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«La qualunque»
Inviato: ven, 26 ott 2012 17:35
di Ferdinand Bardamu
Ultimamente leggo sempre piú spesso l'espressione la qualunque, col significato di ‹qualunque cosa›. Si tratta di un uso recentissimo, che, personalmente, ho trovato quasi solo sul sito Dagospia.
Forse l'origine è da rinvenire nel cognome di un celebre personaggio del comico Antonio Albanese, Cetto La Qualunque; non è un caso che la maggior parte dei risultati ricorra in contesti ironici o polemici:
Hanno "riformato il lavoro" e votano la qualunque pur di tenersi stipendio e indennità. [Dagospia]
ANZICHE’ MANDARE A CASA I POLITICI POLITICANTI, LOR SIGNORI SI DIVERTONO A TASSARE LA QUALUNQUE [Dagospia]
C'è sempre un'effervescenza femminile intorno a Berlusconi che produce la qualunque. [La Repubblica, «Angelino deve strappare come Renzi o per il partito sarà la morte cerebrale», 20 ottobre 2012]
Non elimineremo l'impertinenza ma eviteremo di scrivere la qualunque, il "n'importe quoi". [A (rivista), articolo di Maria Latella, 24 gennaio 2012]
Oltre alla connotazione scherzosa, ironica e sim., si nota una cert'aria di trascuratezza, indifferenza o noncuranza che accompagna il significato di quest'espressione. Sgrammaticatura a parte – ch'è per altro voluta – come giudicate questa novità?
Inviato: ven, 26 ott 2012 18:34
di Marco1971
A me non disgarba, e lo giustificherei grammaticalmente nella seguente maniera:
1. Passaggio dal dimostrativo all’articolo determinativo (v. sotto; ricordiamoci che l’articolo deriva dal dimostrativo);
2. Ellissi di ‘cosa’ o semplice pronominalizzazione.
Qualunque può essere preceduto da un dimostrativo, come ci dice il Battaglia:
In relazione con un agg. dimostrativo per esprimere indifferenza o disinteresse per le caratteristiche specifiche e distintive dell’elemento a cui si riferisce.
Taglio le citazioni (ché l’allenamento m’ha stancato

):
Essendo queste mie qualunque fatiche mal limate... (Segneri)
...leggendo questa mia qualunque scrittura... (Genovesi)
...e prendere quella qualunque terra che sentiano vicina. (Cesari)
Quella qualunque raccolta non era ancor finita di riporre... (Manzoni)
...quel qualunque loro valore non ha alcun rapporto con l’indole... (Einaudi)
Accoglierei allora
la qualunque (mi sovviene anche del capitolo 2 del romanzo di Boine
Il peccato, intitolato
La qualunque avventura) come un’innovazione espressiva di loquace laconismo.

Inviato: ven, 26 ott 2012 18:53
di Ferdinand Bardamu
Concordo pienamente col tuo giudizio e ti ringrazio per la tua attenta analisi. Possiamo dunque trovare una valida giustificazione grammaticale – benché a posteriori: son quasi certo che questa sorta di pronominalizzazione sia legata al successo del personaggio di Albanese – a quest'innovazione. L'italiano è insidiato dall'inglese ma è ancora ben vivo.
AGGIORNAMENTO
Mi correggo: ho trovato esempi che parrebbero ridimensionare la mia ipotesi di derivazione.
All'ombra di una possibile ripresa delle trattative con Air France, il fronte dei piloti Alitalia è compatto su una linea prudente: rimettersi al tavolo a discutere, ma non ammainare bandiera firmando la qualunque perché «questo non l'accetteremmo mai». [
La Repubblica, «I piloti scavano l'ultima trincea | Serve ancora una trattativa», aprile 2008]
«Era meglio discuterne tra noi e decidere insieme, non scoprirlo a mezzo stampa, sono colpito. Mi sa che ci vuole una commissione di inchiesta su come si fanno le commissioni di inchiesta, altrimenti da domani chiunque è legittimato a proporre la qualunque». [
Corriere della Sera, «“Commissione sulla società segreta” | Ma la Bindi trova pochi consensi», 25 luglio 2010]
Poi passa al caso Schifani. «È indagato per mafia» accusato da Gaspare Spatuzza, «una persona che ha sulle spalle 40 omicidi, è al soldo dei pm ed è capace di dire la qualunque su ordine dei pm». [
Corriere della Sera, «Berlusconi, affondo anti magistrati | “Ora commissione d' inchiesta”», 4 ottobre 2010]
Nei momenti di disperata caccia alla notizia, tipici della professione, Rita chiamava appunto Gasparri: «Maurì, dimme qualche cosa, dimme la qualunque». [
Corriere della Sera, «Fini cambia il portavoce | Una donna dopo Sottile», 15 luglio 2006]
Ora, il filme
Qualunquemente che ha sancito il successo del personaggio di Albanese è del 2011; la prima comparsa di Cetto La Qualunque in tivvú risale al 2003.
Potrebbe pure essere che lo stesso Albanese non abbia fatto altro che riprendere una forma che sentí da qualche parte, in uso in particolari ambienti o aree geografiche.
Un'altra possibilità è lo sviluppo spontaneo. Come ha dimostrato Marco, è una possibilità ínsita nella lingua stessa.
Inviato: sab, 27 ott 2012 2:10
di .Silvia.
Si tratta semplicemente di un'espressione romana. Il cognome La Qualunque è stato proprio preso da questa espressione, non viceversa. Cetto La Qualunque è un personaggio che tenta di farsi strada nel mondo della politica, il cui fulcro è proprio Roma.
Inviato: sab, 27 ott 2012 7:51
di Ferdinand Bardamu
Mi era venuto il sospetto che fosse cosí, leggendo l’ultimo esempio che ho riportato. La ringrazio tanto.

Inviato: sab, 27 ott 2012 12:40
di Marco1971
L’espressione ha comunque varcato i confini della capitale se, come vediamo dagli esempi di Ferdinand, la troviamo sulle pagine del
Corriere della Sera.

Re: «La qualunque»
Inviato: ven, 19 lug 2019 9:40
di Bue
Ero per l'appunto tentato di usarlo in una traduzione, per rendere "theory of anything at all" contrapposto a "theory of everything", volevo usare "teoria della qualunque", che mi sembra più efficace di "teoria di qualunque cosa". Ma si tratta di un autore per cui non vale la pena lambiccarsi il cervello per finezze stilistiche.
Saluti
Re:
Inviato: mer, 27 mag 2020 21:33
di Tecumseh
.Silvia. ha scritto: sab, 27 ott 2012 2:10
Si tratta semplicemente di un'espressione romana. Il cognome La Qualunque è stato proprio preso da questa espressione, non viceversa. Cetto La Qualunque è un personaggio che tenta di farsi strada nel mondo della politica, il cui fulcro è proprio Roma.
Registro tuttavia che Renata Pucci di Benischi, in
Trenta e due ventotto (Palermo, Sellerio, 2004), tratteggia
la qualunque in uno dei vari capitoletti dedicati — cito dalla pagina di presentazione del libro — ai « modi di dire, [al]le storpiature della lingua, usati inconsapevolmente dai siciliani come se fossero italiano corretto ».