Cruscate

Immagino che l’alternativa sia data da una maggiore o minore coerenza con la parola latina − e già chiedo conferme. Ma mi chiedo: da dove vien fuori quella «c»? Le parole con la «z» sono le piú rare, dicono i dizionari, come mai? Ringrazio anticipatamente chiunque volesse fornirmi un quadro generale della questione «c» o «z».

P.S. Ho cercato prima d’aprir il filone, ma non ho trovato nulla. Immagino che qualcosa sparsa per il fòro ci sia, ma non ho avuto né forza né tempo per cercare con acribía.

Non si preoccupi: mi sembra proprio che la questione non sia mai stata trattata prima in Cruscate. Ma se n’è parlato nel vecchio fòro della Crusca. In breve, dal punto di vista etimologico (e in un’ottica strettamente normativa), la variante da preferirsi è pronunzia, ché la forma latina corretta è PRONUNTIA; pronuncia invece è una variante che viene dal latino medievale (o, in ogni caso, non classico): si confronti, per es., il titolo dell’opera del Galilei, Nuncius sidereus.

Se non erro — ma qui è meglio attendere pareri migliori del mio — quest’alternanza è dovuta alla difficoltà di rendere la nuova pronuncia del nesso -TJ-, che presenta un suono assente nella pronuncia classica del latino.

Novizio ha scritto:Immagino che l’alternativa sia data da una maggiore o minore coerenza con la parola latina − e già chiedo conferme. Ma mi chiedo: da dove vien fuori quella «c»?

Non è proprio una /t/ che passa a /tS/, è la sequenza /tj/ che si fonde in /tS/.
Infatti in "pronuncia" non ci sono né /i/ né /j/, la "i" scritta serve solo a indicare la pronuncia dolce.

Il fenomeno della fusione capita anche in Inglese, per lo meno ai confini di parola. "Want you" può avere anche /tS/ al posto di /tj/.

Non penso che si possa raccomandare la forma pronunzia, che oramai è marcata per desuetudine, soprattutto nello scritto.

PersOnLine ha scritto:Non penso che si possa raccomandare la forma pronunzia, che oramai è marcata per desuetudine, soprattutto nello scritto.

Però il DOP è ancora Dizionario d’Ortografia e di Pronunzia.

Novizio ha scritto:Però il DOP è ancora Dizionario d’Ortografia e di Pronunzia.

Lo stesso Tommaso Francesco Bórri ha detto che pronuncia è accettabile, ma pronunzia è migliore. Io, in tutta sincerità, lo trovo un po' desueto.

Novizio ha scritto:

PersOnLine ha scritto:Non penso che si possa raccomandare la forma pronunzia, che oramai è marcata per desuetudine, soprattutto nello scritto.

Però il DOP è ancora Dizionario d’Ortografia e di Pronunzia.

La prima edizione del DOP è del 1969 [fonte Wikipedia], credo si può dire che mantengano lo stesso titolo per per ragioni storiche (stessa cosa per l'elisione della di, anch'essa un poco desueta).

nuncupo, -as, -avi, -atum, -are (nomen e capio, cf. nomenclator)

PersOnLine ha scritto:…stessa cosa per l'elisione della di, anch'essa un poco desueta…

Su questo non sono tanto d'accordo.

Mi riferisco allo scritto di tono formale/ufficiale, ovvio che poi le elisioni obbligatorie, come d'accordo, non possono essere evitate. Però, oggi, trovare d'un in una circolare o in un atto ufficiale suonerebbe alquanto affettato.

Ho l’impressione che l’elisione di di sia piú comune in Toscana che altrove (specialmente al Norde). Sbaglio?

Ferdinand Bardamu ha scritto:Ho l’impressione che l’elisione di di sia piú comune in Toscana che altrove (specialmente al Norde). Sbaglio?

Neanche un po'.

PersOnLine ha scritto:…ovvio che poi le elisioni obbligatorie, come d'accordo, non possono essere evitate.

Qui sono di altro parere: http://www.accademiadellacrusca.it/it/l ... e-separate.

Ferdinand Bardamu ha scritto:Ho l’impressione che l’elisione di di sia piú comune in Toscana che altrove

Nel parlato spontaneo in Toscana e nell'Italia mediana (cfr. M^aPI 5.1.3) si elide/tronca praticamente tutto, nello scritto credo che ci sia meno differenza con le altre zone d'Italia; in ogni caso i politici o giornalisti che dicono la università mi fanno pena.

Grazie. Intendevo ovviamente nel parlato. Qui al Norde mi pare che, sempre nel parlato, si elida molto meno (per non dire quasi mai, se non nelle locuzioni cristallizzate), forse perché l’italiano è una lingua appresa sui libri, perciò si tende a rispettarne la forma, per cosí dire, stampata.

A proposito di forme piene, niente altro è una di quelle che mi fanno storcere la bocca ogniqualvolta le sento.