Dizionari della lingua italiana
Inviato: mar, 11 lug 2006 2:35
Propongo qui una mia personale valutazione dei dizionari italiani al fine di «guidare» chi, indeciso, approdasse a queste plaghe. Non possiedo l’ultima versione di tutti, e indico tra parentesi l’edizione cui fo riferimento; senza data le edizioni finora uniche o, nel caso del Dardano, senz’indicazione della data (!). Ogni commento sarà gradito.
Battaglia (1961-2003)
Dizionario storico della nostra lingua, in ventun volumi piú un supplemento (e l’indice degli autori), costituisce un monumento della lessicografia italiana. Permette di seguire la storia d’ogni singola parola attraverso le doviziose citazioni letterarie. È particolarmente minuziosa la cura nelle definizioni, che danno conto dell’ampio ventaglio semantico d’ogni vocabolo. Acquistabile, a un prezzo pari al valore dell’opera, presso le agenzie UTET.
Dardano (?)
Preciso, per gli stranieri che ci seguono, che si pronuncia Dàrdano. Un vocabolario di taglio tradizionale, dal lemmario ricco, ma senza tratto distintivo. L’esemplificazione non è abbondante, ma soddisfacente. Direi che l’interesse di questo dizionario risiede negli articoli linguistici, inserti di notevole fattura e interesse.
De Agostini (già Sàndron) (1990)
Forse l’ultimo dizionario a avvertire il consultatore sulla norma, è un’opera pregevole e precisa, con una buona esemplificazione e degli inserti (riquadri) che spiegano le differenze tra sinonimi (per es. inabile/inetto, invenzione/scoperta, caparbio/cocciuto/irremovibile/ostinato/pervicace/testardo). Magari non registra l’ultima americanata, ma per l’italiano è accuratissimo.
De Felice-Duro (1993)
Il mio professore (dovrei dire Maestro) lo definiva «il frutto migliore della lessicografia italiana dei nostri tempi». Considerarlo solo l’editio minor del Treccani sarebbe ingiusto: è un’opera mirabile, dall’esemplificazione abbondante, e dalle definizioni non solo accurate ma anche provviste di calibrate indicazioni sull’àmbito d’uso. Per l’ampia trattazione delle voci, il lemmario è però (e per forza) piú ridotto rispetto alla media dei vocabolari monovolume.
De Mauro (2000)
Offre una trattazione oculata dell’uso e dà ampio spazio alle polirematiche, ossia sintagmi fissi, sequenze non alterabili (come limite di guardia, per es.) alla fine della trattazione d’una voce. È senza dubbio il dizionario monovolume piú ricco di lemmi. Da rimproverare il lassismo nei confronti degli errori piú diffusi: non è questo, secondo me, il ruolo d’un vocabolario. Consultabile in linea (senza l’etimologia e altre cose). Riduzione del GRADIT in sei volumi e un supplemento, che contiene soprattutto parole forestiere.
Devoto-Oli (2004-2005)
Leggendario per le sue definizioni quasi letterarie, quest’edizione non vien meno alla tradizione se non in piccole cose, come gli scarsi rimandi dai forestierismi agli equivalenti italiani e nell’omettere alcune indicazioni di pronuncia (del che mi meraviglio: clamorosa l’omissione di [io] centellíno a favore dell’unico, e forviante, [io] centèllino). Rimane comunque un eccellente dizionario. La versione in due volumi registra termini scientifici che non si trovano altrove.
DIR (Dizionario Italiano Ragionato)
Questo è particolare. Registra le parole per famiglie. Per esempio, sotto il lemma principale imprevedere, trovate raggruppati (con relativa trattazione) imprevedibile, imprevedibilità, imprevedibilmente, impreveduto, imprevidente, imprevidenza, imprevisto, improvido, improvvidamente, improvvidenza, improvvido, improvvisamente. Interessanti le definizioni dei termini piú propriamente culturali.
Gabrielli (1989, edizione in due volumi; diversa quella, postuma, monovolume)
L’ho detto e ridetto: l’ultimo dizionario normativo, purtroppo ora difficilmente reperibile sul mercato. Preziose le informazioni sulle reggenze, e assolutamente straordinaria per dovizia l’esemplificazione, quasi sempre d’autore. Il dizionario per chi vuole risposte certe.
Garzanti (1987)
Da allora a oggi rimane un dizionario buono (meglio prima, però). C’è poco da dire, anche perché è consultabile in linea (mediante registrazione gratuita) e ognuno se ne può fare un giudizio. Dispiace solo che al rigore scientifico debbano cedere le necessità commerciali legate alla registrazione strombazzantemente pubblicizzata di quelle voci americane che tutti conoscono o fingono di conoscere.
Palazzi (1986)
Di stampo puristico, dalle definizioni scarne e dalla scarsa esemplificazione, ha tuttavia il pregio d’un apparato sinonimico e antonimico fra i migliori. Non so nulla dell’ultima edizione.
Sabatini-Coletti (1997)
Il dizionario che ho consigliato a molti. È particolarmente curato per quanto riguarda le reggenze verbali e le congiunzioni testuali. Buona l’esemplificazione e anche le note fuori testo in fin di voce. Per quel che vale la mia opinione, lo raccomando.
Zingarelli (1986)
Già lo dissi: i dizionari sono come i ristoranti, se cambia il cuoco cambia tutto. Lo Zingarelli fu il mio primo vocabolario e non posso dimenticarlo. L’undicesima edizione è bellissima anche per le trascrizioni fonetiche di Piero Fiorelli, che dà qualche variante. Non so quanto valga lo Zingarelli 2006.
Tirando le somme, oltre ai vocabolari consultabili in rete, mi sento di poter affermare che ogni amante della lingua dovrebbe possedere almeno uno dei dizionari non disponibili in rete gratuitamente. Solo il confronto e il gusto condurranno l’utente alla propria individuale scelta espressiva.
Ma di là da queste considerazioni va sottolineata una cosa: i dizionari e i loro utenti hanno visioni diverse del ruolo che esso ha da svolgere. Per i lessicografi, si tratta di «fotografare» la realtà linguistica; per gli utenti, si tratta, invece, di «affidarsi all’autorità del dizionario», che sancisce o condanna. Tra questi due estremi sarebbe auspicabile una via di mezzo: il raccomandare questo o quello. Se la libertà assoluta può anche essere un bene, una guida spassionata, per quei pochi che ogni tanto aprono un vocabolario, non può certo essere un male.
Battaglia (1961-2003)
Dizionario storico della nostra lingua, in ventun volumi piú un supplemento (e l’indice degli autori), costituisce un monumento della lessicografia italiana. Permette di seguire la storia d’ogni singola parola attraverso le doviziose citazioni letterarie. È particolarmente minuziosa la cura nelle definizioni, che danno conto dell’ampio ventaglio semantico d’ogni vocabolo. Acquistabile, a un prezzo pari al valore dell’opera, presso le agenzie UTET.
Dardano (?)
Preciso, per gli stranieri che ci seguono, che si pronuncia Dàrdano. Un vocabolario di taglio tradizionale, dal lemmario ricco, ma senza tratto distintivo. L’esemplificazione non è abbondante, ma soddisfacente. Direi che l’interesse di questo dizionario risiede negli articoli linguistici, inserti di notevole fattura e interesse.
De Agostini (già Sàndron) (1990)
Forse l’ultimo dizionario a avvertire il consultatore sulla norma, è un’opera pregevole e precisa, con una buona esemplificazione e degli inserti (riquadri) che spiegano le differenze tra sinonimi (per es. inabile/inetto, invenzione/scoperta, caparbio/cocciuto/irremovibile/ostinato/pervicace/testardo). Magari non registra l’ultima americanata, ma per l’italiano è accuratissimo.
De Felice-Duro (1993)
Il mio professore (dovrei dire Maestro) lo definiva «il frutto migliore della lessicografia italiana dei nostri tempi». Considerarlo solo l’editio minor del Treccani sarebbe ingiusto: è un’opera mirabile, dall’esemplificazione abbondante, e dalle definizioni non solo accurate ma anche provviste di calibrate indicazioni sull’àmbito d’uso. Per l’ampia trattazione delle voci, il lemmario è però (e per forza) piú ridotto rispetto alla media dei vocabolari monovolume.
De Mauro (2000)
Offre una trattazione oculata dell’uso e dà ampio spazio alle polirematiche, ossia sintagmi fissi, sequenze non alterabili (come limite di guardia, per es.) alla fine della trattazione d’una voce. È senza dubbio il dizionario monovolume piú ricco di lemmi. Da rimproverare il lassismo nei confronti degli errori piú diffusi: non è questo, secondo me, il ruolo d’un vocabolario. Consultabile in linea (senza l’etimologia e altre cose). Riduzione del GRADIT in sei volumi e un supplemento, che contiene soprattutto parole forestiere.
Devoto-Oli (2004-2005)
Leggendario per le sue definizioni quasi letterarie, quest’edizione non vien meno alla tradizione se non in piccole cose, come gli scarsi rimandi dai forestierismi agli equivalenti italiani e nell’omettere alcune indicazioni di pronuncia (del che mi meraviglio: clamorosa l’omissione di [io] centellíno a favore dell’unico, e forviante, [io] centèllino). Rimane comunque un eccellente dizionario. La versione in due volumi registra termini scientifici che non si trovano altrove.
DIR (Dizionario Italiano Ragionato)
Questo è particolare. Registra le parole per famiglie. Per esempio, sotto il lemma principale imprevedere, trovate raggruppati (con relativa trattazione) imprevedibile, imprevedibilità, imprevedibilmente, impreveduto, imprevidente, imprevidenza, imprevisto, improvido, improvvidamente, improvvidenza, improvvido, improvvisamente. Interessanti le definizioni dei termini piú propriamente culturali.
Gabrielli (1989, edizione in due volumi; diversa quella, postuma, monovolume)
L’ho detto e ridetto: l’ultimo dizionario normativo, purtroppo ora difficilmente reperibile sul mercato. Preziose le informazioni sulle reggenze, e assolutamente straordinaria per dovizia l’esemplificazione, quasi sempre d’autore. Il dizionario per chi vuole risposte certe.
Garzanti (1987)
Da allora a oggi rimane un dizionario buono (meglio prima, però). C’è poco da dire, anche perché è consultabile in linea (mediante registrazione gratuita) e ognuno se ne può fare un giudizio. Dispiace solo che al rigore scientifico debbano cedere le necessità commerciali legate alla registrazione strombazzantemente pubblicizzata di quelle voci americane che tutti conoscono o fingono di conoscere.
Palazzi (1986)
Di stampo puristico, dalle definizioni scarne e dalla scarsa esemplificazione, ha tuttavia il pregio d’un apparato sinonimico e antonimico fra i migliori. Non so nulla dell’ultima edizione.
Sabatini-Coletti (1997)
Il dizionario che ho consigliato a molti. È particolarmente curato per quanto riguarda le reggenze verbali e le congiunzioni testuali. Buona l’esemplificazione e anche le note fuori testo in fin di voce. Per quel che vale la mia opinione, lo raccomando.
Zingarelli (1986)
Già lo dissi: i dizionari sono come i ristoranti, se cambia il cuoco cambia tutto. Lo Zingarelli fu il mio primo vocabolario e non posso dimenticarlo. L’undicesima edizione è bellissima anche per le trascrizioni fonetiche di Piero Fiorelli, che dà qualche variante. Non so quanto valga lo Zingarelli 2006.
Tirando le somme, oltre ai vocabolari consultabili in rete, mi sento di poter affermare che ogni amante della lingua dovrebbe possedere almeno uno dei dizionari non disponibili in rete gratuitamente. Solo il confronto e il gusto condurranno l’utente alla propria individuale scelta espressiva.
Ma di là da queste considerazioni va sottolineata una cosa: i dizionari e i loro utenti hanno visioni diverse del ruolo che esso ha da svolgere. Per i lessicografi, si tratta di «fotografare» la realtà linguistica; per gli utenti, si tratta, invece, di «affidarsi all’autorità del dizionario», che sancisce o condanna. Tra questi due estremi sarebbe auspicabile una via di mezzo: il raccomandare questo o quello. Se la libertà assoluta può anche essere un bene, una guida spassionata, per quei pochi che ogni tanto aprono un vocabolario, non può certo essere un male.