«Monitor ‹risoluto›»
Inviato: ven, 05 dic 2014 19:59
A proposito di aggettivi usati in accezioni inaudite, segnalo l’uso di risoluto per dire ‹ad alta risoluzione›, in unione a sostantivi come monitor. Di questa estensione di significato parla anche il consulente linguistico della Treccani («Dopo le ‹porte allarmate› i monitor ‹risoluti›?», chiede un utente).
L’autore della risposta nella sezione «Domande e risposte» della Treccani conclude dicendo: «Evidentemente il primo impatto con la novità di significato ci fa reagire in modo difensivo, provocando in noi l'immediata controffensiva ironica sul monitor umanizzato, risoluto 'fermamente deciso' o 'energico'. Bisogna avere pazienza.» Ebbene, mantenendo uno sguardo il piú possibile spregiudicato, pur con gli enormi limiti delle mie scarse conoscenze, vorrei cercare di dimostrare che allarmato e risoluto, nei significati che qui consideriamo, non sono paragonabili e non possono essere tollerati allo stesso modo, come sembra suggerire il consulente.
Allarmato è un participio passato rianalizzato come aggettivo. È una forma puramente aggettivale, giacché non esiste il verbo *allarmare nell’accezione di ‹dotare di allarme›. L’interpretazione dell’aggettivo è passiva (‹(che è stato) fornito di allarme›) ed è del tutto corretta, cosí come è corretto dire porta vetrata (=‹fornita di vetri›) anche se non esiste il verbo *vetrare. Si può dunque ironizzare sull’ambiguità semantica dell’aggettivo, ma esso, per lo meno in certi sgraziati gerghi tecnici, ha una sua ragion d’essere. L’ambiguità, peraltro, è dovuta soltanto al significante, perché non si può mai dare confusione tra i due significati, che si applicano a sostantivi affatto diversi (esseri umani, animali ~ oggetti).
Risoluto, invece, come participio rianalizzato, dovrebbe voler dire ‹fornito di risoluzione›, accezione che sembrerebbe considerare la risoluzione come una caratteristica separabile. Il suo significato nel contesto informatico, per com’è comunemente inteso, è però ‹che ha un’alta risoluzione›, o qualcosa di simile. La diatesi dei participi usati come aggettivi può essere attiva, ma solo in pochissimi casi, ad es. bevuto (‹che ha bevuto›, quindi ‹ubriaco›) o ammirato (‹pieno d’ammirazione›). In piú, risoluzione, in sé, non significa ‹alta risoluzione›: anche volendo ammettere l’interpretazione passiva, non si può dare a risoluto il significato di ‹fornito di alta risoluzione›.
Insomma, risoluto può avere qualche utilità pratica nel descrivere uno schermo in qualche foro in rete, ma pare proprio mal formato. Che ne dite? Siete d’accordo?
L’autore della risposta nella sezione «Domande e risposte» della Treccani conclude dicendo: «Evidentemente il primo impatto con la novità di significato ci fa reagire in modo difensivo, provocando in noi l'immediata controffensiva ironica sul monitor umanizzato, risoluto 'fermamente deciso' o 'energico'. Bisogna avere pazienza.» Ebbene, mantenendo uno sguardo il piú possibile spregiudicato, pur con gli enormi limiti delle mie scarse conoscenze, vorrei cercare di dimostrare che allarmato e risoluto, nei significati che qui consideriamo, non sono paragonabili e non possono essere tollerati allo stesso modo, come sembra suggerire il consulente.
Allarmato è un participio passato rianalizzato come aggettivo. È una forma puramente aggettivale, giacché non esiste il verbo *allarmare nell’accezione di ‹dotare di allarme›. L’interpretazione dell’aggettivo è passiva (‹(che è stato) fornito di allarme›) ed è del tutto corretta, cosí come è corretto dire porta vetrata (=‹fornita di vetri›) anche se non esiste il verbo *vetrare. Si può dunque ironizzare sull’ambiguità semantica dell’aggettivo, ma esso, per lo meno in certi sgraziati gerghi tecnici, ha una sua ragion d’essere. L’ambiguità, peraltro, è dovuta soltanto al significante, perché non si può mai dare confusione tra i due significati, che si applicano a sostantivi affatto diversi (esseri umani, animali ~ oggetti).
Risoluto, invece, come participio rianalizzato, dovrebbe voler dire ‹fornito di risoluzione›, accezione che sembrerebbe considerare la risoluzione come una caratteristica separabile. Il suo significato nel contesto informatico, per com’è comunemente inteso, è però ‹che ha un’alta risoluzione›, o qualcosa di simile. La diatesi dei participi usati come aggettivi può essere attiva, ma solo in pochissimi casi, ad es. bevuto (‹che ha bevuto›, quindi ‹ubriaco›) o ammirato (‹pieno d’ammirazione›). In piú, risoluzione, in sé, non significa ‹alta risoluzione›: anche volendo ammettere l’interpretazione passiva, non si può dare a risoluto il significato di ‹fornito di alta risoluzione›.
Insomma, risoluto può avere qualche utilità pratica nel descrivere uno schermo in qualche foro in rete, ma pare proprio mal formato. Che ne dite? Siete d’accordo?