[LIJ] Fonetica storica dei dialetti liguri
Inviato: lun, 24 feb 2014 20:58
Alcuni tratti nell'evoluzione fonetica dei dialetti liguri. Ve ne sono altri, ma questi sono i più caratteristici.
1) Esito di Ū lunga latina.
In quasi tutta la Liguria l’esito di Ū è [ü]: vent. lüxe, spez.. lüṡe “luce” <LUCE>; in alcune località, tra cui Pigna (IM), la sua frazione Buggio e Fontanigorda (GE), vi è un’ulteriore evoluzione da ü > i, ad es.: pign. miřa, fontanig. mira “mula”.
Si conserva invece la [u] soltanto ad est della Spezia: vezz. mulo, fumo.
2) Palatalizzazione di -CT-
Quasi tutte le parlate liguri presentano il passaggio da -ct- latino a -jt- tipico dei dialetti galloitalici dell’Italia settentrionale, fenomeno spiegato spesso con il sostrato celtico e comune al francese: apric., baiard. carp., badal. nöjte “notte” < NOCTE, vall., vent., sanr., apric., sold., lajte “latte” < LACTE (nei dialetti intemeli il dittongo è sempre conservato dopo a, e, e in parte dopo ö, ü, mentre la [j] viene generalmente assorbita dopo ü e i: vent., vall. frütu “frutto” < FRUCTU; fritu “fritto” < FRICTU). In alcuni dialetti della fascia montana che va dall’Ingauna interna all’Oltregiogo savonese si ha, invece, la palatalizzazione in /č/ʧ/ castelv., calizz., sass., nöce, erli, giust. nöcce < NOCTE; castelv. láce, Erli, giust., calizz. lacce < LACTE come in molti dialetti lombardi e piemontesi. Viene da chiedersi quale sia stato l’esito originario ligure, dato che la palatalizzazione ʧ non è presente solo nella zona interna della provincia di Savona, dove vi sono forti influssi piemontesi, ma anche in paesi decisamente liguri. Nel piemontese stesso, l’esito –jt- sembra più recente. Nella Liguria orientale dalla linea Sesta Godano- Levanto l’esito è simile a quello toscano (-T- < -TT-: fato”fatto”). L’isoglossa è valida analogamente per gli esiti di -GD- che regolarmente vedono in quasi tutti i dialetti liguri fino a Levanto la vocalizzazione della G analoga a quella della C del gruppo CT [jd]: vall., sanr., pietr., sav., gen., arenz., ecc. frejdu; “freddo” < FRIGIDU, mentre nell’Oltregiogo abbiamo sass., rossigl. freǧu e nell’estremità orientale lev., sp. fredu, fredo.
3) Assibilazione di CE, CI in [ts]
In tutta la Liguria, escluse soltanto alcune zone dell’estremo est, CI e CE risultano, in posizione iniziale o postconsonantica generalmente assibilati in [ts] fontanig., sarz. furzina < *FURCINA, carp., imp., sass., stella, fontanig. zèrne < CERNERE, o nello stadio successivo in [s]: sav., loan. chia. séxa, , arenz., gen., lev. sȇxa “ciliegia” < CERESEA, vent. fursina, leric. forsina, cam. furscin-a “forchetta” leric. sesi, sp. séṡoi, “ceci” < CĬCĔRE. Nella Liguria occidentale alcuni termini presentano eccezionalmente conservata la fricativa palatale, cfr. con le forme vall., vallecr. ceřeixa “ciliegia/ciliegio”; vall. furčina “forchetta”; vall., sold., vallecr. apric. ceixi “ceci”, vent. céixi
4) Lenizione di -P- e -B-
La lenizione di -P e -B-, che ha come esito [v,], interessa tutta la Liguria: sarz., vezz. savòn; cic., chiav., vent. vall., alt. savùn “sapone” < SAPONEM; vall.; vent.; chiav. rava “rapa” < RĂPA; vall.; vent.; loan.; monter. savé “sapere” < SAPERE. In alcuni casi la [v] cade: tagg., giust., arenz., rezzoaglio, saùn “sapone”; vall., vent., sanr. touřa; sav. tòua; tri., tagg., pigno. tòa; “tavolo” < *TAULA < TA(B)ULA ; vall. fouřa, vallecr., calizz., carp. fořa, genov. centr. fòua “favola” < FA(B)ULA.
5) Passaggio da -L- intervocalica a [ř].
Altro tratto fonetico unitario dei dialetti liguri è rappresentato da quello che viene tradizionalmente considerato un fenomeno del sostrato ligure preromano (C. Merlo), cioè il passaggio di -L- semplice intervocalica a una [ř] poco vibrante, articolata come apicale dorsale palatale o come apicale retroflessa (lo stesso passaggio interessa anche la –R- semplice). Mentre a Genova e, generalmente anche nella Liguria orientale, è ormai scomparsa (salvo in alcune zone appenniniche), si conserva ancora nei dialetti centrali, nel ponente ligure, in particolare nell’entroterra intemelio, (dove la [ř] ha un suono più palatale), in quello di Albenga e nell’Oltregiogo (dove ha un suono velare): alb., alass., vall., vallecr., apric müřa, sass., müra “mula”; alb., muřin, fin. M. murin; vall., vallecr., sold., muřin; pigno., arenz. pietr. müa, sav., arenz., pigno. muin sp. moin, sarz. mulin (la -l- si conserva nell’estremo levante) “mulino”. La rotacizzazione di -l- intervocalico a -ř- si ritrova anche in Provenza, cfr. [ALF 849], nel Piemonte meridionale [Cortemilia, AIS], nell’Emilia occidentale [Coli, Bardi, AIS], nell’area a cavallo del confine tra Piemonte e Lombardia e in una parte del Canton Ticino.
6) Esiti di GE, GI, DJ, J
L’assibilazione di GE, GI, DJ, J in [dz], copre una grande area dell’Italia superiore, dal Piemonte meridionale, alla Lombardia fino alla Lunigiana. Secondo Rohlfs [1966: 209- 213], [dz] è da considerarsi un sviluppo ulteriore di [ǧ /ʤ]. In Liguria si ritrovano sia la prima fase [dz] sia quella successiva in [z], sia, in alcune zone della Liguria occidentale vicine al Piemonte e alla Provenza, la conservazione di [ǧ /ʤ]; vall., vallecr. ğiögu; vent. zögu, sp. leric. ṡego, sarz. żogu, sass., calizz., campol., żö “gioco” < JOCU; vall., vallecr. péğiu, vent., sanr. pezu, calizz., campol. peżżu, alass., pietr., alb., loan. peṡṡu “peggio” <PEJU>.
7) Conservazione delle vocali atone
La conservazione delle vocali atone e delle vocali finali (tranne -e e -o dopo le consonanti -n-, -l-, -r-) rappresenta uno dei tratti peculiari del ligure rispetto agli altri dialetti gallo-italici. Al contrario dei tipi piemontese ed emiliano, nel ligure, se si escludono alcune zone dell’Oltregiogo (alt., mill. speǧ; dego ṡnuǧ) più esposte all’influsso piemontese ed emiliano e non soggette all’influenza genovese, le vocali atone e in particolare le vocali finali sono ben conservate: vall., vent., spegliu “specchio”; sass. speǧu, sestri L. spogiu, vall. ṡenugliu “ginocchio”, stell. żenugiu; sass. ṡenuǧu.
8) Esiti di KS (X), PSJ e -SJ-
Comune a tutta l’area ligure, salvo alcune zone dell’estrema Liguria orientale, è il passaggio -KS- e -PSJ- > - [š/ʃ] vall., vent., sanr., sav., sass. cöscia, vs. sp. côssa, “coscia” < COXIA, vent. cascelan, vallecr. cascelà “dente molare” <CAPSEU> [ž/ʒ], vall., vent. baixu, on., fin.mar. bôxu; spez. baso, “bacio” < BASIU.
9) Esiti palatali di PL, BL, FL, GL
La palatalizzazione di PL, BL e FL, che giunge agli esiti [č/ʧ], [ğ/ʤ], [š/ʃ], è spesso più avanzata rispetto a quella meridionale continentale e siciliana (chianu, sciuri, iancu): vall. ciàsa “piazza”< PLATEA; giàncu “bianco” < blank (germ.); duğu “doppio” < DUPLUM; sciuřa “fiore” < FLORE. Esiti simili si riscontrano curiosamente nel galego. La palatalizzazione in [ğ/ʤ] avviene anche da GL ma solo in posizione iniziale e postconsonantica: vall. giasa “ghiaccio” < GLACIA, geva “zolla di terra” < GLĒBA, vall., vallecr., bord. ungia < UNG(U)LA. Verso est l’area di diffusione del fenomeno si estende a tutta la Liguria, escludendo solo l’area marginale dell’estrema Liguria orientale e alcune zone appenniniche: gen., arenz. giancu, spez. gianco;. sant.stef.aveto fiümme < FLUMEN, sarz. biàncu, vezz. bianco. Verso il Piemonte la palatalizzazione arriva fino a Ormea, Garessio: čöve “piove”, časa “piazza”, čan “piano”, ğanku “bianco”, duğu “doppio”.
10) Lenizione di -T- e -D-
La lenizione di –T- e –D- fino alla scomparsa (sea < SAETA; niu < NIDU) interessa praticamente tutti i dialetti liguri, eccetto quelli della Liguria orientale dove abbiamo -d- primario e secondario da -T- conservato: batüdo “lardo triturato” (Calice al Cornoviglio), spez. ledáme “letame”, pigno. prádu “prato”.
11) Velarizzazione e rotacizzazione di -N-
In area genovese -N- semplice, in posizione postonica e seguita da vocale finale si velarizza pur mantenendo l’articolazione apicale prima della vocale: Noli kaṅpaṅna “campana”, laṅna “lana”. Nel corso del XVIII nel genovese vi fu la perdita dell’articolazione apicale prima della vocale: kaṅpaṅa, laṅa. Nella Liguria occ. e centr., fino a Finale e nella Liguria orient. da Varese Ligure e Levanto verso est -n- rimane inalterata, vall., vent. caṅpana, lana. Nelle zone montane di Pigna, Apricale e Triora si registra, invece, una rotacizzazione di -n-: apr. kaṅpanřa, trior. kaṅpanřa, pign. kaṅpařa.
12) Esito di -CL-
Un’altra caratteristica comune ai dialetti della Liguria occidentale, ma diversa dal ligure centrale è l’esito [ł/ʎ] di -CL- intervocalico: vall. aur̂églia “orecchia”< AURIC(U)LA [REW 793]; ṡenùgliu “ginocchio”< GENUC(U)LU [REW 3737]; fenugliu “finocchio” < FENUCULUM [REW 3246]. Nei dialetti di tipo genovese e nel ligure centrale, invece, si ha la palatalizzazione in ǧ: au̯ȓéǧa, żenúnǧu, fenúggiu, famiggia. In molti dialetti costieri (incluso il mentonasco) e dell’immediato entroterra del ponente ligure, l’esito tende ad uno sviluppo ulteriore in [i̯]: sanr. ur̂éja, zenuju; sold. aur̂eja, ment. awreja; dʒinuj “ginocchio”; vallecr. aur̂eia “orecchia”, mentre una fase intermedia [ii̯] si registra a Soldano: aur̂eii̯a. Questa isoglossa, che corrisponde all’esito provenzale di -CL- arriva fino a Taggia, Sanremo e alla media e alta valle Argentina (Badalucco, Montaldo, Triora) mentre Carpasio (aur̂égia) sulla sinistra della valle, va quasi sempre con il ligure centrale. Nella Liguria orientale (da Levanto fino alla Magra) si ha invece l’esito [č/ʧ] come nei dialetti di tipo emiliano: lev. uécia, zenuču, dial. di Campiggia fraz. di (SP) fenùciu, mentre alcune parlate dell’area spezzina presentano, anche se parzialmente, esiti simili a quelli di alcune parlate ponentine: a Maissana e a Campiglia méi̯u, a Vezzano méjë .
13) AU < óu̯
Altra caratteristica dei dialetti liguri occidentali rispetto, ad esempio, a quelli dell’area genovese, è l’esito di AU tonico latino che passa a óu̯: vall., vent., sanr. tóu̯r̂a “tavola” < TA(B)ULA [REW 8514]; fou̯r̂a “favola” < FA(BU)LA [REW 3124].; vall. ciousu “terreno coltivabile entro le mura della città” < CLAUSUM [REW 1973]; vall. cour̂u “cavolo” < CAULUS [REW 1778]. In genovese la AU passa invece a ō gen. fôa “favola” toa “tavolo”, cou “cavolo”, mentre in provenzale si mantiene prov. taulo “tavolo”, kaulet “cavolo”.
14) Dittongazione di e chiusa protoromanza in sillaba libera
La Liguria occidentale, dalla frontiera con la Francia fino ad arrivare ad Albenga, e la Riviera di Levante, da Monterosso a La Spezia, non conoscono il dittongo che, al contrario, si rileva nel genovese, dove la e chiusa dittonga in modo libero e generalizzato: mei̯se “mese”; pei̯ve “pepe”; sei̯a “sera”. Tra Albenga e Finale si trovano casi particolari del dittongo, quando e è seguita da r primaria o secondaria da -l-: abbiamo qui béve, péve, méze, ma sei̯r̂a, kandei̯ra, tei̯r̂a. La forma sei̯r̂a si trova anche nella Liguria occ. nel senso sia di “cera”, sia di “sera” sia di “ieri”. Per Merlo si tratterebbe di “attrazione” dei vocaboli in -eira, mentre Azaretti propone come etimi *SERIA e CEREA, cfr. anche Petracco Sicardi .
15) Esito di -LJ-
Una nota peculiarità del ligure occidentale e centrale, oltre che nell’Oltregiogo , è l’esito [ł] o [i̯] di -LJ- interno: vall. figliu, fiju; vallecr. fîu “figlio”, sass. fiju; alb. fìu < FILIUM [REW/REWS 3302]. Da Noli fino a La Spezia e Lerici, nonché nella Val di Vara e nella Val di Magra l’esito è invece ǧ arenz., gen. centr., sav. fiǧèu, vezz. figio. In alcune zone dell’area spezzina, infine, si ritrovano sporadicamente gli esiti dei dialetti del ponente sp. fíu.
16) Esiti di TR-
Nella Liguria occidentale e centrale l’esito principale di -TR- è [i̯r] come nel pro-venzale: vall., apric., sold., pair̂e/mair̂e “padre/madre”, vent., buss., campor. paire/màire; quest’esito non copre la Liguria orientale: pign., lev. pàe/mâe, màe. Nell’area attorno a Genova a causa della caduta di r, della monottongazione di ai e dell’epentesi di u dopo consonante labiale: gen., cic., lav., puè/muè. Nell’Oltre-giogo savonese, nella Val Trebbia e sulla costa tra Porto Maurizio e Albenga si ritrova invece l’esito [r] tipico dei dialetti padani (e del francese): alass., alb., sass., par̂e /mar̂e.
17) Dittongazione di o aperta
In Liguria la dittongazione di o aperta con passaggio a ö avviene in tre circostanze: a) quando essa si trova in sillaba aperta, b) per influsso metafonetico, c) presenza di una consonante palatale. A differenza del resto della regione, l’area orientale attua il passaggio a ö solo nei primi due casi, mentre nel terzo la dittongazione avviene nelle condizioni toscane: apric., baiard., badal., nöite, vent., vall., sanr., sold., nöte, “notte”, vs. spez. nóte; sanr., on., sass., giust. föja, vall., apric., campor., carp., föglia “foglia” vs. sp., sarz., riomagg. fògia.
18) Riduzione di QU e GU a [k] e [ġ]
Un altro elemento di differenziazione interna alle parlate liguri è la caduta della semivocale -u̯- dopo le velari k e ġ. Mentre quasi dappertutto sul territorio ligure, compresa la parte settentrionale dell’anfizona Liguria-Provenza che concorda con il retroterra piemontese, QU e GU davanti a vocale rimangono come [ku̯] e [ġu̯]: cuànde, cuàndu “quando”, aigua, ägua. “acqua” nelle parlate ad ovest della Valle Argentina la semivocale scompare completamente riducendosi a [k] e [ġ]: vall., vent., sanr. càndu, àiga. Questa forma si ritrova anche nei dialetti provenzali e catalani. Sporadicamente questi esiti si possono ritrovare in parlate arcaiche del ligure orientale montross. kátru “quattro” katórṡe “quattordici”, kélu “quello”.
vent. Ventimiglia IM
vall. Vallebona IM
vallecr. Vallecrosia IM
bord. Bordighera IM
apric. Apricale IM
sold. Soldano IM
pign. Pignone SP
baiard. Baiardo IM
badal. Badalucco IM
carp. Carpasio IM
fontanig. Fontanigorda GE
sanr. Sanremo IM
castelv. Castelvecchio SV
calizz. Calizzano SV
sass. Sassello SV
giust. Giustenice SV
pietr. Pietra Ligure SV
sav. Savona
arenz. Arenzano GE
gen. Genova
rossigl. Rossiglione GE
spez. La Spezia
lev. Levanto SP
sarz. Sarzana SP
loan. Loano SV
chia. Chiavari GE
leric. Lerici SP
cam. Camogli GE
vezz. Vezzano SP
cic. Cicagna GE
tagg. Taggia IM
monter. Monterosso SP
tri. Triora IM
alb.. Albisola SV
alass. Alassio SV
fin m. Finale Marina SV
campolig. Campoligure GE
sestri l. Sestri Levante GE
alt. Altare SV
mill. Millesimo SV
sant.stef.aveto Santo Stefano d’Aveto GE
1) Esito di Ū lunga latina.
In quasi tutta la Liguria l’esito di Ū è [ü]: vent. lüxe, spez.. lüṡe “luce” <LUCE>; in alcune località, tra cui Pigna (IM), la sua frazione Buggio e Fontanigorda (GE), vi è un’ulteriore evoluzione da ü > i, ad es.: pign. miřa, fontanig. mira “mula”.
Si conserva invece la [u] soltanto ad est della Spezia: vezz. mulo, fumo.
2) Palatalizzazione di -CT-
Quasi tutte le parlate liguri presentano il passaggio da -ct- latino a -jt- tipico dei dialetti galloitalici dell’Italia settentrionale, fenomeno spiegato spesso con il sostrato celtico e comune al francese: apric., baiard. carp., badal. nöjte “notte” < NOCTE, vall., vent., sanr., apric., sold., lajte “latte” < LACTE (nei dialetti intemeli il dittongo è sempre conservato dopo a, e, e in parte dopo ö, ü, mentre la [j] viene generalmente assorbita dopo ü e i: vent., vall. frütu “frutto” < FRUCTU; fritu “fritto” < FRICTU). In alcuni dialetti della fascia montana che va dall’Ingauna interna all’Oltregiogo savonese si ha, invece, la palatalizzazione in /č/ʧ/ castelv., calizz., sass., nöce, erli, giust. nöcce < NOCTE; castelv. láce, Erli, giust., calizz. lacce < LACTE come in molti dialetti lombardi e piemontesi. Viene da chiedersi quale sia stato l’esito originario ligure, dato che la palatalizzazione ʧ non è presente solo nella zona interna della provincia di Savona, dove vi sono forti influssi piemontesi, ma anche in paesi decisamente liguri. Nel piemontese stesso, l’esito –jt- sembra più recente. Nella Liguria orientale dalla linea Sesta Godano- Levanto l’esito è simile a quello toscano (-T- < -TT-: fato”fatto”). L’isoglossa è valida analogamente per gli esiti di -GD- che regolarmente vedono in quasi tutti i dialetti liguri fino a Levanto la vocalizzazione della G analoga a quella della C del gruppo CT [jd]: vall., sanr., pietr., sav., gen., arenz., ecc. frejdu; “freddo” < FRIGIDU, mentre nell’Oltregiogo abbiamo sass., rossigl. freǧu e nell’estremità orientale lev., sp. fredu, fredo.
3) Assibilazione di CE, CI in [ts]
In tutta la Liguria, escluse soltanto alcune zone dell’estremo est, CI e CE risultano, in posizione iniziale o postconsonantica generalmente assibilati in [ts] fontanig., sarz. furzina < *FURCINA, carp., imp., sass., stella, fontanig. zèrne < CERNERE, o nello stadio successivo in [s]: sav., loan. chia. séxa, , arenz., gen., lev. sȇxa “ciliegia” < CERESEA, vent. fursina, leric. forsina, cam. furscin-a “forchetta” leric. sesi, sp. séṡoi, “ceci” < CĬCĔRE. Nella Liguria occidentale alcuni termini presentano eccezionalmente conservata la fricativa palatale, cfr. con le forme vall., vallecr. ceřeixa “ciliegia/ciliegio”; vall. furčina “forchetta”; vall., sold., vallecr. apric. ceixi “ceci”, vent. céixi
4) Lenizione di -P- e -B-
La lenizione di -P e -B-, che ha come esito [v,], interessa tutta la Liguria: sarz., vezz. savòn; cic., chiav., vent. vall., alt. savùn “sapone” < SAPONEM; vall.; vent.; chiav. rava “rapa” < RĂPA; vall.; vent.; loan.; monter. savé “sapere” < SAPERE. In alcuni casi la [v] cade: tagg., giust., arenz., rezzoaglio, saùn “sapone”; vall., vent., sanr. touřa; sav. tòua; tri., tagg., pigno. tòa; “tavolo” < *TAULA < TA(B)ULA ; vall. fouřa, vallecr., calizz., carp. fořa, genov. centr. fòua “favola” < FA(B)ULA.
5) Passaggio da -L- intervocalica a [ř].
Altro tratto fonetico unitario dei dialetti liguri è rappresentato da quello che viene tradizionalmente considerato un fenomeno del sostrato ligure preromano (C. Merlo), cioè il passaggio di -L- semplice intervocalica a una [ř] poco vibrante, articolata come apicale dorsale palatale o come apicale retroflessa (lo stesso passaggio interessa anche la –R- semplice). Mentre a Genova e, generalmente anche nella Liguria orientale, è ormai scomparsa (salvo in alcune zone appenniniche), si conserva ancora nei dialetti centrali, nel ponente ligure, in particolare nell’entroterra intemelio, (dove la [ř] ha un suono più palatale), in quello di Albenga e nell’Oltregiogo (dove ha un suono velare): alb., alass., vall., vallecr., apric müřa, sass., müra “mula”; alb., muřin, fin. M. murin; vall., vallecr., sold., muřin; pigno., arenz. pietr. müa, sav., arenz., pigno. muin sp. moin, sarz. mulin (la -l- si conserva nell’estremo levante) “mulino”. La rotacizzazione di -l- intervocalico a -ř- si ritrova anche in Provenza, cfr. [ALF 849], nel Piemonte meridionale [Cortemilia, AIS], nell’Emilia occidentale [Coli, Bardi, AIS], nell’area a cavallo del confine tra Piemonte e Lombardia e in una parte del Canton Ticino.
6) Esiti di GE, GI, DJ, J
L’assibilazione di GE, GI, DJ, J in [dz], copre una grande area dell’Italia superiore, dal Piemonte meridionale, alla Lombardia fino alla Lunigiana. Secondo Rohlfs [1966: 209- 213], [dz] è da considerarsi un sviluppo ulteriore di [ǧ /ʤ]. In Liguria si ritrovano sia la prima fase [dz] sia quella successiva in [z], sia, in alcune zone della Liguria occidentale vicine al Piemonte e alla Provenza, la conservazione di [ǧ /ʤ]; vall., vallecr. ğiögu; vent. zögu, sp. leric. ṡego, sarz. żogu, sass., calizz., campol., żö “gioco” < JOCU; vall., vallecr. péğiu, vent., sanr. pezu, calizz., campol. peżżu, alass., pietr., alb., loan. peṡṡu “peggio” <PEJU>.
7) Conservazione delle vocali atone
La conservazione delle vocali atone e delle vocali finali (tranne -e e -o dopo le consonanti -n-, -l-, -r-) rappresenta uno dei tratti peculiari del ligure rispetto agli altri dialetti gallo-italici. Al contrario dei tipi piemontese ed emiliano, nel ligure, se si escludono alcune zone dell’Oltregiogo (alt., mill. speǧ; dego ṡnuǧ) più esposte all’influsso piemontese ed emiliano e non soggette all’influenza genovese, le vocali atone e in particolare le vocali finali sono ben conservate: vall., vent., spegliu “specchio”; sass. speǧu, sestri L. spogiu, vall. ṡenugliu “ginocchio”, stell. żenugiu; sass. ṡenuǧu.
8) Esiti di KS (X), PSJ e -SJ-
Comune a tutta l’area ligure, salvo alcune zone dell’estrema Liguria orientale, è il passaggio -KS- e -PSJ- > - [š/ʃ] vall., vent., sanr., sav., sass. cöscia, vs. sp. côssa, “coscia” < COXIA, vent. cascelan, vallecr. cascelà “dente molare” <CAPSEU> [ž/ʒ], vall., vent. baixu, on., fin.mar. bôxu; spez. baso, “bacio” < BASIU.
9) Esiti palatali di PL, BL, FL, GL
La palatalizzazione di PL, BL e FL, che giunge agli esiti [č/ʧ], [ğ/ʤ], [š/ʃ], è spesso più avanzata rispetto a quella meridionale continentale e siciliana (chianu, sciuri, iancu): vall. ciàsa “piazza”< PLATEA; giàncu “bianco” < blank (germ.); duğu “doppio” < DUPLUM; sciuřa “fiore” < FLORE. Esiti simili si riscontrano curiosamente nel galego. La palatalizzazione in [ğ/ʤ] avviene anche da GL ma solo in posizione iniziale e postconsonantica: vall. giasa “ghiaccio” < GLACIA, geva “zolla di terra” < GLĒBA, vall., vallecr., bord. ungia < UNG(U)LA. Verso est l’area di diffusione del fenomeno si estende a tutta la Liguria, escludendo solo l’area marginale dell’estrema Liguria orientale e alcune zone appenniniche: gen., arenz. giancu, spez. gianco;. sant.stef.aveto fiümme < FLUMEN, sarz. biàncu, vezz. bianco. Verso il Piemonte la palatalizzazione arriva fino a Ormea, Garessio: čöve “piove”, časa “piazza”, čan “piano”, ğanku “bianco”, duğu “doppio”.
10) Lenizione di -T- e -D-
La lenizione di –T- e –D- fino alla scomparsa (sea < SAETA; niu < NIDU) interessa praticamente tutti i dialetti liguri, eccetto quelli della Liguria orientale dove abbiamo -d- primario e secondario da -T- conservato: batüdo “lardo triturato” (Calice al Cornoviglio), spez. ledáme “letame”, pigno. prádu “prato”.
11) Velarizzazione e rotacizzazione di -N-
In area genovese -N- semplice, in posizione postonica e seguita da vocale finale si velarizza pur mantenendo l’articolazione apicale prima della vocale: Noli kaṅpaṅna “campana”, laṅna “lana”. Nel corso del XVIII nel genovese vi fu la perdita dell’articolazione apicale prima della vocale: kaṅpaṅa, laṅa. Nella Liguria occ. e centr., fino a Finale e nella Liguria orient. da Varese Ligure e Levanto verso est -n- rimane inalterata, vall., vent. caṅpana, lana. Nelle zone montane di Pigna, Apricale e Triora si registra, invece, una rotacizzazione di -n-: apr. kaṅpanřa, trior. kaṅpanřa, pign. kaṅpařa.
12) Esito di -CL-
Un’altra caratteristica comune ai dialetti della Liguria occidentale, ma diversa dal ligure centrale è l’esito [ł/ʎ] di -CL- intervocalico: vall. aur̂églia “orecchia”< AURIC(U)LA [REW 793]; ṡenùgliu “ginocchio”< GENUC(U)LU [REW 3737]; fenugliu “finocchio” < FENUCULUM [REW 3246]. Nei dialetti di tipo genovese e nel ligure centrale, invece, si ha la palatalizzazione in ǧ: au̯ȓéǧa, żenúnǧu, fenúggiu, famiggia. In molti dialetti costieri (incluso il mentonasco) e dell’immediato entroterra del ponente ligure, l’esito tende ad uno sviluppo ulteriore in [i̯]: sanr. ur̂éja, zenuju; sold. aur̂eja, ment. awreja; dʒinuj “ginocchio”; vallecr. aur̂eia “orecchia”, mentre una fase intermedia [ii̯] si registra a Soldano: aur̂eii̯a. Questa isoglossa, che corrisponde all’esito provenzale di -CL- arriva fino a Taggia, Sanremo e alla media e alta valle Argentina (Badalucco, Montaldo, Triora) mentre Carpasio (aur̂égia) sulla sinistra della valle, va quasi sempre con il ligure centrale. Nella Liguria orientale (da Levanto fino alla Magra) si ha invece l’esito [č/ʧ] come nei dialetti di tipo emiliano: lev. uécia, zenuču, dial. di Campiggia fraz. di (SP) fenùciu, mentre alcune parlate dell’area spezzina presentano, anche se parzialmente, esiti simili a quelli di alcune parlate ponentine: a Maissana e a Campiglia méi̯u, a Vezzano méjë .
13) AU < óu̯
Altra caratteristica dei dialetti liguri occidentali rispetto, ad esempio, a quelli dell’area genovese, è l’esito di AU tonico latino che passa a óu̯: vall., vent., sanr. tóu̯r̂a “tavola” < TA(B)ULA [REW 8514]; fou̯r̂a “favola” < FA(BU)LA [REW 3124].; vall. ciousu “terreno coltivabile entro le mura della città” < CLAUSUM [REW 1973]; vall. cour̂u “cavolo” < CAULUS [REW 1778]. In genovese la AU passa invece a ō gen. fôa “favola” toa “tavolo”, cou “cavolo”, mentre in provenzale si mantiene prov. taulo “tavolo”, kaulet “cavolo”.
14) Dittongazione di e chiusa protoromanza in sillaba libera
La Liguria occidentale, dalla frontiera con la Francia fino ad arrivare ad Albenga, e la Riviera di Levante, da Monterosso a La Spezia, non conoscono il dittongo che, al contrario, si rileva nel genovese, dove la e chiusa dittonga in modo libero e generalizzato: mei̯se “mese”; pei̯ve “pepe”; sei̯a “sera”. Tra Albenga e Finale si trovano casi particolari del dittongo, quando e è seguita da r primaria o secondaria da -l-: abbiamo qui béve, péve, méze, ma sei̯r̂a, kandei̯ra, tei̯r̂a. La forma sei̯r̂a si trova anche nella Liguria occ. nel senso sia di “cera”, sia di “sera” sia di “ieri”. Per Merlo si tratterebbe di “attrazione” dei vocaboli in -eira, mentre Azaretti propone come etimi *SERIA e CEREA, cfr. anche Petracco Sicardi .
15) Esito di -LJ-
Una nota peculiarità del ligure occidentale e centrale, oltre che nell’Oltregiogo , è l’esito [ł] o [i̯] di -LJ- interno: vall. figliu, fiju; vallecr. fîu “figlio”, sass. fiju; alb. fìu < FILIUM [REW/REWS 3302]. Da Noli fino a La Spezia e Lerici, nonché nella Val di Vara e nella Val di Magra l’esito è invece ǧ arenz., gen. centr., sav. fiǧèu, vezz. figio. In alcune zone dell’area spezzina, infine, si ritrovano sporadicamente gli esiti dei dialetti del ponente sp. fíu.
16) Esiti di TR-
Nella Liguria occidentale e centrale l’esito principale di -TR- è [i̯r] come nel pro-venzale: vall., apric., sold., pair̂e/mair̂e “padre/madre”, vent., buss., campor. paire/màire; quest’esito non copre la Liguria orientale: pign., lev. pàe/mâe, màe. Nell’area attorno a Genova a causa della caduta di r, della monottongazione di ai e dell’epentesi di u dopo consonante labiale: gen., cic., lav., puè/muè. Nell’Oltre-giogo savonese, nella Val Trebbia e sulla costa tra Porto Maurizio e Albenga si ritrova invece l’esito [r] tipico dei dialetti padani (e del francese): alass., alb., sass., par̂e /mar̂e.
17) Dittongazione di o aperta
In Liguria la dittongazione di o aperta con passaggio a ö avviene in tre circostanze: a) quando essa si trova in sillaba aperta, b) per influsso metafonetico, c) presenza di una consonante palatale. A differenza del resto della regione, l’area orientale attua il passaggio a ö solo nei primi due casi, mentre nel terzo la dittongazione avviene nelle condizioni toscane: apric., baiard., badal., nöite, vent., vall., sanr., sold., nöte, “notte”, vs. spez. nóte; sanr., on., sass., giust. föja, vall., apric., campor., carp., föglia “foglia” vs. sp., sarz., riomagg. fògia.
18) Riduzione di QU e GU a [k] e [ġ]
Un altro elemento di differenziazione interna alle parlate liguri è la caduta della semivocale -u̯- dopo le velari k e ġ. Mentre quasi dappertutto sul territorio ligure, compresa la parte settentrionale dell’anfizona Liguria-Provenza che concorda con il retroterra piemontese, QU e GU davanti a vocale rimangono come [ku̯] e [ġu̯]: cuànde, cuàndu “quando”, aigua, ägua. “acqua” nelle parlate ad ovest della Valle Argentina la semivocale scompare completamente riducendosi a [k] e [ġ]: vall., vent., sanr. càndu, àiga. Questa forma si ritrova anche nei dialetti provenzali e catalani. Sporadicamente questi esiti si possono ritrovare in parlate arcaiche del ligure orientale montross. kátru “quattro” katórṡe “quattordici”, kélu “quello”.
vent. Ventimiglia IM
vall. Vallebona IM
vallecr. Vallecrosia IM
bord. Bordighera IM
apric. Apricale IM
sold. Soldano IM
pign. Pignone SP
baiard. Baiardo IM
badal. Badalucco IM
carp. Carpasio IM
fontanig. Fontanigorda GE
sanr. Sanremo IM
castelv. Castelvecchio SV
calizz. Calizzano SV
sass. Sassello SV
giust. Giustenice SV
pietr. Pietra Ligure SV
sav. Savona
arenz. Arenzano GE
gen. Genova
rossigl. Rossiglione GE
spez. La Spezia
lev. Levanto SP
sarz. Sarzana SP
loan. Loano SV
chia. Chiavari GE
leric. Lerici SP
cam. Camogli GE
vezz. Vezzano SP
cic. Cicagna GE
tagg. Taggia IM
monter. Monterosso SP
tri. Triora IM
alb.. Albisola SV
alass. Alassio SV
fin m. Finale Marina SV
campolig. Campoligure GE
sestri l. Sestri Levante GE
alt. Altare SV
mill. Millesimo SV
sant.stef.aveto Santo Stefano d’Aveto GE