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Della necessità dell’adattamento

Inviato: gio, 24 ago 2006 18:29
di Marco1971
Comincio col ricordare che una parola italiana «di fatto» (sia di tradizione orale ininterrotta sia d’origine dialettale o forestiera) ha una struttura ben definita, il cui marchio caratteristico è l’uscita in vocale. Sono tollerabili (ma, tranne in poesia, non in fin di frase) solo le terminazioni in vocale + l/m/n/r. I vocaboli che non soddisfànno tali criteri non sono, stricto sensu, italiani, e andrebbero scritti in corsivo. Fanno eccezione i nomi propri, le sigle, le onomatopee e alcune citazioni latine, per esempio De Sanctis, ab imis fundamentis, ecc. Adattare una parola, o renderla italiana che dir si voglia, consiste quindi (quand’è possibile) nel subordinarla alle leggi della lingua. (Non entro qui nel discorso del «terzo sistema fonologico» di devotiana memoria, con il quale non posso concordare; né concordò il Migliorini.)

Ricito ancora i princípi del purismo strutturale ai quali s’attennero i nostri maggiori linguisti e filologi, Bruno Migliorini e Arrigo Castellani:

1. S’accettano solo forestierismi che vengono a colmare una reale lacuna semantica.
2. I forestierismi compatibili con le strutture fonetiche s’accettano tali e quali (tango).
3. Quelli che non si possono accettare senza cambiamenti, o s’adattano (filme), o si sostituiscono con voci già esistenti ([indice di] ascolto e non audience), o si sostituiscono con neoformazioni (autista e non chauffeur).

Consideriamo ora le seguenti parole, tutte di fattura ineccepibile, tanto che non se ne avverte l’origine straniera, e d’uso comunissimo: albicocca, bianco, cifra, dogana, etichetta, furgone, gabinetto, ingegnere, locomotiva, maresciallo, noia, orgoglio, pompelmo, quarzo, ricco, scherzare, tabacco, uragano, viaggio, zucchero. Immaginiamo per qualche minuto che queste familiarissime parole non fossero state adattate, come succede oggi; che lingua parleremmo oggi? (E che lingua parleremo domani, se si va avanti in questa maniera?) Diremmo, rispettivamente (le trascrizioni mancano di alcuni diacritici): al-barquq, blank, sifr, duwan, etiqueta/étiquette, fourgon, cabinet, engignier, locomotive (/loko'mOtiv/), marhskalk, enoja, orgolh, pompelmoes/pampalimasu, Quarz, rihhi, skerzon, tabbaq, huracán, viatge, sukkar. E se oggi adoperassimo tali voci nella loro «sacrosanta veste alloglotta» (Castellani) parleremmo, appunto, una lingua creolizzata, senza identità propria, e che non sarebbe piú una lingua di cultura.

Bisogna capire che queste parole straniere assimilate sono un arricchimento per la lingua. Tradurre tutto sarebbe chiudersi al mondo, e questo gli spagnoli l’hanno capito da gran tempo. Diceva Leopardi che «la nostra lingua non fa piú progressi»: come non sentire oggi tutta la portata di quest’affermazione? Il progresso dell’italiano consisterebbe appunto nell’appropriarsi le invenzioni moderne «senza venir meno alle necessità strutturali della lingua nazionale» (Migliorini). Sempre Leopardi scriveva:
...perocché noi veggiamo sotto gli occhi , che sebben forestiere di origine, elle [= voci e maniere] stanno in quelle scritture come native del nostro suolo, ed hanno un abito tale che non si distinguono dalle italiane native di fatto, e vi riescono come proprie della lingua, e cosí sono italiane di potenza, come l’altre lo sono di fatto, onde il renderle italiane di fatto non dipende che da chi voglia o sappia usarle; e per esperienza veggiamo che quegli scrittori, trasportandole nell’italiano, le hanno benissimo potute rendere, e le hanno effettivamente rese, italiane di fatto, come lo erano in potenza, e come lo sono l’altre italiane natie. Or questo medesimo è quello che nello studio delle lingue altrui dee fare in noi, in luogo dell’esperienza, l’ingegno e il giudizio nostro; cioè mostrarci, non per prova, come fanno gli scrittori nostri classici, ma per discernimento e forza di penetrazione, e finezza e giustezza di sentimento, benché sprovveduto di prova pratica, che tali e tali vocaboli e modi sono italianissimi per potenza, onde a noi sta il renderli tali di fatto, sieno o non sieno ancora stati resi tali dall’uso, o da parlatore, o da scrittore veruno...
Che la gente percepisca le cose in modo errato, ripugnando all’adattamento vuoi per scarsa sensibilità vuoi perché tutto quello a cui non siamo abituati suona strano la prima volta, non è un motivo valido, anzi, è una bischerata bell’e buona e il modo migliore per lavarsi le mani dei problemi. La gente reagisce cosí perché, novanta volte su cento, non sa. E allora va resa edòtta sulle questioni di lingua. (Ho recentemente scritto a un’Accademica della Crusca suggerendo, tra l’altro, la possibilità di concepire un programma televisivo brevissimo ma quotidiano in cui si spiegassero le cose ai cittadini.)

Né ritengo valido l’argomento di chi considera vetusto o addirittura obsoleto un fenomeno naturalissimo e antichissimo come l’adattamento: non è di moda, certo, ma le mode vanno e vengono, e si possono cambiare.

Concludo s’una nota personale. Quest’anno (come negli anni scorsi), al mare, m’è capitato di parlare del problema degli anglicismi. Non ci crederete, ma esponendo le cose con calma, con chiarezza, con simpatia, la gente è del tutto disposta ad accogliere termini italiani («È vero», «Hai ragione» mi sento ripetere da anni). Il terreno va solo annaffiato: la terra è buona e fertile; basta solo agire con i giusti mezzi nella direzione giusta.

Inviato: gio, 24 ago 2006 19:10
di Federico
Be', ma gli unici adattamenti che sono veramente passati di moda sono quelli per epentesi; molti di quegli esotismi da lei indicati sarebbero adattati ancora oggi, credo.

Fra l'altro io mi chiedo quanto sia vero che i forestierismi piacciono agli italiani; sicuramente hanno un grande prestigio (indebito, tranne che in alcun limitate categorie), ma nonostante questo o forse proprio per questo sanno di affettazione e in realtà chi li usa viene ridicolizzato o addirittura disprezzato.
Lo vedo dalle reazioni delle altre persone quando in televisione si sente parlare certi personaggi, ma del resto basta pensare a una pubblicità del caffè: «A te te laic, ma a me me piace», nonché «Eh, se ne trovano di idiomi a questo mondo!»

Inviato: gio, 24 ago 2006 19:22
di Marco1971
Federico ha scritto:Be', ma gli unici adattamenti che sono veramente passati di moda sono quelli per epentesi; molti di quegli esotismi da lei indicati sarebbero adattati ancora oggi, credo.
Io ne ho visti ben pochi dai tempi della bistecca. Ha qualche esempio recente?

Inviato: gio, 24 ago 2006 20:52
di Federico
Marco1971 ha scritto:
Federico ha scritto:Be', ma gli unici adattamenti che sono veramente passati di moda sono quelli per epentesi; molti di quegli esotismi da lei indicati sarebbero adattati ancora oggi, credo.
Io ne ho visti ben pochi dai tempi della bistecca. Ha qualche esempio recente?
Bisogna dire che adesso i prestiti sono diversi: ad esempio non mi risulta che ci siano molti prestiti arabi, ma dubito che ci sarebbe una grande resistenza a degli adattamenti proposti, viste le difficoltà dell'originale.
Comunque ho incontrato vari casi (una goccia nel mare, certo); in questo momento ricordo performanza: oltre 1300 risultati in Google, e non è certo merito nostro.

Inviato: gio, 24 ago 2006 21:06
di Marco1971
I prestiti del mio elenco non sono solo arabi, ce ne sono di francesi, di provenzali, di spagnoli, di olandesi, di tedeschi, ecc. E la maggior parte degli anglicismi presentano incompatibilità fonetiche con la nostra lingua.

Riguardo a performanza, ricordo che è anche un proposta castellaniana, da me piú volte citata (e citata nell’articolo apparso sulla Nazione, al quale demmo il nesso). Le occorrenze sono poche e potrebbero anche essere collegate a questo fatto. :)

Inviato: gio, 24 ago 2006 23:23
di Infarinato
Marco1971 ha scritto:I prestiti del mio elenco non sono solo arabi, ce ne sono di francesi, di provenzali, di spagnoli, di olandesi, di tedeschi, ecc.
E io ce li vedo benissimo, gl’italiani d’oggi, a non adattare parole come blank, cabinet (cfr. gadget), locomotive, Quarz (cfr. quark)… :roll:
Marco1971 ha scritto:Riguardo a performanza, ricordo che è anche un proposta castellaniana…
Mi conferma mio padre che nel mondo automobilistico performanza si è sempre [detto e] sentito, anche se raramente scritto…

[pignoleria]
Marco1971 ha scritto:Sono tollerabili (ma, tranne in poesia, non in fin di frase) solo le terminazioni in vocale + l/m/n/r.
…Tranne in poesia o metalinguisticamente: e.g., «il complemento di causa può essere introdotto dalla preposizione per». :mrgreen:
[/pignoleria]

Inviato: gio, 24 ago 2006 23:58
di Marco1971
Le tue pignolerie non sono tali, sono utilissime integrazioni. :) Non avevo pensato all’uso metalinguistico.

Inviato: ven, 25 ago 2006 8:19
di Federico
Marco1971 ha scritto:I prestiti del mio elenco non sono solo arabi, ce ne sono di francesi, di provenzali, di spagnoli, di olandesi, di tedeschi, ecc. E la maggior parte degli anglicismi presentano incompatibilità fonetiche con la nostra lingua.
Sí, però anglicismi e francesismi sono di lingue bene o male conosciute, a cui si è abituati...
Infarinato ha scritto:
Marco1971 ha scritto:I prestiti del mio elenco non sono solo arabi, ce ne sono di francesi, di provenzali, di spagnoli, di olandesi, di tedeschi, ecc.
E io ce li vedo benissimo, gl’italiani d’oggi, a non adattare parole come blank, cabinet (cfr. gadget), locomotive, Quarz (cfr. quark)… :roll:
È vero, naturalmente; però mi pare che non si possa dire che l'abitudine all'adattamento si sia completamente persa: tutto qui.
Infarinato ha scritto:
Marco1971 ha scritto:Riguardo a performanza, ricordo che è anche un proposta castellaniana…
Mi conferma mio padre che nel mondo automobilistico performanza si è sempre [detto e] sentito, anche se raramente scritto…
Questo mi smentisce un po' perché non è un adattamento recente: io ricordavo solo di averlo visto fin dall'inserimento di performance nella lista.

Inviato: ven, 25 ago 2006 13:45
di Marco1971
Federico ha scritto:Sí, però anglicismi e francesismi sono di lingue bene o male conosciute, a cui si è abituati...
A me pare invece, da come si usano a sproposito (ortografia, pronuncia, genere grammaticale, significato) che inglese e francese siano, in Italia, tanto noti e familiari quanto il turco e il sànscrito. :mrgreen:

A tal proposito ho una chicca fresca fresca per voi: s’un pieghevole (o, se preferite, un dépliant, ma /depli'a~/ non /'dEpliant/! :evil:) d’un centro di bellezza sito in Cervia (RA) campeggia a grandi lettere la scritta Healt (sic!) and Beauty Center. Va bene che il th inglese crea difficoltà di pronuncia ai piú; ma di qui a storpiare la parola health (salute), perdipiú nel titolo, ce ne corre... :roll:

Inviato: ven, 25 ago 2006 17:50
di Federico
Marco1971 ha scritto:
Federico ha scritto:Sí, però anglicismi e francesismi sono di lingue bene o male conosciute, a cui si è abituati...
A me pare invece, da come si usano a sproposito (ortografia, pronuncia, genere grammaticale, significato) che inglese e francese siano, in Italia, tanto noti e familiari quanto il turco e il sànscrito. :mrgreen:
O l'ostrogoto (rimembranza ancestrale, questa dell'ostrogoto)... Suvvia, non esageriamo.
Sa cosa intendevo dire.

Inviato: dom, 27 ago 2006 21:39
di Marco1971
Nel bloggo di Massimo Binelli potete leggere un mio commento a un recente articolo di Maria Luisa Altieri Biagi.

Inviato: lun, 28 ago 2006 0:40
di Federico
Vedo che non sono stato l'unico ad apprezzare la pubblicità dell'ottimo Proietti.

Per il programma televisivo, piú che la Crusca servirebbe contattare la Rai: se un conduttore se ne facesse promotore ci vorrebbe (relativamente) poco, suppongo (perché non costa nulla). Ma probabilmente gli accademici hanno i contatti necessari.
Persone capaci non mancano (bisogna vedere chi è sensibile all'argomento): Marcorè (Per un pugno di libri), Mirabella (si diceva di un suo programma con Serianni), Augias...

Inviato: lun, 28 ago 2006 1:17
di Marco1971
Contattiamo pure la Rai (e se chiedessero uno di noi, lei sarebbe disposto a intervenire nella trasmissione?). Io però la vedrei piú sotto forma di documentario, come una cosa didattica, un programma in almeno due parti: la prima di tipo storico (ma non tedioso), la seconda di tipo pratico (esaminare un forestierismo al giorno e le diverse possibilità della sua resa in italiano). E presterei, se ce ne fosse bisogno, anche la mia voce.

Inviato: lun, 28 ago 2006 2:12
di Federico
Marco1971 ha scritto:lei sarebbe disposto a intervenire nella trasmissione?
Intervenire in che modo? Pensa a un gioco del genere «indovina il traducente»? Perché come ospite sarebbe evidentemente impossibile.
Marco1971 ha scritto:Io però la vedrei piú sotto forma di documentario, come una cosa didattica, un programma in almeno due parti: la prima di tipo storico (ma non tedioso), la seconda di tipo pratico (esaminare un forestierismo al giorno e le diverse possibilità della sua resa in italiano). E presterei, se ce ne fosse bisogno, anche la mia voce.
Ecco, il problema è che noi non abbiamo alcuna esperienza di televisione, mentre una persona come Marcorè (o Augias, o Minoli) ha dimostrato di saper fare programmi di un certo livello ma popolari: poiché il nostro obiettivo sarebbe semmai raggiungere il grande pubblico, non si può che affidarsi agli esperti (poi Minoli un posto alle due di notte ce lo garantisce :) ).

Inviato: sab, 02 set 2006 11:14
di Teo
Federico ha scritto:
Marco1971 ha scritto:lei sarebbe disposto a intervenire nella trasmissione?
Intervenire in che modo? Pensa a un gioco del genere «indovina il traducente»? Perché come ospite sarebbe evidentemente impossibile.
Marco1971 ha scritto:Io però la vedrei piú sotto forma di documentario, come una cosa didattica, un programma in almeno due parti: la prima di tipo storico (ma non tedioso), la seconda di tipo pratico (esaminare un forestierismo al giorno e le diverse possibilità della sua resa in italiano). E presterei, se ce ne fosse bisogno, anche la mia voce.
Ecco, il problema è che noi non abbiamo alcuna esperienza di televisione, mentre una persona come Marcorè (o Augias, o Minoli) ha dimostrato di saper fare programmi di un certo livello ma popolari: poiché il nostro obiettivo sarebbe semmai raggiungere il grande pubblico, non si può che affidarsi agli esperti (poi Minoli un posto alle due di notte ce lo garantisce :) ).
In realtà Minoli aveva varato "Parola mia" con Gian Luigi Beccaria, ma poi la soppresse, probabilmente per scarso ascolto (o preferite audience?) o per altri motivi meno "dichiarabili". Le trasmissioni con Serianni e Mirabella invece dipendevano dalla gestione di Parascandolo, che era molto più sensibile a queste tematiche. Ora si dice che Minoli stia per essere promosso a direttore di rete. Si spera allora che a RAI Educational (potrebbe essere ridenominata RAI Cultura) torni Parascandolo o comunque qualcuno più sensibile alle tematiche linguistiche, letterarie e filosofiche: allora una trasmissione del genere potrebbe essere riproposta.