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«Sastrugi»
Inviato: dom, 14 giu 2015 14:14
di sempervirens
Buongiorno! Trovo in rete la parola sastrugi. Non conoscendola faccio una piccola ricerca. Purtroppo i rinomati dizionari poco mi aiutano.
Cercando "nei bassifondi della rete" vedo che c'è anche il singolare sastrugo, accompagnato dalla controparte femminile sastruga.
Escludo il plurale sastrughe, ma qui mi fermo perché altro non so.
Tutte le forme sono giuste? Sastrugi, sastrugo e sastruga?
Grazie!
Inviato: dom, 14 giu 2015 14:33
di Carnby
È una
parola russa (заструга, plurale заструги). Siccome non confligge con le regole fonotattiche italiane, si può accettare così com'è (ma preferirei trascriverla
zastruga e considerarla invariabile).
Inviato: dom, 14 giu 2015 14:45
di sempervirens
Una parola russa? Sa se è entrata nell'italiano di recente? La cosa mi farebbe non poco piacere. Sempre 'sta lingua inglese!
Allora "I sastrugi" come ho letto poco tempo fa in rete è da considerarsi forma vagante, non completamente stabilizzata, visto che non si trova nei maggiori dizionari? Sa per caso il genere grammaticale della parola in russo?
Comunque grazie per il Suo intervento e aiuto!

Inviato: dom, 14 giu 2015 15:06
di Carnby
La parola russa заструга (zástruga o zastrúga) è di genere femminile. Il plurale è заструги (zástrugi o zastrúgi). Si riferisce a un tipo di formazione nevosa (e anche sabbiosa) ma direi che è ancora una parola di basso uso e non molto conosciuta anche dagli appassionati.
Inviato: dom, 14 giu 2015 15:48
di sempervirens
Non mi aspettavo così tanta precisione nei particolari. La ringrazio per la Sua spiegazione dettagliata. Eh, sì, dalla Russia non potevano venire che queste parole inerenti
alla neve,
al freddo e consimili. Spero tanto che la parola venga usata, anche perché una parola simile in italiano non credo che ci sia.
Duna di neve, come ci viene descritta nell'appassionante sito
www.sopravvivere.net dove ho tratto tale parola? Forse.

FT: «inerente a»
Inviato: dom, 14 giu 2015 19:09
di Marco1971
sempervirens ha scritto:...queste parole inerenti la neve, il freddo e consimili.
...
inerenti alla neve, al freddo...

Inviato: dom, 14 giu 2015 20:17
di Sixie
sempervirens ha scritto:…anche perché una parola simile in italiano non credo che ci sia.
In italiano forse no, ma nella lingua in cui scrive Mauro Corona forse sì:
" Della neve conoscevano le facce, ne cadeva di ogni tipo, e la chiamavano per nome. Lassù cadeva la neve Boltina (...). E poi la Soltrigia, o Nivasca (...). E poi veniva la Belfa (...). E ancora la Cressa (...). Verso l'estate ... era la Fedosa (...). In ultima cadeva Molfana ... era bella, austera e dura."
M.Corona, La voce degli uomini freddi, Mondadori, 2014. p.122
Non sono nomi poetici (anche se lo sembrano) ma definizioni di differenti tipi di neve : a pallini, mista a pioggia, finemente polverizzata, a falde larghe, lanosa e infine l'austera Molfana, sulla quale nutro qualche dubbio, dato il nome da fata.

Inviato: dom, 14 giu 2015 22:42
di u merlu rucà
Della neve conoscevano le facce, ne cadeva di
ogni tipo, e la chiamavano per nome. Lassù cadeva
la neve Boltina, sciami di pallini duri, sottili e fitti
che pungevano il viso come api. E poi la Soltrigia,
o Nivasca, rada e mista a pioggia. Di solito veniva
al tempo delle rane di marzo e aveva una faccia
umida come una bimba piangente. Con quella neve
lì si camminava sempre nella poltiglia, la Soltrigia
appunto. Veniva usata per mandar giù i tronchi dai
canaloni che scivolavano come sul sapone. E poi
veniva la Belfa, una sorta di cipria finta, bella e
delicata come un viso giovane. Cadeva esalando un
sospiro come quello degli animali prima di dormire.
Era buona per buttarci il letame, che lo assorbiva
spingendolo nella terra. E ancora la Cressa, neve
farfallona e allegra, a falde larghe. Cadeva danzando
come foglie d’autunno e cresceva in fretta come gli
uccelli nel nido. Quella l’adoperavano per tener giù e
frollare le patate della semina. Verso l’estate, quando
veniva improvvisa la nevicata, era la Fedosa a coprire
tutto, chiamata così perché somigliava a lana di
pecora e lassù la pecora era la feda. Andava bene per
ammorbidire il legno di nocciolo per fare gerle e ceste
in modo che a piegarlo non si rompesse. In ultima
cadeva Molfana, neve particolare a fiocchi fitti, stretti
uno all’altro come fili d’erba. Era bella, austera e dura.
Veniva col vento dei mesi freddi, gennaio e febbraio,
e proprio perché la portava il vento si calcava subito,
induriva e gli uomini potevano camminarci sopra
senza affondare.
Inviato: lun, 15 giu 2015 0:54
di sempervirens
Grazie per tutte le risposte esaurienti che ho ricevuto! Pure l'ennesima correzione...

Bene bene. Di più non potrei chiedere. Gira e rigira un'altra domanda però ce l'ho.
Le citazioni che leggo sono belle, bellissime, ma, perché mai ai nomi di neve la lettera maiuscola? Nomi propri?
O forse per questo?
"... e la chiamavano per nome. "
Sastrugi o sastruga, (zástruga o zastrúga), è nome comune. Su questo punto siamo d'accordo, giusto?
Inviato: lun, 15 giu 2015 14:19
di domna charola
Sì, credo che il motivo sia quello. Avendo conosciuto Mauro Corona, in una sera di novembre del secolo scorso in un bar di Claut, e avendo ancora ben vivo il modo con cui raccontava della sua terra e delle sue tradizioni - a due sconosciuti dietro un bicchiere di vino, non a un cronista dietro una telecamera - mi sembra di sentire ancora adesso quelle maiuscole, cesellate anche nel modo di pronunciare i termini relativi al mondo delle vette dolomitiche.
Inviato: mar, 16 giu 2015 1:01
di sempervirens
Interessante. Sicuramente un certo effetto lo fa. Personificare gli eventi naturali chiamandoli per nome, come se fossero persone, dee o dei.
Mi ricorda da vicino la lingua giapponese, nella quale l'uso degli articoli è sconosciuto, cosicché ti soffermi un po' per capire se nel parlato si allude a persone o a cose. Dopo tutti questi anni ancora non mi ci sono abituato.
Immagino che nello scritto si debba rigorosamente mettere la maiuscola. No, lo chiedo perché comincio a vedere ai livelli inferiori della rete molte frasi dove ai nomi comuni spesso e volentieri non si antepone alcun articolo anche quando ci vorrebbero veramente (sicuramente per influenza della lingua inglese, penso io).
Quindi, se mi si consente di allungare la discussione, potrei dire benissimo "Arriva Nevischio!" invece di "Comincia a nevischiare!" Nel senso figurativo di "Il nevischio è alle porte!".
Inviato: mar, 16 giu 2015 8:05
di domna charola
sempervirens ha scritto:Quindi, se mi si consente di
allungare la discussione, potrei dire benissimo "Arriva Nevischio!" invece di "Comincia a nevischiare!" Nel senso figurativo di "Il nevischio è alle porte!".
Secondo me, dipende dal contesto e dal registro.
Ovvero, certe scelte linguistiche, che hanno un senso profondo quando radicate in una "visione del mondo" peculiare – intendendo con questo termine tutto ciò che va da una concezione filosofica a quella religiosa dell'ordine e del senso delle cose e dell'essere – se trasferite al di fuori della loro cornice vengono "snaturate" e perdono anhe la loro forza espressiva.
Un conto è un racconto mitico, fatto da un uomo che vive in quella terra e forse – a modo suo – crede tuttora a quelle anguane e folletti che lo accompagnano e spiano sul monte (e ha appena finito di cazziarti perché sei un rappresentante di quella categoria cittadina che dice di "conoscere la Terra", ma non ha saputo evitare la frana del Vajont), e un altro il personificare noi correntemente delle forze naturali che sappiamo benissimo essere il risultato di squilibri barici, correnti a getto e rimestamenti vari dell'atmosfera.
Una tantum, come titolo che evidenzia un fenomeno eccezionale, può starci ("Arriva Gelo", affermazione solenne, definitiva, che ha senso per rafforzare l'idea del gelo assoluto, di una previsione meteo eccezionale e veramente catastrofica); ma secondo me va evitato assolutamente il rischio di banalizzare la cosa, trasformandola in una comoda frase fatta, svuotata di quello stupore panico – tipico dell'Uomo antico di fronte alle forze della Natura – che l'aveva generata.
Il passo da un'espressione forte – e carica di significati allusivi ed emozionali – a una delle solite formule preconfezionate del giornalismo a corto di idee, quel passo, dicevo, è brevissimo. E il risultato sarebbe solo la perdita di un altro mattoncino espressivo della nostra ricchissima lingua.
P.S. L'assenza di articoli davanti ai nomi, in Rete, può essere anche il riflesso di un uso sintetico della lingua, condizionato dai limiti tecnologici dei mezzi a disposizione.
Così come in un messaggio da un telefonino abbrevio "ch" in "k", "cmq" e "x" al posto di "comunque" e "per", anche su certi strumentini dalla tastiera piccola e scomoda, oppure usata di corsa mentre si guida, viene spontaneo sopprimere tutto ciò che appare superfluo.
Un po' come nei telegrammi di una volta, in cui ogni parola costava (v. la nota barzelletta del genovese che nel costo base di un telegramma ha a disposizione sei parole: "nonno morto vieni subito vendesi auto"... chiedo scusa ai genovesi, dai quali peraltro ho imparato da piccola l'attenzione al valore delle cose e agli sprechi).
Inviato: mar, 16 giu 2015 15:12
di sempervirens
Sì, di quel poco che me ne intendo, la Sua mi sembra una riflessione profonda e che "accompagna per mano, senza strattonate" ad una maggior comprensione anche chi non è molto portato a queste delicatezze d'espressioni, come me per esempio.
Sono in debito culturale anche con lei. E la lista ormai è lunga.
