua lingua è una riproduzione assai fedele della parlata del popolo.
Il romanesco del Trilussa appare invece piú "alto" ed epurato; se vogliamo, impoverito anche lessicalmente. Ricorda, cioè, quello che Alberto Sordi :D chiamava "un accento", piuttosto che un dialetto.

Ad esempio il Belli avrebbe potuto scrivere:
A' Ggerbà, sscenni dar pero; s'aspettamo li fijji de tu' mojje famo prima a ffabbricacceli de fero; manco coll'inzeminazzione in vitro se pò ffà qquarcosa; secche le tubbe, arze l'ovajje, nun cressce piú ggnente: riennevaplú
Il Trilussa invece avrebbe certamente scritto:
A' Gerbà, scenni dar pero; s'aspettamo li fiji de tu' moje famo prima a fabbricacceli de fero; manco co' l'inseminazzione in vitro se pô fa' quarcosa; secche le tubbe, arse l'ovaje, nun cresce piú gnente: riennevaplú
La pronuncia di /j/ credo sia oscillante quando esso segue il fonema /i/, col quale può fondersi anche per esigenze di rima. Es.: Cinquanta er mostro che ve porta via, / quarantasette li parenti vostri, / trentadue l'accidente che ve pîa (Trilussa).

Inviato: mer, 05 set 2007 11:23
di Infarinato
Zefiro ha scritto:Il Belli descrive molto precisamente i fenomeni fonetici, e avrebbe potuto scrivere fijjo
E infatti cosí fa… :)
Zefiro (grassetto mio) ha scritto:A Ggerbà…
Questo è interessante: il Canepàri afferma che l’«a vocativo» è ageminante in romanesco (almeno in quello di Roma città), ma anch’io ho nell’orecchio entrambe le possibilità…

Ricapitolando su /j/ intervocalico (anche qui cito a memoria dal Canepàri): è sempre doppio quando corrisponde a /LL/ (cioè gl) toscano/italiano (anche se la struttura sillabica è lievemente diversa in romanesco), e.g. paglia ['pa·jja, 'paj:ja], ma può essere anche scempio quando corrisponde a /j/ italiano, e.g. paia ['pa·jja, 'paj:ja, 'pa:ja].