«Amare» ~ «voler bene»

Spazio di discussione su questioni di lessico e semantica

Moderatore: Cruscanti

Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Il vernacolo ha perso la potenza d'un tempo e i giovani usano spesso un verbo abusato come amare al posto del piú genuino vulé be'. Triste è poi constatare come dalla bocca dei ragazzi fuoriesca quasi sempre il verbo flirtare, quando gli anziani ricorrono invece al piú naturale amicasse (lett. farsi un amante). :)
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Zabob ha scritto:Per "odiare" esiste una forma meno marcata, simmetrica rispetto a "voler bene", o va bene dire, per es., «odio guidare in mezzo al traffico»?
Io ricordo uno dei Puffi che diceva "io odio" riferito alle cose più disparate.
Pugnator
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Intervento di Pugnator »

Rispolvero la discussione solamente per precisare che il verbo "Ammare", l'equivalente di "Amare" è presente nel napoletano(Da notare che "ammare" significa anche "amare" inteso come aggettivo plurale femminile di amaro.Inoltre è pure la forma unita di "a mmare" che significa "a mare"). Infatti si può trovare pure in:

La Tiorba a Taccone de Felippo Sgruttendio de Scafato (Data 1783)
"Sta, Poledora avea lo core puro
Le pparole cojete,
E se facev'ammare da le pprete"

Il Pastor Fido in lingua napoletana (Data 1785)
" E mme mparaie da peccerella ammare"
"O doje arme ad ammare senza gusto"
"E no ha d'ammare affetto"
"Stregnimmonce ad ammare, ca te ceca"
"Appresso senta conca vole ammare"
e molti altri versi sempre dalla suddetta opera.


Micco Passaro nnamorato (1666)
"Voze ammare sta figlia de Cornuto,
Che m'ha chiavato dinto a sto tavuto"
" e d'esserle obrecata ad ammare"
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Qui si dice tu mi garbi per indicare l'attrazione fisica e ti voglio bene per quella «platonica». Amare (amà) è abusato e poco spontaneo, al massimo si dice son innamorato di te che non è però la stessa cosa.
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Sixie
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Intervento di Sixie »

Ferdinand Bardamu ha scritto:
u merlu rucà ha scritto:Nel mio dialetto, e in generale nei dialetti liguri, non esiste amare, ma solo volere bene.
Nemmeno nel mio. Questo sembra confermare quanto scrisse il Bindi nel passo del Dizionario dei sinonimi su riportato: popolarmente, amare non si usa, è vero.

Mi chiedo però se è una lacuna che ha origini storiche — ciò che renderebbe amare un cultismo, o giú di lí — oppure per cosí dire psicologiche: in quest’ultimo caso, il sentimento denotato dall’amare sarebbe sentito come degno soltanto di Dio.
Del Bindi, intende dire?
Non poteva essere altrimenti, dal suo punto di vista, di fronte agli usi della devozione religiosa popolare. A metà Ottocento si stava compiendo faticosamente il passaggio dalla liturgia in latino a quella in italiano.
Sia fra i contadini sia fra i popolani della città, ignari non solo del latino ma anche della corretta lingua nazionale, nasceva allora un miscuglio di latino - lingua nazionale - dialetto locale assolutamente inqualificabile ma interessante, comunque, per capire la posizione psicologica del popolo al riguardo.
Amare rimarrà, nel linguaggio popolare, un verbo estraneo all'uso affettivo, riservato appunto alla sfera della religione ufficiale, sentita come allontanante se non incomprensibile.
We see things not as they are, but as we are. L. Rosten
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sixie ha scritto:Amare rimarrà, nel linguaggio popolare, un verbo estraneo all'uso affettivo, riservato appunto alla sfera della religione ufficiale, sentita come allontanante se non incomprensibile.
Verissimo. Infatti una domanda come «La àmito?» [=La ami?], rivolta a un ragazzo che frequenta una ragazza, mi suonerebbe come un miscuglio d’italiano e dialetto, un dialetto interferito. Normalmente si direbbe «Ghe vóto ben?» [=Le vuoi bene?].
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andrea scoppa
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Re: «Amare» ~ «voler bene»

Intervento di andrea scoppa »

Dicono che, in sardo, la parola «amare» non c'è. E l'affermazione può essere vera, ma deve essere anche intesa in modo corretto. Del resto, domandiamoci: nella lingua letteraria italiana, la parola «amare» è piú detta o piú scritta? Non c'è esitazione: [è] molto piú scritta che detta; perché, nel parlato, una forma come «voler bene» fa una seria concorrenza al termine letterario «amare». In Sardegna, questo è sentito in modo particolare, per la natura e la psicologia riservata e chiusa, che è propria dei sardi. (Giacomo Devoto, nell'Italia dei dialetti, Detti d'amore, 1969)
È cosí piana e naturale e lontana da ogni ombra di affettazione, che i Toscani mi pare, pel pochissimo che ho potuto osservare parlando con alcuni, che favellino molto piú affettato, e i Romani senza paragone.
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