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Mi diverte / A me diverte...

Inviato: gio, 28 nov 2013 20:15
di Ivan92
Buon sera a tutti! Ho alcuni dubbi riguardanti dei verbi in particolare. Nello specifico sembra che si dilettino nel compiere degli scherzetti, vestendo a volte i panni della transitività, altre quelli dell'intransitività. Ecco gli esempi:

"Il comportamento vivace di quel frugolo mi diverte" che equivale a "Il comportamento vivace di quel frugolo diverte me", essendo "divertire" un verbo transitivo.
Ma allora perché:

"A me il comportamento vivace di quel frugolo diverte"??

La stessa cosa accade con altri verbi:

"La folla di gente per la strada lo sbalordì" = "La folla di gente per la strada sbalordì lui"

Ma:

"A lui sbalordì la folla di gente per la strada"


Qual è dunque il problema? Non riesco a cogliere qualcosa? Sto errando? Ciò di cui non mi capacito è questo passaggio repentino dalla transitività all'intransitività: "Tal cosa mi diverte" che equivale a "Tal cosa diverte me" in un batter d'occhio diviene " A me tal cosa diverte". Perché con verbi come "divertire", "sbalordire", "meravigliare" usiamo tanto il complemento oggetto quanto quello di termine(sempre che di termine si tratti perché mai e poi mai riuscirei a dire "gli/le diverte, gli/le meraviglia")?? Attendo con ansia risposte!! :)

Re: Mi diverte / A me diverte...

Inviato: gio, 28 nov 2013 21:16
di valerio_vanni
Ivan92 ha scritto:Buon sera a tutti! Ho alcuni dubbi riguardanti dei verbi in particolare. Nello specifico sembra che si dilettino nel compiere degli scherzetti, vestendo a volte i panni della transitività, altre quelli dell'intransitività. Ecco gli esempi:

"Il comportamento vivace di quel frugolo mi diverte" che equivale a "Il comportamento vivace di quel frugolo diverte me", essendo "divertire" un verbo transitivo.
Ma allora perché:

"A me il comportamento vivace di quel frugolo diverte"??
Questa è scritta male.
L'unica cosa che le impedisce di suonare orrenda è la distanza tra "a me" e "diverte".
Basta avvicinare le due parti e già l'errore risulta evidente:
"Il comportamento vivace di quel frugolo diverte a me".
Ivan92 ha scritto:La stessa cosa accade con altri verbi:

"La folla di gente per la strada lo sbalordì" = "La folla di gente per la strada sbalordì lui"

Ma:

"A lui sbalordì la folla di gente per la strada"
Qui la vicinanza rende evidente la bruttura.

Inviato: gio, 28 nov 2013 21:58
di PersOnLine
Sgomberiamo il campo da alcuni fraintendimenti: il verbo divertire è sempre transitivo, e il soggetto che "subisce" l'azione del divertimento può comparire compare solo come complemento oggetto.

Le frasi citate sono solo il risultato della tematizzazione del soggetto reale (che grammaticalmente è il complemento oggetto) e della pedìssequa [e automatica] applicazione di un ipercorrettismo, che nasce dalla costante censura del famigerato a me mi (si veda quest'ultimo collegamento per approfondire da chi ne sa molto più del sottoscritto).

Inviato: gio, 28 nov 2013 23:44
di Ferdinand Bardamu
A completamento di quanto ha detto benissimo PersOnLine, copio dalla scheda sull’«a me mi piace» il collegamento a un filone che fa al caso nostro: «A me non convince proprio». Ancor piú interessante è la lettura di quest’altro filone, in particolare gl’interventi di Ladim (qui e qui).

Per chi non avesse né tempo né voglia di leggersi tutto, proverò a riassumere la questione (le correzioni sono ovviamente ben accette). «A me diverte» è un ipercorrettismo per «a me mi diverte», e questo è già stato detto. Ma, a questo punto, resta comunque un dubbio: perché quell’«a me» all’inizio, se il verbo è transitivo?

Scartiamo l’ipotesi che si tratti di accusativo preposizionale, tipico, per esempio, dello spagnolo e di certi dialetti/italiani regionali del Sud Italia, ché altre sono le sue caratteristiche: si trova anche quando non è dislocato (es. «Chiamo a te»).

È panitaliano, invece, l’uso della preposizione a davanti all’oggetto dislocato, purché quell’oggetto sia di I o II persona singolare: per esempio, appunto, «a me mi diverte». In caso contrario, otterremo frasi connotate regionalmente («A noi non ci vogliono») o agrammaticali (*«Al panino, non lo mangio»).

Siamo allora di fronte a un semplice procedimento di messa in rilievo dell’informazione nota (il «tema»), perciò la preposizione non cambia il ruolo sintattico dell’informazione che introduce: quello rimane un oggetto e il verbo non passa da transitivo a intransitivo.

Viene però fatto di chiedersi se quella preposizione a abbia o no un significato. Insomma: è soltanto un contrassegno della tematizzazione o ha anche un valore semantico? A questo risponde Ladim:
Ladim ha scritto:[L]a preposizione ha il suo bel valore, anche solo per marcare la ‘direzione’ del nostro interesse emotivo (e si pensi pure al primordiale e pragmatico dantesco «A Filippo Argenti!»).

Re: Mi diverte / A me diverte...

Inviato: gio, 28 nov 2013 23:51
di Ivan92
valerio_vanni ha scritto:
Ivan92 ha scritto:[…]
"A me il comportamento vivace di quel frugolo diverte"??
Questa è scritta male.
L'unica cosa che le impedisce di suonare orrenda è la distanza tra "a me" e "diverte".
Basta avvicinare le due parti e già l'errore risulta evidente:
"Il comportamento vivace di quel frugolo diverte a me".
Ivan92 ha scritto:[…]

"A lui sbalordì la folla di gente per la strada"
Qui la vicinanza rende evidente la bruttura.
Esatto, difatti non appena accostavo le due parti, percepivo una certa stonatura!

Inviato: ven, 29 nov 2013 0:02
di Ivan92
Vi ringrazio per le delucidazioni e per i preziosi commenti :) A questo punto però mi premerebbe sapere se tal ipercorrettismo possa esser accettato, dato l'abbondante e sproporzionato uso che se ne fa ( il sottoscritto in primis) o se debba invece esser condannato, essendo comunque indice di un parlare scorretto.

Inviato: ven, 29 nov 2013 0:38
di Ferdinand Bardamu
In quanto ipercorrettismo, è un errore: la diffusa (e ingiustificata) proscrizione del modulo a me mi non dovrebbe portare ad accettare un costrutto, questo sí, sbagliato.

Per salvare capra e cavoli — cioè parlare un italiano ineccepibile senza correre il rischio esser corretti da qualche pedante —, si potrebbe riformulare la frase: es. «per quanto mi riguarda/quanto a me, il suo comportamento mi diverte». A ben vedere, però, questo rende tutto piú pesante.

E allora diciamo pure «a me mi diverte» senza timore, ricordando però che già nello scritto di media formalità saremo costretti a adottare la soluzione neutra, ma piú pesante, suggerita sopra.

Inviato: ven, 29 nov 2013 15:47
di Ivan92
Dunque secondo lei sarebbe da preferire, nel parlato informale e colloquiale, la forma proscritta "a me mi diverte" piuttosto che quella ipercorretta " a me diverte"?

Ad ogni modo la ringrazio per le risposte esaurienti datemi fin qui :)

Inviato: ven, 29 nov 2013 16:27
di Ferdinand Bardamu
Diciamo questo: è credenza comune che «a me mi piace» non si debba dire. È una credenza senza fondamento, come abbiamo visto; tuttavia è dura a morire.

Questa proscrizione si estende anche a frasi come «a me non mi convince», «a me non mi spaventa», ecc., che rappresentano un caso diverso. È una reazione contro il rischio di incorrere in una topica.

Ma, come spesso accade, è peggio il rammendo dello strappo, e chi sfoggia bellamente il suo «a me diverte» — e io ero tra questi — ignora di commettere un errore, cosí come l’ignorano quelli che lo ascoltano. (E quindi tacciono e approvano.)

Ora, bisognerebbe rendersi conto di questo: le regole che abbiamo appreso nella scuola dell’obbligo potevano (forse) andar bene quando eravamo bambini. Con l’età, e con l’acquisizione di maggiori abilità linguistiche, si dovrebbe passare oltre.

Venendo alla sua domanda, io userei senza paura «a me mi diverte», nei contesti adatti. Se qualcuno dovesse agitarle in faccia il dito ammonitore, gli riferisca quel che abbiamo detto qui. :)

Inviato: sab, 30 nov 2013 21:47
di Scilens
Strabilio, perchè mi sono sempre state corrette le forme come "a me mi", "a te ti" ecc. in quanto pleonastiche. In italiano non si scrive e non si dice.
In più nella frase "A lui sbalordì la folla di gente per la strada" di errori ce ne sono due, come ben dice anche PersOnLine, perchè non si sbalordisce A qualcuno.

A me fa schifo e a me mi fa schifo sono da correggere con un semplicissimo Mi fa schifo.
E non importa che ci siano fior di attestazioni di nomi illustri, anche i grandi sbagliano.
Sempre se siamo daccordo sul fatto che l'italiano sia una lingua artificiale ispirata al toscano e al latino, perché se non siamo daccordo su questo, allora l'Italiano dev'essere il Toscano, e di conseguenza ogni forma toscana va bene e io che parlo penso e sono toscano faccio testo e allora l'"a me mi" ha piena cittadinanza. Ma allora il "mi sembra che è " e il "credo che è" a me, mi fanno schifo. (e notate la virgola)

Inviato: sab, 30 nov 2013 22:11
di Animo Grato
Ivan92 ha scritto:sarebbe da preferire, nel parlato informale e colloquiale, la forma proscritta "a me mi diverte" piuttosto che quella ipercorretta " a me diverte"?
Forte dell'autorità dell'Infarinato, ritengo che la questione si possa porre in questi termini: quando si imbocca la strada di una formulazione colloquiale, espressivamente marcata, bisogna percorrerla fino in fondo. Perciò, se il complemento oggetto è un pronome, avremo: a) la dislocazione a sinistra, che comporta b) l'accusativo preposizionale e c) la ripresa del clitico.
Esemplificando, "a me mi diverte": questa è l'unica forma "naturale" e accettabile della frase in esame.
L'omissione di b ("me mi diverte"), di c ("a me diverte") o addirittura di entrambi ("me diverte") sono possibili, forse, in un italiano non solo colloquiale, ma pesantemente regionale (il primo caso); in un contesto irrimediabilmente corrotto da una formalità posticcia (il secondo, che non è né carne né pesce); nel doppiaggio di Mami in Via col vento (il terzo). :wink:

Inviato: sab, 30 nov 2013 22:27
di Ivan92
Scilens ha scritto:Strabilio, perchè mi sono sempre state corrette le forme come "a me mi", "a te ti" ecc. in quanto pleonastiche. In italiano non si scrive e non si dice.
In più nella frase "A lui sbalordì la folla di gente per la strada" di errori ce ne sono due, come ben dice anche PersOnLine, perchè non si sbalordisce A qualcuno.

A me fa schifo e a me mi fa schifo sono da correggere con un semplicissimo Mi fa schifo.
E non importa che ci siano fior di attestazioni di nomi illustri, anche i grandi sbagliano.
Sempre se siamo daccordo sul fatto che l'italiano sia una lingua artificiale ispirata al toscano e al latino, perché se non siamo daccordo su questo, allora l'Italiano dev'essere il Toscano, e di conseguenza ogni forma toscana va bene e io che parlo penso e sono toscano faccio testo e allora l'"a me mi" ha piena cittadinanza. Ma allora il "mi sembra che è " e il "credo che è" a me, mi fanno schifo. (e notate la virgola)

Sono in sintonia con lei, in Italiano ciò non si dovrebbe dire e non si dovrebbe scrivere. Io però mi riferivo al contesto parlato e più specificatamente a quello colloquiale ed informale, dove è abbastanza normale che una persona non sottostia alle regole della lingua.

Ad ogni modo, è appena sorto un altro dubbio. Lei afferma che " a me mi fa schifo" è da correggere in quanto indice di un parlare errato. E fin qui ci siamo. Ma perché sarebbe da proscrivere anche la forma " a me fa schifo"? In questo caso non ci troviamo di fronte ad un ipercorrettismo...o forse sì? Prendiamo in considerazione un verbo intransitivo come piacere: "Mi piace" non equivale forse a "A me piace"?? Quel "A me" è complemento di termine e non un ipercorrettismo. La stessa cosa dovrebbe valere per " A me fa schifo". O forse sto errando?

Inviato: sab, 30 nov 2013 22:59
di Scilens
Né in italiano né in toscano si dice 'a me piace', in entrambi i casi la locuzione isolata è "mi piace". Per come la vedo io in linguaggio colloquiale informale l'"a me mi piace" risulta accettabile, mentre l' "a me piace" non suona naturale. E' come se si volesse dire 'a me mi piace' (e sarebbe meglio) ma all'improvviso si correggesse eliminando il "mi", mentre quel "mi" sarebbe da serbare davanti al verbo e sarebbe invece da eliminare l'"a me".
Ma non prenda ad esempio me per l'italiano, ci sono i grammatici per questo, nonostante ultimamente mi sembrino piuttosto deviati, da una parte dal sopportare il parlato televisivo interregionale e cercare di giustificarlo con l'uso (l'uso, si sa, serve da tetto a molti abusi), dall'altra dal ricercare qualunque etimologia anche presunta (come spesso risulta quest'arte, eminentemente ipotetica) per orientare gli scriventi verso forme che possano onorevolmente presentarsi come pure.

Non ho soluzioni così certe, sono toscano, l'italiano non è il toscano, s'ispira soltanto a questa lingua. Finché non sono capitato in questo fòro credevo di conoscere a sufficienza la nostra lingua comune, ma la teoria mi scorre davanti senza che possa agganciarmici.

Inviato: dom, 01 dic 2013 2:19
di valerio_vanni
Scilens ha scritto:Né in italiano né in toscano si dice 'a me piace', in entrambi i casi la locuzione isolata è "mi piace". Per come la vedo io in linguaggio colloquiale informale l'"a me mi piace" risulta accettabile, mentre l' "a me piace" non suona naturale. E' come se si volesse dire 'a me mi piace' (e sarebbe meglio) ma all'improvviso si correggesse eliminando il "mi", mentre quel "mi" sarebbe da serbare davanti al verbo e sarebbe invece da eliminare l'"a me".
Con questo verbo però la costruzione non è agrammaticale, perché quel "mi" significa proprio "a me".
Cosa che non si può dire per "A me diverte".

Inviato: dom, 01 dic 2013 9:46
di Scilens
valerio_vanni ha scritto: però la costruzione non è agrammaticale.
Sono daccordo con lei, specialmente quando usato nelle forme alternative "a me piace X, a te piace Y".