Il caso degli articoli appartiene, come lei ben sa, al campo della morfosintassi, che, entro certi limiti, può subire trasformazioni di secolo in secolo senza snaturare la lingua: una sequenza come /iltsappa'tore/ non iscompagina la prosodia dell’italiano; s’è affermata la forma /lotstsappa'tore/, piú ligia alla genuina fonetica italiana, e questo nessuno lo riproverebbe (anche se la forma leopardiana e di altri autori è sempre giustificabile). La trasformazione dell’aureo
pruova nell’argenteo
prova è un altro esempio dei cambiamenti che l’italiano può accogliere restando sé stesso.
E resta sé stesso anche coll’impiego di costruzioni antiche, come quella di
mancare transitivo. Noi possiamo e dobbiamo respingere la mancanza della preposizione ‘a’ con aggettivi come
attinente, inerente, afferente, ecc., ma solo perché tali costrutti sono in contrasto, oltreché col latino, con la tradizione letteraria, che giunge fino ai giorni nostri. Ma la ragione dovrebbe suggerirci di prendere
cum grano salis certe affermazioni presenti in alcuni libri che si vorrebbero ‘guide’ al bello scrivere. Spesso si mostra che tali opere sono di stampo puristico, e con criteri labili.
Sono del parere che le innovazioni compatibili col sistema lessicale e sintattico dell’italiano non si debbano rifiutare per amore di certe «regole», talvolta arbitrarie e prive di fondamento (si pensi alle regolette senza senso della virgola, del gerundio e del
sé stesso). Ma nel caso di
mancare transitivo, siamo di fronte a un uso ben attestato da lungo tempo; il purismo, allora, non ha ragion d’essere.
Tempo fa, in queste medesime stanze, parlai di
appropriarsi, che nell’uso migliore dovrebbe essere transitivo (
appropriarsi qualcosa, come sempre s’è scritto da tempo immemorabile). Tuttavia, oggi s’è imposto
appropriarsi di qualcosa; non mi piace, ma l’accetto come un’evoluzione che non danneggia il sistema della lingua, perché segue strade battute come quella dell’analogia (
impadronirsi e
impossessarsi vogliono ‘di’). Non mi garba (e lo rifiuto)
digitale per
numerico, perché in contrasto col nostro lessico; cionnonostante lo considero un male minore rispetto a chi, credendo di fare sfoggio di cultura, dice e scrive *
un affaire intricato invece del corretto
un’affaire intricata.
I giudizi sulla correttezza andrebbero sempre considerati da un punto di vista storico. Un uso presente nella lingua per oltre ottocento anni non si può subitamente escludere; un uso nuovo, in armonia con le strutture della lingua e col sistema lessicale, si deve invece accogliere se costituisce un arricchimento delle possibilità espressive.