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Febbre - febbrone
Inviato: gio, 19 set 2013 9:59
di Per aspera ad astra.
Buongiorno a tutti!
Febbre è femminile, perché mai l'accrescitivo dovrebbe essere maschile? Non dovrebbe essere "febbrona"?
Inviato: gio, 19 set 2013 10:26
di domna charola
...lampante esempio di sessimo linguistico!
Da denunciare al garante per la parità linguistica

Re: Febbre - febbrone
Inviato: gio, 19 set 2013 10:40
di Infarinato
Per aspera ad astra. ha scritto:Febbre è femminile, perché mai l'accrescitivo dovrebbe essere maschile? Non dovrebbe essere "febbrona"?
È un
procedimento normale in italiano, e la ragione è probabilmente duplice: da una parte, in italiano il genere maschile è quello
non marcato (ed è quindi avvertito come «piú neutro»); dall’altra, esso richiama [perlomeno nel mondo animale] l’idea di un qualcosa di «piú grande», costituendo quindi la scelta «piú naturale» per un «accrescitivo»…

Re: Febbre - febbrone
Inviato: gio, 19 set 2013 14:49
di Animo Grato
Si dice anche
un donnone, eppure
donna è femminile, e non solo grammaticalmente!
Re: Febbre - febbrone
Inviato: gio, 19 set 2013 15:50
di Carnby
Infarinato ha scritto:dall’altra, esso richiama [perlomeno nel mondo animale] l’idea di un qualcosa di «piú grande», costituendo quindi la scelta «piú naturale» per un «accrescitivo»…
Nel
mondo inanimato esiste anche il contrario: una
coltella è più grande di un
coltello, una
buca è più grande di un
buco. Il fenomeno però viene spesso ignorato dalle grammatiche.
Inviato: gio, 19 set 2013 16:04
di Per aspera ad astra.
Grazie a tutti

Re: Febbre - febbrone
Inviato: gio, 19 set 2013 16:18
di Infarinato
Carnby ha scritto:Nel mondo inanimato esiste anche il contrario: una coltella è più grande di un coltello, una buca è più grande di un buco. Il fenomeno però viene spesso ignorato dalle grammatiche.
Se non ricordo male, c’è qualcosa al riguardo anche nella
Grammatica del Serianni: ad es., la differenza tra
buca e
buco non è solo questione di «grande» ~ «piccolo», ma anche di «artificiale» ~ «naturale», etc.
Comunque, anche nel mondo animale non mancano specie in cui la femmina è piú grande del maschio: si parlava
in generale…

Inviato: mar, 08 ott 2013 19:35
di Manutio
Abbiamo cominciato con febbrone, ma la lista degli -one applicati a femminili è lunghissima: scarpone, maglione, barcone, finestrone, inutile continuare. Quello che si è detto sul maschile come genere ‘non marcato’, quasi non-genere, è vero, ma qualche volta il cambiamento di genere, insieme col suffissso, può portare una nota di espressività, in vari sensi. Cosí lo scalone non è solo una scala grande, ma ha la connotazione dell’imponente e monumentale, e il macchinone quella del lussuoso. È anche vero che le dimensioni non c’entrano sempre, come se il maschile si adattasse al grande. Nel gergo giornalistico, per articolessa s’intende un articolo di eccessiva lunghezza, con la connotazione del prolisso e noioso. Anche la pennellessa è un grosso pennello, molto largo. Nel nostro caso, -essa, applicato a dei maschili, può dare l’idea della grandi dimensioni, ma anche suggerire una sfumatura di vario genere, anche peggiorativa, un po’ irridente (le femministe, mi pare, non lo amano), salvo dov’è vecchio e ben radicato: principessa non ha niente di derogatorio.
Un altro fatto che sarà da ricordare in questo contesto: nelle lingue che hanno il neutro, dal greco antico e moderno al tedesco, è molto spesso neutro il diminutivo: ‘piccola cosa’. Il genere grammaticale non è una categoria morta, relitto di chissà quale arcaica concezione animistica!
Inviato: mar, 08 ott 2013 21:37
di valerio_vanni
Io come diminutivo di "cazzuola" ho sentito sia cazzuolina che cazzuolino.
Un caso in cui il diminutivo è maschile.
Re: Febbre - febbrone
Inviato: mer, 09 ott 2013 0:37
di Scilens
Carnby ha scritto:Nel mondo inanimato esiste anche il contrario: una coltella è più grande di un coltello, una buca è più grande di un buco. Il fenomeno però viene spesso ignorato dalle grammatiche.
Come la cipressa (un'altra varietà di cipresso -mi corregge mia moglie-) è più grande e larga del cipresso.
La ragione c'è, ma va ricercata nella lingua etrusca, cosa che non fa nessuno, non è accettabile.
Re: Febbre - febbrone
Inviato: mer, 09 ott 2013 17:35
di PaDaSu
Scilens ha scritto:La ragione c'è, ma va ricercata nella lingua etrusca, cosa che non fa nessuno, non è accettabile.
Sappiamo ancora poco della lingua etrusca, anche se molto di più di qualche anno fa. Tuttavia non siamo in grado di poter fare, in modo scientificamente valido, alcuna deduzione organica circa il retaggio del sostrato etrusco nella lingua toscana.
Per quanto riguarda i generi, gli etruschi li adoperavano solo nei nomi propri (e nei gentilizi che erano appunto derivati dai nomi) e nei pronomi.
Ma mentre nei nomi i generi sono distinti fra maschile e femminile, i pronomi sono fra animati/inanimati.
La cosa strana è che la stessa distinzione (animati/inanimati) si applica invece a tutti i plurali.
Re: Febbre - febbrone
Inviato: gio, 10 ott 2013 15:28
di Scilens
PaDaSu ha scritto:Scilens ha scritto:La ragione c'è, ma va ricercata nella lingua etrusca, cosa che non fa nessuno, non è accettabile.
... non siamo in grado di poter fare, in modo scientificamente valido, alcuna deduzione organica circa il retaggio del sostrato etrusco nella lingua toscana.
Infatti, come dicevo, non è accettabile.
Mi riallaccio a Infarinato per il tentativo di spiegazione. A termini invertiti, però, perché molte parole etrusche finiscono per a, anche senza essere femminili, ovvero genere "non marcato", come dice:
"È un procedimento normale in italiano, e la ragione è probabilmente duplice: da una parte, in italiano il genere maschile è quello non marcato (ed è quindi avvertito come «piú neutro»); dall’altra, esso richiama [perlomeno nel mondo animale] l’idea di un qualcosa di «piú grande», costituendo quindi la scelta «piú naturale» per un «accrescitivo»"
Del resto in latino pecten-pectinis è maschile, come è stato stabilito che fosse anche italiano il pettine, ma in toscano è 'la pèttina', che non è più grossa del pèttine, è la stessa cosa,, e il suffisso -ena e la radice non sono latini. Eppure la pettina in italiano sembra femminile, ma in etrusco, sebbene non sia attestato, non lo è, non ha genere.
Il peggiorativo femminile invece si limita perlopiù ai termini in -essa, fateci caso. Per questo suffisso non ho ancora nessuna spiegazione certa, anche se un'idea ce l'avrei. Ma è presto per dirla.
Il 'pennellessa' citato sopra si riferisce alla sola forma, non alla grandezza, perché il pennello di norma ha sezione tonda e la pennellessa è a sezione quadrata.
Oltre a -one accrescitivo ce n'è un altro, più vicino al significato originario, che è quello di amicone o argentone. Il significato non è quello della radice ma gli si avvicina. L'amicone è un tipo amichevole e gioviale, ma non può dirsi amico, mentre l'argentone somiglia all'argento.
In etrusco i femminili riconosciuti sono ancora molto pochi, ma si può citare come esempio "lautni" -famiglio, liberto- e "lautnitha".
Inviato: ven, 11 ott 2013 23:34
di Scilens
PaDaSu ha scritto: i pronomi sono fra animati/inanimati
Forse si riferisce a "unuch" e la risposta credo che sia qui, nel neutro
Manutio ha scritto: nelle lingue che hanno il neutro, dal greco antico e moderno al tedesco, è molto spesso neutro il diminutivo: ‘piccola cosa’.
però i plurali non sono tutti in -chva, che è il suffisso caratteristico -secondo Agostiniani, ma c'è chi dubita- dell'inanimato. Mi piacerebbe qualche informazione in più, anche se forse sforiamo l'argomento.
Re: Febbre - febbrone
Inviato: sab, 12 ott 2013 12:08
di PaDaSu
Scilens ha scritto: però i plurali non sono tutti in -chva, che è il suffisso caratteristico -secondo Agostiniani, ma c'è chi dubita- dell'inanimato. Mi piacerebbe qualche informazione in più, anche se forse sforiamo l'argomento.
Gentile Scilens,
avere dubbi non solo è lecito, ma anche doveroso.
Facchetti dice (AION, 2009):
"in etrusco il morfema -r(a-) è marca del plurale degli animati, mentre -(χ/c)va del plurale degli inanimati (quest’ultimo omesso con i numerali), come definitivamente dimostrato in Agostiniani 1993".
Tuttavia, chi scrive pur riconoscendo l'autorevolezza dell'Agostiniani e del Facchetti, è del parere (sperando che la digressione non appaia troppo lunga all'Amministratore

) che, non ci si debba accontentare di questa (probabile?) semplificazione che, tale non sembra, solo alla luce delle limitate conoscenze attuali della lingua in oggetto.