Papà e mamma

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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ferdinand Bardamu ha scritto:È un uso tipicamente settentrionale. Il Rohlfs, al paragrafo citato da Serianni qui sopra, dice che: «[Nel Settentrione] termini di parentela son di norma privi di articolo» e fa proprio l’esempio del veneto so mama (=sua mamma).
Non è del tutto esatto. Anche qui in Toscana, accanto a la mi' mamma/i' mi' babbo, si dice mi' ma' e mi' pa' (usati generalmente senz'articolo).
Inoltre ricordo la poesia milanese di Carlo Porta La mia povera nonna la gh'aveva (in meneghino toscanizzato) e altri componimenti settentrionali con l'articolo espresso.
Ultima modifica di Carnby in data sab, 11 mag 2013 14:31, modificato 1 volta in totale.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Grazie per le risposte. Noto con un certo dispiacere - e non è la prima volta - che il mio italiano infantile era per certi versi più puro di quello attuale: si vede che sono stato esposto a esempi nocivi... :roll:
Tornando a bomba, per mamma e papà esiste anche un "grado zero" (né articolo né possessivo) per indicare la madre o il padre del soggetto della frase, e non è un uso propriamente settentrionale, come nel film In viaggio con papà (Sordi - Verdone) o in quest'altro forbitissimo esempio.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie della precisazione, Carnby. Ho tratto una conclusione un po’ affrettata dal Rohlfs. Ricopio altri passi del paragrafo, che mi pare chiariscano la questione:

Anche nei testi settentrionali antichi [come in quelli toscani] l’articolo non era ancora divenuto il compagno costante del pronome […]. Troviamo d’altro canto l’articolo coi nomi di parentela, per esempio l’antico genovese lo meo marí, antico lombardo el so fijo, dra mia matre, antico veneto la soa mojer, lo to pare. Oggi i dialetti settentrionali hanno condizioni assai somiglianti a quelle toscane.

Giacché la distribuzione non è cosí netta, è meglio dirla col Serianni: il costrutto senza articolo è diffuso «nell’italiano famigliare, specie fuor di Toscana».
Animo Grato ha scritto:Tornando a bomba, per mamma e papà esiste anche un "grado zero" (né articolo né possessivo) per indicare la madre o il padre del soggetto della frase, e non è un uso propriamente settentrionale
Sempre dal Serianni (IV.55):

Senza possessivo, l’uso formale richiede sempre l’articolo con i singenionimi [=nomi di parentela]. Ma per mamma, babbo e papà è piú comune l’omissione: «il mio viaggio con babbo», «l’opera che m’imprestò mamma» (esempi di G. Giusti, citati in MOISE 1878: 652), «Luisa sussurrò: – Mamma è qui» (Fogazzaro, Piccolo mondo antico, 46), «ragazzi, ora state buoni mentre papà studia» (Jahier, Ragazzo - Con te e con gli alpini). Si badi che l’omissione è possibile solo quando i singenionimi si riferiscano ai genitori del parlante o dell’interlocutore: non si potrebbe dire *mamma di Luigi non è venuta (ma: «la mamma di Luigi», ecc.).

Io, invece, direi la mamma e il papà.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Mi accorgo di avere cambiato abitudini: una trentina d'anni fa usavo l'articolo, ora non più. Non ne capisco la ragione, ma oggi mi suona strano "il mio babbo". Ricordo che lo dicevo una volta, ma non trovo ambiti in cui mi verrebbe spontaneo dirlo.

Per quanto riguarda il "grado zero", questo secondo me funziona se e solo se si è all'interno della famiglia. Esempio, chiedo a mia mamma "Quando torna babbo?".
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

valerio_vanni ha scritto:Mi accorgo di avere cambiato abitudini: una trentina d'anni fa usavo l'articolo, ora non più. Non ne capisco la ragione, ma oggi mi suona strano "il mio babbo". Ricordo che lo dicevo una volta, ma non trovo ambiti in cui mi verrebbe spontaneo dirlo.
È la stessa cosa che è successa a me. Forse è a causa delle influenze "settentrionaleggianti" (o comunque extra-toscane) irradiate dalla lingua televisiva, ma sospetto che in parte dipenda proprio dal fatto che "mamma e papà" stanno soppiantando "madre e padre" anche laddove una certa formalità del contesto li richiederebbe. E a forza di presenziare a queste occasioni ufficiali, "mamma e papà" hanno perso quella sfumatura di intimità, di tenerezza che prima li contraddistingueva. La recuperano solo quando sono preceduti dal binomio "articolo + possessivo". Tanto che arriverei a dire che la vera opposizione oggi non è più tra mia mamma e mia madre, ma tra la mia mamma e mia mamma: avverto pochissima differenza tra "voglio bene a mia mamma" e "voglio bene a mia madre" (che userei indifferentemente per descrivere un sentimento in modo oggettivo, e pronuncerei senza particolare coinvolgimento, anche rispondendo a quei sondaggi in cui si spiattellano in pubblico i fatti propri), mentre "voglio bene alla mia mamma" è tutto un altro paio di maniche: è esporsi completamente, è una dichiarazione da fare solo quando ci si trova con una persona cara, è una frase che conserva intatto tutto il suo carico di emozioni, che quasi mi vergogno ad averla scritta in un forum.
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Intervento di Infarinato »

Carnby ha scritto:
Ferdinand Bardamu ha scritto:È un uso tipicamente settentrionale. Il Rohlfs, al paragrafo citato da Serianni qui sopra, dice che: «[Nel Settentrione] termini di parentela son di norma privi di articolo» e fa proprio l’esempio del veneto so mama (=sua mamma).
Non è del tutto esatto. Anche qui in Toscana, accanto a la mi' mamma/i' mi' babbo, si dice mi' ma' e mi' pa' (usati generalmente senz'articolo).
Direi: sempre senz’articolo… ma [perlomeno in Toscana] mi’ ma’ e mi pa’ sono le apocopi di mia madre e mio padre, non certo d’impossibili *mia mamma e *mio papà (cfr. invece: il mi’ babbo, la mi’ mamma, il mi’ figliolo, la mi’ sorella, il tu’ cognato, etc.). ;)
Carnby ha scritto:Inoltre ricordo la poesia milanese di Carlo Porta La mia povera nonna la gh'aveva (in meneghino toscanizzato) e altri componimenti settentrionali con l'articolo espresso.
L’esempio non è pertinente, ché «[l]a presenza del possessivo non elimina l’articolo dai sintagmi in cui il nome di parentela sia accompagnato da un aggettivo: ‹il mio caro fratello›, ‹la mia vecchia nonna›» (Serianni 1989, IV.54).
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Intervento di Carnby »

Infarinato ha scritto:Direi: sempre senz’articolo… ma [perlomeno in Toscana] mi’ ma’ e mi pa’ sono le apocopi di mia madre e mio padre, non certo d’impossibili *mia mamma e *mio papà
Certamente sì, va però detto che, a differenza di mia madre e mio padre, mi' ma' e mi' pa' sono usate in espressioni familiari e anche volgari.
Infarinato ha scritto:L’esempio non è pertinente, ché «[l]a presenza del possessivo non elimina l’articolo dai sintagmi in cui il nome di parentela sia accompagnato da un aggettivo: ‹il mio caro fratello›, ‹la mia vecchia nonna›» (Serianni 1989, IV.54).
Non lo sapevo. :oops:
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Sí, è vero, l’usiamo anche noi «nordici», ma si tratta di un’espressione polirematica: la sostituzione sinonimica — *a papà morto — non è ammessa.
A Milano si sente l'espressione "babbo di minchia", che significa "scemo" "coglione".
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

valerio_vanni ha scritto:A Milano si sente l'espressione "babbo di minchia", che significa "scemo" "coglione".
In questo caso, però, babbo vale ‹babbeo›.
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SinoItaliano
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Intervento di SinoItaliano »

Io uso "mia madre" e "mio padre" anche in registri informali (eventualmente troncati in "mi' madre" e "mi' padre").
Mentre mi suonano strani sia "mia mamma" che "la mia mamma".
Mentre non mi suona strano dire "la mamma di Andrea", "il papà di Luca".
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Ferdinand Bardamu ha scritto:
valerio_vanni ha scritto:A Milano si sente l'espressione "babbo di minchia", che significa "scemo" "coglione".
In questo caso, però, babbo vale ‹babbeo›.
Ah, non lo sapevo. Ma a cosa è dovuta questa trasformazione?
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

valerio_vanni ha scritto:Ah, non lo sapevo. Ma a cosa è dovuta questa trasformazione?
Non conosco il milanese, ma si può immaginare che babbo sia una variante di babbeo, appunto. Quest’ultima parola, come ci dice il Treccani in linea, deriva «da una radice onomatopeica bab-». Non credo ci sia una relazione col nome di parentela: la sequenza bab è caratteristica del linguaggio infantile e viene assunta per indicare una persona d’ingegno non proprio acuto, capace solo di balbettare come un… bambino (che, a sua volta, si può confrontare col milanese bamba).
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Carnby
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Intervento di Carnby »

valerio_vanni ha scritto:A Milano si sente l'espressione "babbo di minchia", che significa "scemo" "coglione".
È siciliano: babbu in siciliano vale «babbeo». La stessa associazione a minchia aumenta il sospetto sulla voce che probabilmente non è settentrionale ma meridionale, importata a causa dell'immigrazione interna.
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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

In effetti a Milano sento sempre piú siciliani. Inoltre in Rete si trovano alcune attestazioni della grafía babbo di minghia, quindi…
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

A questo punto è chiaro che le due parole prese singolarmente (una era scontato :-) ) vengono dal sud.
Sarebbe interessante capire se anche l'espressione è nata giù oppure se è stata creata al Nord a partire dalle due parole importate.
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