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Papà e mamma

Inviato: ven, 10 mag 2013 9:27
di Manutio
Qualcuno condivide con me il fastidio per l’odierno uso trionfante di papà e mamma (soprattutto quest’ultimo)? Li troviamo anche in contesti dove non ce li aspetteremmo, addirittura in notizie di cronaca redatte, per il resto, su un registro di asciuttezza. Ieri ho ascoltato mezz’ora di dibattito radiofonico sulle carcerate con figli, in cui mamma si è sentito qualche centinaio di volte, e madre quasi solo quando si è trattato di sciogliere l’acronimo Icam (‘Istituto a custodia attenuata per detenute madri’). Papà e mamma sono due parole del gergo infantile, come dimostra già la loro fisionomia fonetica, e mi sembrano fuori posto dove non si voglia introdurre una connotazione di familiarità, dove non si assuma il punto di vista di un figlio, o qualcosa del genere, su un piano di informalità. Insomma, mi sembra che vadano usati a ragion veduta. Non mi risulta che altrove si usino mum, maman o Mutti allo stesso modo; la famosa Queen mum degl’Inglesi è l’eccezione che conferma la regola. Padre e madre, due parole di illustre ascendenza indoeuropea, suonano forse troppo solenni, addirittura patetiche, alle orecchie di qualcuno? Visto che qui si usa, opportunamente, scambiarsi esperienze linguistiche, dirò che a me non suonano affatto troppo solenni, perché le ho sempre sentite in famiglia nella mia infanzia, come termini ‘neutri’. Per altri è diverso? Vero è che ho scritto ‘odierno’, ma il fenomeno non è nuovo. Le avvisaglie appaiono già in testi di un secolo, un secolo e mezzo fa, forse prima.
NB. Mi scuso se il tema è stato già intavolato da qualcuno, ma non me la sono sentita di controllare le 138 occorrenze di mamma che la ricerca automatica del sito offre.

Inviato: ven, 10 mag 2013 10:05
di Ferdinand Bardamu
Questa volta son d’accordo senza riserve. Senza voler setacciare la tradizione letteraria (del resto bisognerebbe vedere in quali contesti occorrono le parole), ci si può accontentare del linguaggio giornalistico degli ultimi trenta-quarant’anni.

Dopo il Sessantotto si è assistito a un progressivo «svecchiamento» del modo d’esprimersi dei giornali, che ancora negli anni Settanta era visto come paludato e, in alcuni casi, autoreferenziale. La nuova tendenza, quindi, ha introdotto molti elementi tipici del registro informale.

Colloquialismi, regionalismi, dislocazioni, anglicismi sono entrati a far parte della nuova norma giornalistica, insieme al discorso indiretto libero, un espediente retorico preso dalla letteratura che annulla la distanza critica tra cronista e fatti: la figura del giornalista si scioglie nel fatto raccontato.

L’uso di locuzioni come la mamma di X (dove X è qualcuno coinvolto in un fatto di cronaca) mira a coinvolgere il lettore o l’ascoltatore incoraggiandone l’immedesimazione, invece che informarlo sull’accaduto adoperando una parola connotativamente neutra come madre.

A questo punto, se le interessa la mutazione del linguaggio giornalistico italiano negli ultimi decenni, la rimanderei, come ho già fatto altre volte in questo fòro, all’illuminante saggio di Michele Loporcaro Cattive notizie. La retorica senza lumi dei mass media italiani èdito da Feltrinelli.

Inviato: ven, 10 mag 2013 10:20
di Animo Grato
«Luke, io sono il tuo papà».

Re: Papà e mamma

Inviato: ven, 10 mag 2013 10:45
di Infarinato
Manutio ha scritto:Qualcuno condivide con me il fastidio per l’odierno uso trionfante di papà e mamma (soprattutto quest’ultimo)?
A me dà fastidio papàtout court. :twisted:

Un giorno scriverò un «elogio circostanziato di babbo», esplicitando quanto ho scritto qui (secondo commento). :)

Inviato: ven, 10 mag 2013 12:40
di Ferdinand Bardamu
Maledetti toscani, non riuscirete mai a convincere la nostra orda polentona di… figli di papà! :mrgreen:

(A proposito, dite anche voi figlio di papà o, sebbene sia una locuzione ormai cristallizzata, lo adattate al vostro lessico?)

P.S. Per la cronaca, qui da me si usava (cioè i miei nonni usavano) opà, prima che si diffondesse papà.

Re: Papà e mamma

Inviato: ven, 10 mag 2013 13:10
di Carnby
Ferdinand Bardamu ha scritto:Michele Loporcaro Cattive notizie. La retorica senza lumi dei mass media italiani èdito da Feltrinelli.
Davvero. :?
Infarinato ha scritto:A me dà fastidio…
Mi scusi ma... è corretto? Non si dovrebbe dire «A me mi dà fastidio»? o sono io che faccio confusione con le «regole fantasma»?
Ferdinand Bardamu ha scritto:A proposito, dite anche voi figlio di papà o, sebbene sia una locuzione ormai cristallizzata, lo adattate al vostro lessico?
Io ho sempre sentito dire figlio di papà (anche se io non l'uso quasi mai); l'espressione adattata figlio/figliol/figliolo di babbo è inesistente; devo anche registrare che in passato era diffuso anche Papà Natale (da Papa Noël?), prima che per qualche ragione prevalesse Babbo Natale.
C'è anche il popolare pa' (e ovviamente ma') che compaiono in espressioni decisamente «poco eleganti».

Re: [FT] «A me [mi] dà fastidio»

Inviato: ven, 10 mag 2013 14:21
di Infarinato
Carnby ha scritto:
Infarinato ha scritto:A me dà fastidio…
Mi scusi ma... è corretto?
Certo, ché si dà fastidio a qualcuno: «a me dà fastidio» appartiene semplicemente a un registro piú formale di «a me mi dà fastidio».

Diverso il caso di *«a me non convince», ché si convince sempre qualcuno, non *a qualcuno, mentre un «a me non mi convince» è accettabile in un registro familiare.

Re: [FT] «A me [mi] dà fastidio»

Inviato: ven, 10 mag 2013 14:25
di Carnby
Infarinato ha scritto:Diverso il caso di *«a me non convince», ché si convince sempre qualcuno, non *a qualcuno, mentre un «a me non mi convince» è accettabile in un registro familiare.
La ringrazio.

Inviato: ven, 10 mag 2013 14:37
di Jonathan
Animo Grato ha scritto:«Luke, io sono il tuo papà».
Vogliamo mettere con Luke, e’ son i' ttu’ babbo? :D

Anche io, nel mio piccolo, difendo l'opinione di Manutio. Da toscano, sono cresciuto con il babbo e la mamma, ma in un linguaggio piú sostenuto o neutro (come quello d'una cronaca giornalistica) mi aspetto che vengano usati padre e madre.

Inviato: ven, 10 mag 2013 18:35
di Fabio48
A Lucca, babbo non credo che passerà mai... :(
Non so se può esser un francesismo che ancora ci stiamo portando dietro dal granducato di Elisa Bonaparte in Baciocchi, se a quei tempi volevano distinguersi dal resto dei Toscani che invidiavano perché ben governati da "Canapone" (Leopoldo II di Lorena) tanto che c'era un detto che è ancora in uso. In tempi duri come questi, ad esempio, incontrando un amico che se la sta passando piuttosto bene gli si dice: - Facile eh? Te sì che lo puoi cantà viva Leopoldo...E purtroppo c'era anche un altro detto che recitava : Lucchese sempre, italiano qualche volta, toscano mai!

Saremo pronti per l'Europa unita? :oops:

Cordialità.

Inviato: ven, 10 mag 2013 22:04
di u merlu rucà
Ferdinand Bardamu ha scritto:Maledetti toscani, non riuscirete mai a convincere la nostra orda polentona di… figli di papà! :mrgreen:

(A proposito, dite anche voi figlio di papà o, sebbene sia una locuzione ormai cristallizzata, lo adattate al vostro lessico?)

P.S. Per la cronaca, qui da me si usava (cioè i miei nonni usavano) opà, prima che si diffondesse papà.
Noi liguri non siamo propriamente dei polentoni, ma non diremo mai babbo, se non per prendere per i fondelli i toscani. :lol:

Inviato: sab, 11 mag 2013 8:46
di Fabio48
Però, mi sembra di aver sentito la frase "pagamanto a babbo morto" in diverse parti d'Italia e non solo in Toscana...

Inviato: sab, 11 mag 2013 9:19
di Ferdinand Bardamu
Sí, è vero, l’usiamo anche noi «nordici», ma si tratta di un’espressione polirematica: la sostituzione sinonimica — *a papà morto — non è ammessa.

Inviato: sab, 11 mag 2013 12:07
di Animo Grato
Fabio48 ha scritto:Però, mi sembra di aver sentito la frase "pagamanto a babbo morto" in diverse parti d'Italia e non solo in Toscana...
Forse ci si augura che a morire sia comunque il padre di un toscano... :mrgreen:
Tornando a "mamma e papà" versus "madre e padre", ho questo ricordo della lingua della mia infanzia: quando venivano accompagnati da un aggettivo possessivo, mamma e papà erano sempre preceduti dall'articolo determinativo ("Giorgia è venuta con la sua mamma"), madre e padre, tassativamente, no ("Marco non mostra alcun rispetto per suo padre"). Mentre mi pare che sull'osservanza della seconda norma non ci siano tentennamenti nemmeno oggi, non è raro osservare l'omissione dell'articolo anche con mamma e papà ("Si è fatto aiutare da suo papà"). Anni fa il costrutto agg. poss. + "mamma/papà" senza articolo sarebbe suonato "strano" al mio orecchio, oggi no: mi domando se fosse un preconcetto della mia infanzia o se invece la progressiva affermazione di "mamma e papà" su "padre e madre" abbia comportato anche l'usurpazione della caratteristica costruzione senza articolo.

Inviato: sab, 11 mag 2013 12:53
di Ferdinand Bardamu
L’omissione dell’articolo davanti alle varianti affettive dei nomi di parentela preceduti da un possessivo è trattata da Serianni nella sua Grammatica (IV.52):

Con padre, madre, figlio, figlia l’articolo si omette: «mio padre era un uomo d’affari», «avevo mia figlia che era un angiolo» (esempi di D. Maraini e Moravia, citati in BRUNET 1980: 31). L’articolo va espresso, invece, con le varianti affettive babbo, papà, mamma, figliolo, figliola: «E il tuo babbo e la tua mamma sono sempre vivi?» (Collodi, Pinocchio, 33); «Ringraziava Dio e i santi che avevano messo il suo figliuolo in mezzo a tutte quelle galanterie» (Verga, I Malavoglia). Nell’italiano famigliare, specie fuor di Toscana, sono tuttavia ben saldi i tipi mia mamma e mio papà (ROHLFS 1966-1969: 432, BRUNET 1980: 61): due libri pubblicati nel 1985 hanno come titolo Il Vangelo di mia mamma (P. L. Zampetti, ediz. Rusconi) e In viaggio con mio papà (M. F. Moro, ediz. Rizzoli).

È un uso tipicamente settentrionale. Il Rohlfs, al paragrafo citato da Serianni qui sopra, dice che: «[Nel Settentrione] [i] termini di parentela son di norma privi di articolo» e fa proprio l’esempio del veneto so mama (=sua mamma).