Intrigante
Inviato: sab, 31 mag 2014 16:56
Un settimanale di pettegolezzi e chiacchiere frivole (evito il forestierismo che tutti ci sentiamo già venire sulla punta della lingua) pubblica i risultati di un curioso sondaggio, secondo cui una signora che occupa una posizione molto eminente nelle istituzioni dello stato, piacerebbe a un campione di Italiani fra i 18 e i 60 anni perché «bella e intrigante». È vero che per cavarsela nel mondo della politica occorre anche sapersi muovere fra maneggi e intrighi, ma fino a non molti anni fa quell’aggettivo, intendo il secondo, si sarebbe usato solo in senso pesantemente derogatorio. Il suo uso in questo caso sarà apparso a molti improprio e inopportuno.
Ma non c’è causa che non trovi un avvocato difensore, e stavolta se ne è trovato uno di grido: il compianto Luciano Satta, linguaio senese. Attingendo alle sue estesissime conoscenze di letteratura italiana illustre e meno illustre, l’avvocato poteva rassicurarci che «intrigare nel senso di interessare (assai piú del suo participio intrigante come aggettivo [nota bene!]) ha qualche secolo di italica anzianità». Ammetteva che per qualche cosa «ci sarà di mezzo lo straniero», ma concludeva che «finché non ci assillerà l’abuso, intrigare è accettabile» (La Nazione, 9.6.’86).*
A me sembra questo un esempio, non certo l’unico, di come il molto sapere possa condurre a giudizi astratti e lontani dalla concretezza del parlare quotidiano. Chi ha rimesso in onore l’uso di intrigante come attributo di ‘cosa o persona che interessa, incuriosisce, appassiona’ non recuperava certo una preziosità dai testi di lingua che Satta avrebbe addotto per la sua assoluzione, semplicemente aveva confuso intrigante con l’inglese intriguing, cioè si era fatto ingannare platealmente da un ‘falso amico’.
Conclusione: quanto a me, continuerò a non seguire quest’uso, anzi mi schiero con quel tale che sentendo definire intrigante un romanzo, sbottò: «E il cardinale Mazarino che cos’era, avvincente?»
*Cito da Virginia Browne, Odd Pairs & False Friends, Zanichelli 1987, p. 139.
Ma non c’è causa che non trovi un avvocato difensore, e stavolta se ne è trovato uno di grido: il compianto Luciano Satta, linguaio senese. Attingendo alle sue estesissime conoscenze di letteratura italiana illustre e meno illustre, l’avvocato poteva rassicurarci che «intrigare nel senso di interessare (assai piú del suo participio intrigante come aggettivo [nota bene!]) ha qualche secolo di italica anzianità». Ammetteva che per qualche cosa «ci sarà di mezzo lo straniero», ma concludeva che «finché non ci assillerà l’abuso, intrigare è accettabile» (La Nazione, 9.6.’86).*
A me sembra questo un esempio, non certo l’unico, di come il molto sapere possa condurre a giudizi astratti e lontani dalla concretezza del parlare quotidiano. Chi ha rimesso in onore l’uso di intrigante come attributo di ‘cosa o persona che interessa, incuriosisce, appassiona’ non recuperava certo una preziosità dai testi di lingua che Satta avrebbe addotto per la sua assoluzione, semplicemente aveva confuso intrigante con l’inglese intriguing, cioè si era fatto ingannare platealmente da un ‘falso amico’.
Conclusione: quanto a me, continuerò a non seguire quest’uso, anzi mi schiero con quel tale che sentendo definire intrigante un romanzo, sbottò: «E il cardinale Mazarino che cos’era, avvincente?»
*Cito da Virginia Browne, Odd Pairs & False Friends, Zanichelli 1987, p. 139.