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"Libriccino" e "lumicino"

Inviato: mer, 09 ott 2013 23:44
di Animo Grato
Perché si dice libriccino, con la geminata, ma lumicino, con la scempia? Il comportamento di questo suffisso diminutivo -cino mi dà da pensare... In altri casi la vocale tra il tema e il suffisso scompare: padroncino, campioncino, sermoncino... Mi viene il sospetto che in realtà il vero suffisso sia semplicemente il solito -ino, e la -c- un elemento di raccordo, che nell'ultima serie si rende obbligatorio per evitare i poco eufonici *padronino, *campionino, *sermonino.
In ogni caso resta la domanda di partenza: qualcuno sa spiegarmi la sovrabbondanza di c in libriccino?

Inviato: gio, 10 ott 2013 0:15
di PersOnLine

Inviato: gio, 10 ott 2013 1:16
di Fausto Raso
Il motivo della doppia “c” – a mio avviso – va ricercato nel fatto che la lingua italiana è, in un certo senso, un miscuglio di dialetti e “libriccino” ha subíto, nella grafia, l’influenza della parlata meridionale che, al contrario di quella settentrionale, la veneta in particolare, tende al raddoppiamento delle consonanti.

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Questo filone sarebbe piú appropriato in "grafematica".

Inviato: gio, 10 ott 2013 12:46
di Animo Grato
PersOnLine ha scritto:Un libriccino (o libricino) per le vacanze (Crusca).
Grazie per il collegamento ad hoc.
Fausto Raso ha scritto:Questo filone sarebbe piú appropriato in "grafematica".
Scusate la svista. Confido che qualche solerte moderatore metterà le cose a posto.

Inviato: gio, 10 ott 2013 12:50
di Infarinato
Fausto Raso ha scritto:Il motivo della doppia “c” – a mio avviso – va ricercato nel fatto che la lingua italiana è, in un certo senso, un miscuglio di dialetti e “libriccino” ha subíto, nella grafia, l’influenza della parlata meridionale che, al contrario di quella settentrionale, la veneta in particolare, tende al raddoppiamento delle consonanti.

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Questo filone sarebbe piú appropriato in "grafematica".
No, i dialetti qui non c’entrano, caro Fausto, e la sezione è quella giusta. ;)

In realtà, a ben guardare (ma proprio bene, eh!) la spiegazione si trova [nascosta] nella sopraccitata risposta della «Redazione Consulenza Linguistica» dell’Accademia della Crusca, che da un po’ di tempo in qua (cioè da quando rispondono loro invece d’interpellare gli Accademici) si dà a interminabili semistoriche disquisizioni senza mai venire (o venendo solo molto raramente, e sempre con grande travaglio) al «punto». :?

Insomma, come ci ricorda (per esempio) il GRADIT, il suffisso -icino proviene dall’unione del segmento –ic– di –icello (< lat. -ICĔLLU[M]) e del suffisso diminutivo per eccellenza –ino (< -ĪNU[M]): «aggiunto produttivamente a sostantivi, ha valore diminutivo, a volte con connotazione affettiva o attenuativa: lumicino, ossicino, posticino»; è presente inoltre «in un ristretto numero di aggettivi di relazione: carnicino».

In libriccino (che è —ricordiamolo— la forma tradizionale) figura invece l’unione [occasionale] del suffisso denominale limitativo/peggiorativo -iccio (esito regolare del suffisso latino -ĪCĬU[M], che ritroviamo in parole quali chiacchiericcio, laniccio, muriccio) e del solito –ino.

La conservazione di quest’alterato occasionale in -iccino dev’essere stata favorita, come ci ricorda finalmente la Setti, dall’accostamento a libricci(u)olo, un tempo il piú comune diminutivo di libro.

Inviato: gio, 10 ott 2013 19:21
di Fausto Raso
Chiedo umilmente venia, gentile Infarinato, per il mio intervento a sproposito :oops: