Grafia dell’«a» vocativa in romanesco

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Ferdinand Bardamu
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Grafia dell’«a» vocativa in romanesco

Intervento di Ferdinand Bardamu »

In romanesco il vocativo può essere accompagnato, per enfasi, da una particella, a, come in «A’ Mario, che sta’ a·ffà?». Questa particella, che io raccosterei nella funzione alla classica interiezione o, è proclitica e non dà luogo a cogeminazione.

In rete qualcuno la definisce «la preposizione del vocativo», facendo intendere che sia un elemento indispensabile per la formazione di questo caso. Tuttavia, mi pare che la sua presenza non sia una condizione necessaria (mi smentiscano i parlanti del romanesco): «Mario, che sta’ a·ffà» è altrettanto possibile.

È dunque un’interiezione? A ben vedere, no: al contrario delle interiezioni propriamente dette, che sono «priv[e] di legami sintattici con le altre parti del discorso» (Enciclopedia dell’Italiano, s.v. «Interiezione»), questa particella appare vincolata al nome che accompagna, e non corrisponde «a un intero atto linguistico» (ibidem). Queste caratteristiche, in aggiunta all’assenza di accento proprio, l’avvicinano effettivamente piú alla preposizione.

Tutto ciò ci fa escludere la grafia con l’acca: «Ah Mario…», anche perché una frase cosí scritta implicherebbe una pausa fra «Ah» e «Mario». La semplice ‹a› potrebbe essere interpretata come la preposizione del dativo, e recherebbe con sé anche il raddoppiamento fonosintattico, assente, come abbiamo detto, nella nostra particella. La soluzione a cui ho pensato è «a’», che escluderebbe la cogeminazione e si può raramente confondere con l’apocope posvocalica di ai, ché una tale interpretazione renderebbe, nella maggior parte dei casi, la frase incongruente (mi viene in mente, cosí, all’impronta: «A’ cani, a’ sciartroni, annàtevene súbbito!», che è tuttavia difficilmente equivocabile). Non so però se tale grafia abbia l’avallo della tradizione, né se possa trovare giustificazione. Che ne pensate?
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Romanesco: «A’/’A/A bello!»

Intervento di Archetipo0987 »

Quesito, la a esclamativa del romano andrebbe scritta con troncamento o senza?
  • A’ bello!
  • ’A bello!
  • A bello!
Grazie.
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Millermann
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Re: Romanesco: «A’/’A/A bello!»

Intervento di Millermann »

La proposta del nostro Ferdinand mi sembra la piú acconcia (e, credo, anche la piú consueta). ;)

Dunque, la prima; escluderei la seconda (che corrisponde piuttosto all'articolo femminile) e la terza (che, come la preposizione omografa, mi suggerisce il raddoppiamento). :)
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Re: Grafia dell’«a» vocativa in romanesco

Intervento di Infarinato »

In realtà, la forma tradizionale dell’a vocativa del romanesco è proprio a. Si differenzia dalla preposizione a perché, in romanesco, tradizionalmente si segna il raddoppiamento fonosintattico (basta controllare s’un sonetto del Belli), quindi a Ma(rio) (= it. «o Mario!»), ma a mMario (= it.«a Mario»).

Del resto, la grafia dev’essere coerente con le convenzioni ortografiche del romanesco, non dell’italiano;) E poi l’apostrofo suggerirebbe un’apocope, che etimologicamente non c’è: che in toscano (italiano) le parole apostrofate non raddoppino è una peculiarità della lingua toscana, ma l’apostrofo di per sé non indica assenza di raddoppiamento (e si pensi a eccezioni come a mo’ di).

Certo, nessun sistema ortografico è perfetto: per esempio, le tre frasi di cui sopra andrebbero tutte scritte a bbello (= it. «o bello!» o «a bello»), perché la /b/ è sempre pregeminante in romanesco. :P
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Millermann
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Re: Grafia dell’«a» vocativa in romanesco

Intervento di Millermann »

Ha ragione, devo rettificare in particolare l'affermazione che la grafia a' sia la piú comune: in realtà scopro che è minoritaria rispetto alla semplice a!

Quanto al fatto che «l’apostrofo suggerirebbe un’apocope, che etimologicamente non c’è», invece, mi chiedo: non sarebbe possibile considerare la forma apostrofata come apocope dell'interiezione «ah», o ancor meglio del romanesco «ahó»? :?

Ciò consentirebbe di giustificare anche dal punto di vista grammaticale una grafia che ha comunque una sua diffusione, e che, come si evince anche dall'accurata analisi di Ferdinand, presenta innegabili vantaggi. :)
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Re: Grafia dell’«a» vocativa in romanesco

Intervento di Infarinato »

Millermann ha scritto: gio, 28 apr 2022 9:05 Quanto al fatto che «l’apostrofo suggerirebbe un’apocope, che etimologicamente non c’è», invece, mi chiedo: non sarebbe possibile considerare la forma apostrofata come apocope dell'interiezione «ah», o ancor meglio del romanesco «ahó»? :?
No. :)
Archetipo0987
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Re: Grafia dell’«a» vocativa in romanesco

Intervento di Archetipo0987 »

Grazie.
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