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Raddoppiamento dopo i pronomi «me» e «te»

Inviato: mer, 17 dic 2014 8:55
di Zabob
Sulla Grammatica del Serianni (I.65a) ho letto che si ha raddoppiamento dopo i monosillabi forti, fra cui vengono elencati te (forma tonica) e me.
Visto che non capivo cosa s'intendesse per "forma tonica" del pronome te, sono passato al DiPI, dove trovo:
te
(pron. inattivante) te° • ~ lo dico teloˈdiko
◇ (pron. attivante) te* • a ~ sembra attesˈsembra
me
(pron. inattivante) me° • ~ ne vado meneˈvado
◆ (↑mé, ↓mè, pron. attivante) ˈme* • a ~ piace ammepˈpjaʧe

Perché una forma provoca raddoppiamento e l'altra no? E soprattutto: i pronomi "attivanti" sono le forme oblique e quelli "inattivanti" le forme clitiche, ho capito bene?

P.S.: nell'elenco dei monosillabi non accentati Serianni non include blu (tant'è vero che in I.68 nota la forma univerbata blucerchiato in mancanza di «un modello preesistente»).

Re: Raddoppiamento dopo i pronomi «me» e «te»

Inviato: mer, 17 dic 2014 11:08
di Carnby
Zabob ha scritto:nell'elenco dei monosillabi non accentati Serianni non include blu (tant'è vero che in I.68 nota la forma univerbata blucerchiato in mancanza di «un modello preesistente»).
Perché blu è un francesismo adattato (fino a poco tempo fa si scriveva bleu) e piuttosto recente; in ogni caso in Toscana, se ci fosse una squadra sportiva con i colori della Sampdoria, si direbbe bluccerchiato, perlomeno nel parlato spontaneo.

Re: Raddoppiamento dopo i pronomi «me» e «te»

Inviato: mer, 17 dic 2014 11:28
di Infarinato
Zabob ha scritto:Perché una forma provoca raddoppiamento e l'altra no? E soprattutto: i pronomi "attivanti" sono le forme oblique e quelli "inattivanti" le forme clitiche, ho capito bene?
Sí. :) «Domanda delle cento pistole» la sua, caro Zabob, su cui si dibatte già da fine Ottocento e a cui Michele Loporcaro ha dedicato un intero libro (L’origine del raddoppiamento fonosintattico: saggio di fonologia diacronica romanza, Basilea e Tubinga: «Francke Verlag», 1997).

Sostanzialmente, a parte quelli che rientrano fra le forme che presentano «raddoppiamento fonosintattico irregolare» (*) diacronicamente determinato dall’assimilazione di una consonante finale latina (classe 1c), sono raddoppianti (**) tutt’i monosillabi «fonologicamente accentati» (classe 1b), cioè «dotati di un accento nella rappresentazione fonologica» (Loporcaro, op. cit., p. 7), ovvero «potenzialmente accentati»… anche se non necessariamente sempre accentati all’interno di frase.

Ad esempio, sto non è accentato nella frase sto male, ma è «potenzialmente accentato», perché è accentato in altri contesti, e.g., in ci sto. Analogamente per il me obliquo, mentre il me clitico (allomorfo combinatorio di mi) non può mai essere accentato (se non metalinguisticamente).
Zabob ha scritto:P.S.: nell'elenco dei monosillabi non accentati Serianni non include blu
E [qui], per quanto sopra ricordato, sbaglia. ;)

__________________________

(*) «Irregolare» in sincronia, ovviamente, in quanto non determinabile a partire da condizioni fonologiche sincroniche, ma giustificatissimo (anzi, il solo giustificato) in diacronia.

(**) In italiano, cioè in toscano «[fonologicamente] canonico» (parzialmente esclusa Lucca, quindi, ed escluso Arezzo) e nei «dialetti toscanizzati» (romanesco etc.), gli altri dialetti centromeridionali di norma presentando esclusivamente il tipo irregolare.

Inviato: mer, 17 dic 2014 11:30
di Zabob
Ci sarebbe anche mo ("mo vengo" /mɔvˈvɛngo/).

Inviato: mer, 17 dic 2014 11:42
di Carnby
Zabob ha scritto:Ci sarebbe anche mo ("mo vengo" /mɔvˈvɛngo/).
Quel mo è considerato regionale. In Toscana si usa solo «(a) mo' (di...)» /'mɔ*/ e «mo'» (apocope di mostra, usato anche come richiamo per qualcosa, oggi un po' desueto) /'mo*/.

Inviato: mer, 17 dic 2014 12:04
di Zabob
E aggiungo pure pro, forma troncata di "prode" (arcaismo che si rinviene anche come prò e pro'), da cui deriva il sost. pro (="vantaggio").

Inviato: mer, 17 dic 2014 12:25
di Infarinato
Se v’interessa l’elenco completo (forme arcaiche e desuete incluse), lo potete trovare in Camilli & Fiorelli (1965), ovvero: Amerindo Camilli, Pronuncia e grafia dell’italiano, terza edizione riveduta a cura di Piero Fiorelli, «Sansoni», Firenze 1965.

Inviato: mer, 17 dic 2014 12:54
di Zabob
Quanta approssimazione (eufemismo) c'è sul raddoppiamento fonosintattico, tanto più grave se si riscontra in chi pretende d'insegnarne le regole!
Ho qui davanti tre manualetti di dizione e comunicazione:
1) A.M. Romagnoli, La parola che conquista: raddoppiamento non pervenuto (ma ben 8+27 pagine di "desinenze" per le e e le o!);
2) N. Ramorino, Corso di dizione: danno luogo a raddoppiamento i polisillabi trochi, i monosillabi [tutti? ma gli esempi son fatti solo con quelli "forti", N.d.Z.], tutte le parole monosillabe derivate da troncamento, le «bisillabe piane: come, dove, ove, ogni, qualche, sopra... quando s'appoggino con il senso e con l'accento alla parola che segue»[*], le «esclamazioni ah, oh, eh, o»;
3) A. Lori, Speaker - La comunicazione verbale: danno luogo a raddoppiamento i monosillabi [idem c.s.], le parole tronche e le esclamazioni.

[*] concetto quello dell'«appoggio alla parola seguente«, limitatamente a come e dove, esposto anche nel DOP

Inviato: mer, 17 dic 2014 13:50
di Zabob
Sull'Enciclopedia dell'Italiano Treccani in linea (voce Raddoppiamento sintattico) leggo: «da non rafforza a Roma, mentre lo fa dove, che invece non induce raddoppiamento a Firenze.» :!:
Il [come] sei bravo! komeˈsɛi ˈbravo, -sˈs- del DiPI è un refuso o è corretto non raddoppiare quando come è usato come sin. di quanto?

Inviato: mer, 17 dic 2014 23:09
di Infarinato
Zabob ha scritto:Il [come] sei bravo! komeˈsɛi ˈbravo, -sˈs- del DiPI è un refuso o è corretto non raddoppiare quando come è usato come sin. di quanto?
È un refuso: ci vorrebbe un punto, non la virgola.

Inviato: ven, 19 dic 2014 23:49
di Ivan92
Ma qual è la differenza che intercorre tra la forma obliqua del pronome e quella clitica? La prima è tonica e la seconda è atona?

Inviato: sab, 20 dic 2014 0:18
di Zabob
Lo dico a te (forma tonica) ~ Te lo dico (forma atona).

Inviato: sab, 20 dic 2014 0:41
di Ivan92
Sí, fin qui nessun problema. Mi riferivo alla distinzione fatta da Lei e approvata da Infarinato: se le forme oblique son quelle attivanti e le forme clitiche son quelle inattivanti, significa semplicemente che le prime son toniche e le seconde son atone, giusto? Qui, per esempio, leggo che le forme oblique, oltre che toniche, son anche atone. Che abbiano usato obliqui al posto di clitici?

Inviato: sab, 20 dic 2014 0:53
di Zabob
Devo aver usato impropriamente il termine "obliquo": i casi obliqui sono quelli non diretti, ossia diversi da nominativo, accusativo e vocativo.
Quindi «vedo te» e «ti vedo» sono entrambe forme dirette, la prima tonica e la seconda atona e clitica; «dico a te» e «ti dico» sono entrambe forma oblique (dativo), la prima tonica, la seconda atona e clitica (v. qui).

Inviato: sab, 20 dic 2014 1:07
di Ivan92
Ecco, volevo arrivar qui: se una forma obliqua può essere clitica —e lo abbiamo dimostrato—, l'asserzione «i pronomi attivanti sono le forme oblique e quelli inattivanti le forme clitiche » non è imprecisa?